• Centrali (termoelettriche, idroelettriche) quante sono/Come funzionano; dati tecnici
In Italia ci sono oltre 3000 centrali elettriche, di varie tipologie e dimensioni. Producono elettricità sfruttando diverse fonti disponibili in natura. Alcune sono sepolte nel sottosuolo da centinaia di milioni di anni, come il GAS NATURALE, il petrolio o il carbone. A utilizzarle sono le cosiddette centrali termoelettriche: bruciando queste ricchezze sepolte, fanno girare delle turbine, le quali sono collegate a un alternatore che girando produce elettricità
Le centrali termoelettriche sono sicuramente la tipologia di centrali più diffusa nel nostro pianeta. Il principio di funzionamento di una centrale termoelettrica classica è abbastanza semplice. Un elemento combustibile (derivati del petrolio carbone o gas, ma anche in alcuni casi BIOMASSA o rifiuti) viene bruciato in modo da sviluppare una notevole quantità di calore; questo calore viene trasmesso a una caldaia, ovvero un serbatoio contenente acqua (che subisce a monte una serie di trattamenti al fine di essere purificata per non danneggiare gli impianti), tale acqua viene così trasformata in vapore raggiungendo temperature e pressioni elevate. Il vapore viene convogliato verso delle macchine rotanti denominate turbine a vapore le quali, grazie alla spinta dello stesso, vengono messe in rotazione.
Collegate all'albero in rotazione di tali turbine vi sono gli alternatori i quali convertono l'energia meccanica di rotazione in energia elettrica.
Generalmente le centrali termoelettriche erogano grandi potenze, dell'ordine delle centinaia o migliaia di MW e costituiscono la spina dorsale del sistema di produzione dell'energia elettrica, perché i loro impianti termici danno il massimo rendimento in regime di produzione costante; di solito quindi vengono tenute in funzione per lunghi periodi di tempo, costituendo la base della capacità produttiva. Anche se alcuni impianti termoelettrici possono essere polivalenti, ovvero in grado di utilizzare diversi tipi di combustibile, questo si ottiene a spese del rendimento termodinamico e quindi della spesa complessiva: per questo, in generale, si costruiscono centrali termoelettriche in grado di bruciare con la massima EFFICIENZA un particolare combustibile, e si riadattano gli impianti in caso diventi necessario bruciare un combustibile diverso.
I residui della combustione generano una quantità elevata di prodotti inquinanti come i fumi, gli OSSIDI DI ZOLFO e azoto e gli idrocarburi AROMATICI, che vengono generalmente dispersi nell'ambiente. I progressi tecnologici degli ultimi anni hanno fatto sì che molte misure per l'abbattimento di tali prodotti fossero implementate nelle centrali (pretrattamento del combustibile, abbattimento delle polveri, desolforatori etc.) rendendo queste emissioni meno dannose. Nei paesi meno sviluppati questo tipo di impianti sono spesso molto dannosi, poiché a causa del loro alto costo di costruzione, le strutture di depurazione dei fumi non vengono costruite; ciò le rende delle pericolose fonti di INQUINAMENTO.
Centrali idroelettriche. Insieme alle centrali termoelettriche sono state le prime tipologie di centrali in uso.
Il principio di funzionamento delle centrali idroelettriche si basa sull’utilizzo dell’acqua, o meglio della sua energia cinetica, al fine di produrre energia elettrica.
Le centrali idroelettriche si suddividono in due tipologie: Centrali ad acqua fluente e centrali a caduta. Le prime (ad acqua fluente) sfruttano l’energia cinetica delle acque fluviali, convogliate in particolari turbine idroelettriche messe in rotazione dal flusso dell’acqua. Collegate all’albero rotante delle turbine vi sono gli alternatori che trasformano l’energia meccanica di rotazione in energia elettrica.
Le seconde, centrali a caduta, sfruttano l’energia POTENZIALE di notevoli masse d’acqua (cascate) poste a un’altezza maggiore rispetto a quelle di presa (si parla in questo caso di invaso, o naturale o artificiale creato tramite dighe). L’energia POTENZIALE dell’acqua viene trasformata in energia cinetica facendo confluire le cascate, come nel caso precedente, in turbine collegate ad alternatori producendo così energia. Rispetto alle centrali termoelettriche, questo tipo di centrali produce un minor impatto ambientale durante il funzionamento; la parte maggiore dell’impatto ambientale si verifica durante la costruzione, a causa degli sbancamenti e delle grandi opere necessarie per realizzare gli invasi e il sistema di condotte forzate. Le centrali idroelettriche possono avere potenze che vanno da alcuni MW (centrali fluviali9 alle decine e centinaia di MW per le grandi centrali a caduta.
• Cenni storici e tecnici
I primi impianti di generazione elettrica italiani (sul finire del XIX secolo) furono centrali termoelettriche a carbone situate all’interno delle grandi città. La prima centrale in assoluto fu costruita a Milano. In seguito, lo sviluppo della rete di TRASMISSIONE nazionale permise lo sfruttamento del grande bacino idroelettrico costruito dalle Alpi e grazie all’energia idroelettrica fu possibile un primo timido sviluppo industriale italiano. Le caratteristiche della risorsa idroelettrica diedero anche per un certo periodo l’illusione che l’Italia potesse essere autosufficiente dal punto di vista energetico (famose le parole di Mussolini sul carbone bianco delle Alpi). Inoltre, nel 1904, veniva costruita a Larderello la prima centrale geotermoelettrica del mondo.
Tale fonte continua a dare il suo contributo anche oggi, sebbene, a causa della limitatezza delle aree interessate, tale contributo non abbia mai superato il 7-8% della richiesta nazionale. Dopo la seconda guerra mondiale apparve chiaro che la risorsa idroelettrica non poteva più tenere il passo con le richieste dell’industrializzazione e quindi l’Italia dovette sempre più affidarsi a nuove centrali termoelettriche. Il POTENZIALE idroelettrico fu quasi completamente sfruttato negli anni 50 finché, anche a causa di enormi disastri ambientali (come lo straripamento della diga Vajont), non fu del tutto abbandonata la costruzione di nuove centrali di questo tipo.
Dagli anni 60, anche per ridurre la crescente dipendenza italiana da fonti fossili di provenienza estera (vedi petrolio), cominciò la costruzione di centrali nucleari. Tuttavia, nel 1987, dopo il disastro nucleare in Unione Sovietica (Chernobyl), l’Italia, in seguito al referendum, abbandonò di fatto lo sviluppo della fonte nucleare.
L’aumento considerevole della richiesta di energia dell’ultimo decennio ha costretto il Paese alla ricerca di nuovi approvvigionamenti. A seguito di valutazioni economiche dettate dal costo delle materie petrolifere, costi sociali nell’uso del carbone e dall’abbandono del nucleare, è stata adottata una politica di importazione di energia dall’estero, in particolare dalla Francia e dalla Svizzera (nazioni che avendo invece incrementato la loro produzione nucleare abbondano di energia a basso costo), rendendo così sempre più problematica la DIPENDENZA ENERGETICA italiana dall’estero.
Negli ultimi tempi, la forte riduzione dei costi dell’energia eolica ha acceso qualche aspettativa su questo fronte, sebbene comunque il contributo di questa fonte al momento non superi l’1-2% dell’energia richiesta. Altre soluzioni valutate o studiate in questi tempi vedono l’utilizzo di centrali termoelettriche a BIOMASSA o rifiuti, nonché lo sviluppo di centrali solari o fotovoltaiche.
• Il DISPACCIAMENTO
L’energia elettrica non si può immagazzinare. E’ quindi necessario produrre, istante per istante, la quantità di energia richiesta dall’insieme dei consumatori (famiglie e aziende) e consegnarla sulla rete di TRASMISSIONE nazionale in modo che l’offerta e la domanda di elettricità siano sempre in equilibrio, garantendo così la continuità e la sicurezza della fornitura del servizio. La gestione di questi flussi di energia sulla rete si chiama DISPACCIAMENTO.
• Il viaggio dalle centrali di produzione alle nostre case, alle industrie, alle città
Un clic e la lampadina si illumina, si schiaccia “power” e lo stereo si accende. E’ la tappa finale di un lungo viaggio compiuto dall’elettricità per arrivare a noi. Le nostre città, le campagne, le isole, sono attraversate dalle linee che trasportano l’energia elettrica.
Durante il viaggio dalla centrale alle industrie, alle case, alle insegne luminose, ai semafori, l’elettricità viene trasportata tramite le reti di TRASMISSIONE che attraversano tutta l’Italia per oltre 44mila chilometri e con le reti di DISTRIBUZIONE, che arrivano in modo capillare in ogni angolo del paese con oltre 500mila chilometri di linee: 10 volte la circonferenza della terra. Lungo il loro percorso, le reti vengono costantemente controllate e seguite per garantire il corretto funzionamento e la sicurezza del nostro sistema elettrico.
• Altissima, alta, media e bassa tensione: oltre 500mila km di linee attraversano tutta l’Italia in modo capillare; dal prelievo dalle centrali elettriche alle società di DISTRIBUZIONE
Il trasporto e la DISTRIBUZIONE dell’energia elettrica avvengono tramite elettrodotti, cioè conduttori aerei sostenuti da opportuni dispositivi (tralicci), in cui fluisce CORRENTE elettrica alternata alla FREQUENZA di 50 Hz.
Le linee elettriche sono classificabili in funzione della tensione di esercizio come:
- linee ad ALTISSIMA TENSIONE (380 kw), dedicate al trasporto dell’energia elettrica su grandi distanze;
- linee ad ALTA TENSIONE (220 kw e 132kW), per la DISTRIBUZIONE dell’energia elettrica; le grandi utenze(industrie con elevati consumi) possono avere direttamente la fornitura alla tensione di 132 kv;
- linee a media tensione (generalmente 15 kV), per la fornitura a industrie, centri commerciali, grandi condomini, ecc..
- linee a BASSA TENSIONE (220-380 V), per la fornitura alle piccole utenze, come le singole abitazioni.
• Cenni storici
Per secoli l’elettricità è stata una sfida per la scienza. La sua esistenza è nota da molto tempo, ma negli ultimi secoli si è scoperto il modo di produrla e di distribuirla ovunque. Questo grande progresso della storia dell’umanità è il frutto delle intuizioni, delle invenzioni, degli esperimenti e delle ricerche di numerosi scienziati. Già intorno al 600 a.c. i greci avevano osservato che, strofinando con un panno di lana un pezzo di ambra (una resina FOSSILE solidificata che chiamavano elektron), questa era capace di attrarre fili di paglia.
Questo strano effetto rimase un mistero per quasi 2000 anni, fin quando nel ’600 l’inglese William Gilbert descrisse l’elettrificazione di molte sostanze e coniò il termine elettricità.
Nel ’700 Benjamin Franklin inventò il parafulmine e nell’anno 1800 Alessandro Volta segnò un’altra tappa fondamentale nella storia dell’energia elettrica inventando la pila. Nel 1879 Thomas Edison inventò la prima lampadina. Con la ferrovia Roma-Tivoli, inaugurata nel 1892, l’Italia è stata uno dei primi paesi ad avere una linea elettrica: per quei tempi, un grande esempio di innovazione tecnologica.
Negli ultimi due secoli, lo sviluppo tecnologico ha fatto crescere enormemente la necessità di energia elettrica, diventata un’indispensabile protagonista del progresso sociale e scientifico. E’ impossibile anche solo immaginare il mondo di oggi senza l’energia elettrica.
• Mutamento dei comportamenti degli italiani: i picchi di consumo estivi dovuti a catena del freddo e condizionamento diffuso
Il mutato comportamento di prelievo dell’utenza elettrica italiana, con l’avvento massiccio e diffuso del condizionatore estivo anche nelle utenze private, ha spostato dall’inverno all’estate, soprattutto negli ultimi tre anni, la stagione nella quale si registra la punta massima di prelievo per il sistema elettrico nazionale.
Tanti piccoli ma diffusi moduli di condizionamento elettrico hanno contribuito a rendere il sistema elettrico sovraccarico e “poco gestibile” nelle ore diurne estive. Basti pensare a tutte le ventole di raffreddamento applicate agli elettrodomestici di casa e no, che vanno ulteriormente a influire sui consumi elettrici. La catena del freddo, la necessità cioè di mantenere i prodotti surgelati a una temperatura costante e comunque inferiore ai –18° lungo tutto il percorso dalla produzione alla vendita, i banchi frigo di supermercati, negozi e bar, e l’innalzamento delle temperature climatiche registrato nefli ultimi anni, sono tutti fattori che hanno contribuito a spostare dall’inverno all’estate la stagione in cui si registrano consumi elettrici più elevati.
• La Bolletta elettrica. Quella di casa, quella dell’Italia. Confronto con gli altri paesi d’Europa
La CORRENTE elettrica in Italia costa il 60% in più del resto d'Europa. Costa il doppio di quella prodotta in Francia e il triplo di quella prodotta in Svezia. Un costo così elevato è dovuto ad un mix di centrali elettriche sbilanciato verso l'utilizzo di petrolio (risorsa pregiata e costosa) ed all'abbandono di una risorsa competitiva come il nucleare o il basso utilizzo del carbone, risorsa a basso costo e dalla buona EFFICIENZA.
• Cos’è un kilowattora e altre info tecniche
L’unità di misura elettrica che indica la potenza si chiama watt. 1000 WATT sono un kilowatt. Il kilowattora è l’energia consumata in un’ora da un elettrodomestico o da una lampada da un kilowatt e si scrive kWh. Un kilowattora costa al cliente finale 10 centesimi di euro (le vecchie 200 lire).