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"Risorgimento nucleare?!", a cura di Riccardo Casale

Indice

Prefazione
Sandro Gozi

“Risorgimento” nucleare?!
Riccardo Casale

Il nucleare nella politica energetica europea
Dominique Ristori

Obiettivi e sviluppo del programma nucleare nazionale
Sergio Garribba

Il nucleare nel mondo: analisi di tempi e costi
Alessandro Clerici

Energia nucleare oggi nel mondo: stato e prospettive di sviluppo
Stefano Monti

Nuovo nucleare: il caso Finlandia
Silvio Borsetti e Marco Ricotti

Nucleare in Italia: le strozzature da rimuovere
Roberto Adinolfi

La terza rivoluzione energetica
Marco Graziano e Henri Zaccai

Il rinascimento nucleare negli USA e l’AP 1000
Paolo Gaio

L’impegno nucleare di EDF in Francia e nel mondo
Bruno D’Onghia

Il reattore IRIS
Mario Carelli e Carlo Lombardi

I reattori nucleari di nuova generazione
Luciano Cinotti e Silvia De Grandis

Alternative energetiche in Piemonte
Agostino Mathis

Il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi
Piero Risoluti

Gestione dei rifiuti radioattivi
Francesco Troiani

La formazione delle risorse umane per l’energia nucleare in Italia
Giuseppe Forasassi

Indice Autori

Carta del Laboratorio Democratico Europeo

Prefazione

La volatilità del prezzo del petrolio e l’evidenza ormai conclamata dei mutamenti climatici e della loro origine hanno posto la questione energetica al centro del dibattito politico in tutto il mondo.
L’insostenibilità sia economica sia ambientale dell’attuale modello energetico, basato largamente sulla dipendenza dal petrolio e dalle altre fonti fossili, determina in questo campo un’indiscutibile, inedita coincidenza tra interesse economico e interesse ambientale: oggi come non mai, infatti, operare per ridurre l’uso delle fonti fossili e in generale per contenere l’aumento dei consumi energetici, è indispensabile non solo per fermare il “global warming” e così minimizzarne i costi ambientali, sociali, economici, ma anche per scongiurare il pericolo incombente di un collasso dell’economia mondiale. L’Europa, spinta dalla propria condizione oggettiva che la vede importatrice di gran parte dell’energia fossile che consuma, nonché da una più acuta consapevolezza della gravità dei problemi connessi ai mutamenti climatici, si colloca come capofila nel panorama internazionale nella difficile sfida di un’accelerazione dell’uscita dall’ “era fossile”.

Molti paesi europei hanno avviato strategie impegnative volte a modificare il proprio mix energetico e a migliorare l’efficienza degli usi energetici. La recente approvazione del pacchetto 20/20/20 (20% di riduzione delle emissioni di CO2, 20% di risparmio energetico, 20% di produzione di energia da fonti rinnovabili), ci impone un decisivo cambio di marcia, poiché la “rivoluzione energetica” su cui si sta impegnando l’Europa non solo è indispensabile per fare bene la parte che ci compete come Paesi industrializzati nella lotta ai cambiamenti climatici, ma è anche una grande frontiera di innovazione tecnologica, di competizione economica, di industrializzazione. È anche questo il motivo per cui alcuni paesi hanno assunto obiettivi ancora più ambiziosi. La Germania, ad esempio, si è impegnata unilateralmente a ridurre le sue emissioni del 40% entro il 2020; il Regno Unito del 30% entro il 2020 e dell’80% entro il 2050. Lo scenario energetico italiano presenta anche tratti peculiari e specifiche criticità, a cominciare da un trend dei consumi in forte aumento. Nei cinque anni dal 2000 al 2005, secondo quanto rileva l’Istat, i consumi pro-capite di energia elettrica sono aumentati del 5,5% e quelli di gas dell’8,9%. Incrementi significativi, resi tanto più preoccupanti dal fatto che negli ultimi dieci-quindici anni il dato italiano dell’intensità energetica (rapporto tra consumi energetici e valore del Pil) è rimasto pressoché stabile, a fronte di sensibili miglioramenti registrati in quasi tutti gli altri Paesi europei. Oggi, l’efficienza energetica rappresenta probabilmente la più significativa declinazione della strategia di sviluppo del nostro Paese nel breve termine. Un altro terreno su cui negli ultimi anni l’Italia ha visto allargarsi il proprio divario da molti Paesi europei è lo sviluppo delle energie rinnovabili e in particolare del solare. Malgrado lo “zoccolo duro” del vecchio idroelettrico e della geotermia, oggi in Italia il contributo delle rinnovabili alla produzione energetica primaria è di poco superiore al 5%, e sia nell’eolico, che soprattutto nel solare termico e nel fotovoltaico , siamo stati largamente distanziati da Paesi come la Germania e la Spagna. Dal confronto con i Paesi industrializzati emerge l’anomalia italiana: siamo il Paese occidentale che utilizza più gas, ma l’Italia è ormai povera di gas. I primi giacimenti sono andati esaurendosi e le scoperte più recenti non sono state sufficienti a bloccare il continuo declino della produzione interna: nel 1996 si estraevano ancora venti miliardi di metri cubi, nel 2006 soltanto 10,9 milioni, che consentono di coprire solo il 12,5% dei consumi interni, contro il 40% di dieci anni prima. A peggiorare la situazione, c’è la forte rigidità del nostro sistema di approvvigionamento: gran parte del gas che importiamo arriva da due soli Paesi, Russia e Algeria, e la mancanza di rigassificatori attribuisce ai nostri fornitori un potere contrattuale smisurato. Come conseguenza dell’attuale situazione, l’Italia si trova ad avere: - alti costi dell’energia: il sistema tariffario italiano è caratterizzato da molti oneri spesso impropri e da prezzi inferiori alla media europea per alcune utenze domestiche, ma superiori per le utenze industriali. I costi di energia elettrica per la nostra piccola-media industria nelle diverse classi di consumo da 50 MWh a 2 GWh (fascia che copre il 90% della piccola-media industria italiana), al lordo delle imposte sono più elevati della media europea del 20-46%. - un modello energetico ad elevato impatto sull’ambiente e sul clima. Con la firma del Protocollo di Kyoto l’Italia si è impegnata a ridurre le emissioni di anidride carbonica del 6,5% entro il 2012 rispetto ai livelli del 1990. Finora non solo non ci siamo avvicinati all’obiettivo, ma ce ne siamo allontanati: al 2006 le nostre emissioni erano cresciute di circa il 10% rispetto al 1990. Il ritardo del nostro Paese rispetto agli obiettivi di Kyoto è anche un costo economico: se non si lavora subito per rimediare a questo ritardo, nel 2012 ci troveremo a dover pagare una multa di circa 7 miliardi di euro.

Avviare il processo di modernizzazione del sistema energetico

Questa condizione di fragilità, di inefficienza, di arretratezza del nostro sistema energetico, non è più sostenibile.
Quali allora le azioni più urgenti e più utili per cominciare ad uscirne? È necessario avviare uno sforzo coordinato e straordinario di modernizzazione e innovazione dell’intero sistema energetico: investendo in ricerca e sviluppo, mobilitando risorse sia pubbliche che private, incentivando lo sviluppo delle energie rinnovabili, promuovendo e sostenendo programmi di miglioramento dell’efficienza energetica, sia dal lato della produzione che da quello dei consumi. Fondamentale in quest’ottica è ridefinire in maniera sostanziale la struttura delle fonti di approvvigionamento energetico. In questo contesto va considerato il “nuovo nucleare”. L’opzione del futuro del nucleare va affrontata con un approccio non ideologico. In questo quadro, a livello internazionale sono state lanciate negli ultimi anni iniziative a supporto dello sviluppo di reattori di quarta generazione fra cui si ricorda, di particolare rilevanza, l’iniziativa Generation IV, appunto, lanciata nel 2000 dall’U.S. Department of Energy (DOE), il Global Nuclear Energy Programme (GNEP) e la Sustainable Nuclear Energy Technology Platform (SNETP). L’Italia ha firmato i protocolli GNEP con il governo di centrosinistra uscente ed ha aderito alla SNETP. È utile, e anzi necessario, che il nostro paese, con i suoi centri di ricerca e con la sua industria nazionale, s’impegni con forza sempre maggiore sulla ricerca per la fissione di nuova generazione. È importante consolidare il sistema delle competenze tecnico-scientifiche legate al nucleare, a partire dal potenziamento della ricerca e della costituzione di un’autorità di sicurezza in grado di poter trattare in modo indipendente e coerente le problematiche del ciclo del combustibile, con specifico riguardo alla scelta del sito per lo stoccaggio dei rifiuti. Nel merito, invece, per rendere credibile l’opzione nucleare appare necessario risolvere almeno alcune forti criticità, connesse alla sicurezza, alla partecipazione dell’industria nazionale, all’economicità, alla costruzione del necessario consenso sociale e alla ricerca. Ma sono criticità che vanno affrontate senza pregiudizi, con coscienza e razionalità, in un’ottica di lungo periodo e nell’interesse del nostro Paese e del nostro continente. L’attuale situazione mondiale e l’ancor peggiore situazione italiana richiedono una lunga e lucida riflessione, che possa portare con il consenso di tutti gli attori coinvolti ad una visione nuova e moderna. È arrivato il momento di riconoscerlo di agire di conseguenza.

On. Sandro Gozi

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21/01/2011

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