Energia è un termine già presente nella lingua greca e ampiamente utilizzato nel linguaggio corrente. Esso rappresenta un concetto astratto: anche in campo scientifico le sue definizioni sono poco intuitive.
Le prime osservazioni sul pendolo nel XVII secolo hanno mostrato che almeno due erano gli aspetti compresi in quella che si sarebbe chiamata energia meccanica: l’energia cinetica, legata al movimento del pendolo, e l’energia POTENZIALE, legata alla sua posizione.
La somma di queste durante il moto del pendolo (figura seguente) resta costante e pari al massimo valore dell’energia cinetica, quando – in corrispondenza del punto più basso del pendolo - quella POTENZIALE risulta nulla; oppure al massimo valore dell’energia POTENZIALE – in corrispondenza di uno dei due punti più alti, quando il pendolo inverte il senso del moto ed ha velocità, ed energia cinetica, nulla.
Ma tale somma rimane costante solo per brevi periodi, poiché fenomeni dissipativi irreversibili legati alla realtà del fenomeno fanno diminuire progressivamente questa energia fino ad annullarla nel momento in cui il pendolo, inesorabilmente, si ferma.
Ma, attenzione, l’energia che aveva inizialmente il pendolo non svanisce nel nulla, solo si trasforma in altre forme, come quelle associate al movimento delle molecole d’aria spostate dal pendolo o al logoramento del suo perno di rotazione, forme di energia diversa implementate nell’ambiente esterno al sistema.
Probabilmente una delle definizioni di energia più utilizzata deriva dalla Termodinamica.
La Termodinamica nasce, almeno come sviluppo della struttura teorica, nel 1824 quando esce il volumetto Reflexions sur la puissance motrice du fue et sur les machines propres à developper cette puissance, in cui Leonard Sadi Carnot (1796-1832) arriva alla scoperta di un principio fondamentale della fisica, un principio che ha molto a che fare con l’energia e che regolava quanto la scienza nel secolo precedente aveva avuto modo di sperimentare con molte applicazioni empiriche nel campo delle macchine a vapore.
Abbastanza strano risulta il fatto che il principio formulato da Carnot, conosciuto come il Secondo Principio della Termodinamica, precede la formulazione del principio della conservazione dell’energia (il Primo Principio), naturale logico presupposto ad esso.
Il Primo Principio asserisce infatti l’equivalenza tra lavoro e calore (sarebbe meglio parlare rispettivamente di energia meccanica, o elettrica, e di energia termica), una equivalenza che, praticamente, comporta considerare sia per il lavoro che per l’energia la stessa unità di misura (indicata con J, dal nome proprio dell’ inglese James Prescott JOULE, 1818-1889).
Se però l’energia può essere trasformata in lavoro, tale trasformazione non riguarda tutta la potenzialità teorica del “fuoco”, ma esiste un limite invalicabile, addirittura per le stesse macchine teoriche, figurarsi per quelle reali!
Infatti, anche in condizioni ideali, una volta fissate le condizioni dell’ambiente, solo una parte di energia può essere trasformata in lavoro, e tale parte è chiamata energia disponibile, o exergia.
Il Secondo Principio può avere anche questa formulazione: l’energia non è sempre della stessa qualità: quanto più essa risulta degradata, tanto minore è la sua porzione trasformabile in lavoro.
Con il degradarsi dell’energia, si ha produzione di ENTROPIA (la grandezza fisica introdotta dal professore tedesco Julius Emanuel Clausius nel 1865) e così le affermazioni: “degradazione dell’energia” e “produzione di entropia” vogliono in pratica dire la stessa cosa.
Tra le diverse forme di energia (energia meccanica, energia termica, energia elettrica, energia chimica, ecc.) ce n’è qualcuna che può essere convertita quasi totalmente in lavoro, come l’energia meccanica o quella elettrica.
In questi casi la produzione di ENTROPIA risulta molto piccola.
Quanto hanno inciso le conoscenze della termodinamica nella costruzione delle macchine generatrici di potenza meccanica a partire dal calore? Macchine ancor oggi alla base del nostro sviluppo industriale.
Non dimentichiamo, infatti,che a parte i veri e propri motori a combustione interna (Otto, Diesel ecc.) impiegati soprattutto nell’autotrazione, l’elettricità che alimenta le nostre industrie e le nostre città è prodotta nelle centrali termolettriche, dove bruciando combustibile si ottiene vapor d’acqua ad alta pressione e ad alta temperatura e, attraverso turbine e alternatori, finalmente energia elettrica.
Da L. Caglioti, L. De Santoli e G. Moncada: "Fondamenti di Sostenibilità Energetico-Ambientale"