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Dalla scoperta del fuoco al calore prodotto per combustione, alla pila di Volta e le lampadine di Edison. Un viaggio tra passato, presente e ... futuro dell'energia.

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Hiroshima e Nagasaki - Vittorio Canuto -

Ho scritto quest'articolo il 6 agosto, 1995, alle ore 8.15 del mattino.
Cinquant'anni prima, in quel preciso momento, il capitano americano Paul W.Tibbits, al comando del B-29 Enola Gay (nome di su madre) sganciava il Little Boy, un ordigno che egli defini "un bidone della spazzatura un po’ allungato e con delle pinne". Pesava 9700 libbre, era lungo 10 piedi, largo 39 pollici. Esattamente 43 secondi dopo lo sgancio, l'ordigno scoppiò sul cielo di Hiroshima. Era la bomba atomica (la potenza si calcola fosse di 15KT, 15 mila tonellate di tritolo).
Horoshima fu appiattita, soffocata prima dal calore (all'epicentro, la temperatura raggiunse i 40000C, l'acciaio fonde a 15000C), e poi dalle onde d'urto, venti di 440 metri al secondo (un tifone fra i più potenti arriva a 80 metri al secondo).
Morti, 140,000.
Quel caldo lunedì mattina, il sole sorse due volte, la seconda volta in Occidente. È stato scritto che non si può capire il XX Secolo senza Hiroshima, un nome, un giorno, un avvenimento che ossessiona ancora il Giappone e gli Stati Uniti. Qui negli Usa, le commemorazioni storiche dei 50 anni da quell'evento hanno riaperto ferite insanabili, revisioni storiche, razionalizzazioni a posteriori, revisioni di quello che avrebbe dovuto essere stato fatto, etc., senza che le due scuole di pensiero abbiano raggiunto un accordo. Forse è ingenuo aspettarsi tanto.
Negli Usa, come in Giappone, ci sono due scuole di pensatori che si chiedono come si arrivò a tale decisione, se Truman avesse delle alternative, se la bomba fu militarmente necessaria, quale fu il ruolo degli scienziati del Progetto Manhattan, quale la lezione da imparare e se gli Usa e la Russia, che hanno gli arsenali nucleari più vasti del mondo, abbiano infatti mai usato tali bombe proprio perché ci fu Hiroshima. Ci sono i cosiddetti "revisionisti" in ambedue i paesi.
Negli Usa, sono coloro (per esempio, Gar Alperovitz) che sostengono che molti esperti militari ritenevano che la resa del Giappone, ormai stroncato militarmente, era un fatto sicuro e che il numero di fatalità (circa un milione di morti) che fu presentato al Presidente Truman quale risultato di un eventuale invasione del Giappone (programmata per il l Novembre 1945), erano cifre inattendibili perché basate su statistiche ed estrapolazioni inattendibili.
In Giappone, i revisionisti, per esempio Sadao Asada (Kyoto), usano documenti storici per dimostrare invece che i piani militari erano quelli di continuare a combattere fino alla fine e che per estrapolazione, la bomba fu decisiva.
Si parla del possibile olocausto di 20 milioni di persone, uomini, donne e bambini, armati forse con nulla più che una lancia di bambù, che avrebbero opposto una vera e propria muraglia umana ad una invasione americana.
Non c'è dubbio che con Hiroshima si varcò un Rubicone morale, la distruzione della popolazione civile, invece di attenersi a quelli che sono gli unici obbiettivi militari legittimi: le postazioni militari.
Questo è l'aspetto morale che affligge e continua ad affliggere l'umanità.
Fu Hiroshima immorale proprio perché non era una postazione militare? Murray Sayle ha recentemente fatto notare che Hiroshima fu un passo in più in un viaggio di indurimento delle coscienze che era però cominciato assai prima, con gli Zeppelin della prima guerra mondiale e che continuò con i bombardamenti di Dresda, Amburgo e Tokyo, per trovare il suo triste apogeo ad Hiroshima.
Dresda, città barocca, la Firenze sull'Elba, fu bombardata il 13 Febbraio 1943 da 796 aerei della RAF.
Numero di vittime: 35.000-130.000. Il 25 Luglio 1943, la RAF bombarda Amburgo con 728 aerei e due giorni dopo, con 787 aerei. Morti: 55.000-200.000. Tokyo, 9 marzo, 1945, 140.000 morti.
Quale fu il segreto di questi bombardamenti?
Essi crearono un nuova metodologia perché adottarono un processo fisico specifico che diede anche luogo ad una nuova terminologia. I tedeschi lo chiamarono Feurstrum, gli inglesi Firestorm, un uragano, una tempesta di fuoco.
Tale fenomeno non esiste in natura, sia ben chiaro.
Per crearlo, bisogna deliberatamente innescare fuochi in posti diversi, a chilomentri di distanza.
L'aria calda, meno densa, si alza per poi raffreddarsi e ridiscendere verso il basso. Questo crea dei forti venti che connettono i punti degli incendi in quello che alla fine è un solo gigantesco rogo, il "firestorm", che uccide per asfissia e collasso di edifici.
Una vera e propria trappola di fuoco dalla quale non si può scappare. L'eufemismo militare, "dislocazione auto-energetica" vuol semplicemente dire che il bersaglio è il combustibile e l'attaccante è il cerino che innesca il fuoco.
Non c'è alcun dubbio che il firestorm è il meccanismo più diabolicamente efficace per distruggere una città.
Hiroshima fu un firestorm, il cerino in quel caso fu il "calore nucleare".
Stessa strategia, maggior EFFICIENZA, invece di migliaia di aerei e tonnellate di esplosivo, un solo aereo ed una sola bomba.
Storici di tutte le convinzioni citano questi fatti per dimostrare che Dresda segnò la trasgressione di una invisibile linea morale, "Non ucciderai civili inerti ed indifesi", e che poco a poco, gli scrupoli, rimorsi, il malessere morale vennero zittiti. Si incallì la sensibilità umana che poi sfociò in Hiroshima.
Coelum, non animum, mutant qui trans mare current, diceva Orazio. Hiroshima fu dunque solo un altro cielo, non un altro animo, fu solo una estensione, per quanto perversa, di Dresda? Non esattamente.
Ci fu di più, assai di più. Se è certamente vero quello che è stato ripetutamente detto che la corsa alla bomba atomica, il Manhattan Project, era stato concepito contro la Germania di Hitler (il quale si temeva stesse costruendo una bomba), è altrettanto vero che la "perception" americana dei tedeschi e dei giapponesi erano totalmente diverse. I tedeschi erano ritenuti non intrinsecamente diabolici (negli Usa c'erano migliaia di emigrati tedeschi che vivevano in perfetta armonia con gli americani).
I tedeschi erano però governati da una persona, da un giogo nazista, intrinsecamente diabolici e perversi. Verso i giapponesi, dopo il loro attacco a Pearl Arbor, c'era invece un risentimento verso la popolazione stessa, uno per uno, come fece notare un famoso corrispondente americano di guerra, Ernie Pyle, il quale scrisse che: "I nemici europei, per quanto atroci e mortali, sono persone umane, ma non così i giapponesi".
C'è di più. Il popolo giapponese era governato da una clique militare fanatica, basata sul Codice Bushido, di origine Samurai, un culto romantico di fallimento e di morte. Il comportamento della nobiltà della spada, che non concepiva in nessun modo l'arresa, solo il suicidio in caso estremo. Il patriottismo americano aveva come finalità preservare la vita, quello giapponese era un inno alla morte.
Quando si cominciò a pensare di usare la bomba atomica contro il Giappone?
Probabilmente nel settembre del 1944 ad Hyde Park (New York), la residenza del Presidente F. D. Roosevelt, quando questi ospitò W. Churchill. In un aide-memoir firmato dai due leaders si diceva che "Una volta disponibile, tale bomba potrebbe, forse, e dopo aver consultato il problema a fondo, essere usata contro il Giappone, il quale dovrà essere avvertito che tali bombardamenti verranno ripetuti fino alla resa del Giappone".
È importante notare questo fatto perché dimostra che la questione morale non fu mai discussa e che Truman ereditò una politica già avviata, senza avere il piedestallo morale di cui godeva Roosevelt, presidente stimatissimo (eletto quattro volte), per fare marcia indietro qualora fosse necessario.
Già nel settembre del ‘44 le coscienze si erano incallite, le distruzioni erano diventate routine e la bomba atomica non sarebbe stata che un tipo di esplosivo in più, solo più potente.
4 febbraio 1945, Yalta, Mar Nero. Stalin, Roosevelt e Churchill discutono la spartizione delle spoglie di una Germania sull'orlo del collasso. Stalin si impegna ad entrare in guerra contro il Giappone 3 mesi dopo la resa della Germania (che avvenne 1'8 maggio del 1945), ma il compenso richiesto era assai alto: le Isole Kuril, parte della Cina ed il diritto della transiberiana di connettersi con porti cinesi. Intanto la guerra continuava ad imperversare nel Pacifico. In un primo tempo, il Gen.
Curtis Le May faceva volare i suoi bombardieri ad una quota di 25.000-30.000 piedi, ma questi regolarmente mancavano il bersaglio causa forti venti che, con una velocità di 200 miglia orarie, rendeva i raids americani delle imprese particolarmente inefficienti. Le May cambiò tattica: adottò quella della RAF, bombardamenti alla Dresda ed Amburgo, con i bombardieri che volavano ora ad una quota di 5000-7000 piedi.
I risultati non si fecero attendere.
Dal 5 al 10 marzo 1945, 329 B-29 sotterrarono Tokyo sotto un mare di bombe causando un inferno di 16 miglia quadrate. Si pensi che l'aria calda che si innalzava al cielo era tanto forte da far spostare i pur pesantissimi B-29.
Secondo fonti ufficiali dell'Ufficio della Polizia di Tokyo, i morti furono 83.783, una precisione assai sospetta.
In quel momento, 59 delle 66 maggiori città giapponesi erano state distrutte, il numero delle vittime ammontava a mezzo milione, ma i militari al comando della guerra non si davano per vinti nel modo più assoluto, il loro ordine fu "lottare fino alla fine, mobilizzarsi per la guerra totale", nefasto eufemismo che voleva dire "suicidio nazionale".
Nel frattempo, l'America era occupata con l'invasione di Okinawa, cominciata il 1 aprile e che si sarebbe conclusa solo il 22 giugno con la vittoria americana.
È stato ripetutamente detto che "Okinawa rese possibile Hiroshima".
Perché?
 La resistenza suicida dei giapponesi ad Okinawa, senza copertura aerea, senza rifornimenti, senza rinforzi di alcun tipo, convinse gli strateghi americani che se tale era stata la difesa di un’isola, molto maggiore sarebbe stata la determinazione giapponese nel difendere la madre patria, la terra ferma, nel caso di un attacco massiccio al Giappone, programmato dagli americani per il primo novembre.
Le perdite americane ad Okinawa servirono inoltre come base per valutare quali sarebbero state le perdite di tale invasione, si parlò di quasi un milione di vite umane, un fatto che pesò in modo determinante nelle deliberazioni del Presidente Truman.
Dodici giorni dopo il giorno dell'invasione di Okinawa, il 12 aprile 1945, moriva improvvisamente il Presidente F.D. Roosevelt e tutta l'America pianse perché aveva perduto un padre.
In Giappone intanto, l'imperatore Hirohito suggeriva che si studiasse il modo per finire la guerra, un fatto che pone la figura dell' Imperatore in una luce assai diversa da quella dei suoi generali i quali, come abbiamo già accennato e come vedremo in seguito, non accettarono mai la possibilità di una sconfitta. All'Ambasciatore giapponese a Mosca, N. Sato, vennero date istruzioni di tentare di usare i sovietici quali mediatori fra gli Usa, gli UK ed il Giappone.
Conviene ricordare che in quel momento, la USSR non era in guerra con il Giappone anzi, era in principio ancora in vigore il patto di amicizia russo-giapponese di alcuni anni prima. Stalin però, avendo ricevuto un'offerta migliore a Yalta (cosa non nota al Governo di Tokyo), non si dimostrò interessato ed il suo ministro degli esteri, V. Molotov, si disse troppo impegnato con l'incontro di Postdam, che stava per avvenire, per concedere un'udienza a Sato.
16-26 Luglio 1945, Postdam (Berlino).
Gli Usa, gli UK e la Cina, le 3 nazioni in guerra con il Giappone, emettono la "Dichiarazione di Postdam" in cui si chiede la resa incondizionata di tutte le forze armate giapponesi.
L'alternativa sarebbe stata la distruzione completa del paese.
Questo linguaggio, tanto forte quanto inconfondibilmente tecnico, ha una sua ben chiara ragion d'essere. Il 16 luglio, ad Alamogordo nel New Mexico, gli scienziati del Progetto Manhattan avevano fatto scoppiare la prima bomba atomica al plutonio (Trinity) e nella fermezza di Truman c'era l'immagine ed i dettagli tecnici che avevano raggiunto il Presidente americano in Germania. Giocava sul forte (è anche stato suggerito che Truman fece in modo di far coincidere l'incontro di Postdam con il test di Alamogordo).
Il giorno dopo la dichiarazione, il 27 luglio, il primo ministro giapponese rispose con la famosa frase: "Uccidetela con il silenzio", ovvero, si ignori la Dichiarazione di Postdam.
E qui cominciarono le discussioni.
Fu Hiroshima la risposta a questa riposta giapponese?
Perché fu il Giappone tanto refrattario ad accettare quella che sembrava una soluzione inevitabile date le condizioni in cui si trovava il paese?
Ci sono da notare tre punti: primo, il 24 luglio, due giorni prima della dichiarazione e quindi della risposta giapponese, Truman aveva autorizzato l'uso della bomba contro il Giappone scrivendo però nel suo diario personale che il bersaglio "sarebbe stato puramente militare, non donne e bambini", cosa che però non avvenne.
Fu Truman ingannato dai suoi militari?
Secondo, mentre spie come Klaus Fuchs, Julian e Ethel Rosenberg avevano tenuto le autorità sovietiche al CORRENTE degli sviluppi scientifico-tecnici del Progetto Manhattan, il Giappone ne era completamente all'oscuro e quindi non era in grado di dare una valutazione realistica di che cosa significava avere una bomba atomica.
Terzo, bisogna sottolineare che l'Imperatore Hirohito era considerato non già un semplice monarca, ma un Bhudda, una divinità, non un comune mortale, e la clausola "resa totale" venne letta in Giappone come l'equivalente dell'Imperatore trattato come criminale di guerra con la prospettiva di un processo tipo Norimberga, forse anche impiccagione, cose inimmaginabile non solo dai militari ma da tutta la popolazione che allora, come si è detto, riteneva il loro Imperatore come un Dio in terra.
Il trattamento dell'Imperatore fu un problema spinosissimo e ci sono coloro che sostengono che qualora Truman avesse accettato di accordare all'Imperatore ed alla sua famiglia un trattamento speciale, forse la Dichiarazione di Postdam sarebbe stata ricevuta in modo diverso.
A tutto questo si aggiunga che forse il numero di esperti americani in questioni giapponesi, il loro modo di considerare l'Imperatore, la loro storia etc, non erano numerosi o non vennero interpellati in un momento in cui gli eventi chiaramente stavano precipitando.
E così, prigionieri di una rigidità militare che confinava con il culto della morte senza mai considerare la resa come possibilità reale, ed una dinamica politico-militare che rendeva l'uso della bomba inevitabile, si arrivò al 6 Agosto, 1945 (bisogna notare che qualora Truman non avesse usato un'arma che aveva a sua disposizione ed avesse causato la morte di un milione di americani nell'invasione del l Novembre, sarebbe stato Impeached dal Congresso americano).
Gli eventi che seguirono dimostrano quale fosse labirintica e bizantina la struttura decisionale in Giappone anche sotto una morsa che si stava stringendo attorno a quel paese, quale fu il ruolo dell'Imperatore e quello dei militari.
Il giorno dopo Hiroshima, il 7 Agosto, l'Ambasciatore Sato veniva finalmente convocato da Molotov, il quale, invece di sentire la domanda di intervento in aiuto del Giappone presso gli Usa e gli UK, lesse la Dichiarazione di Guerra dell'Unione Sovietica verso il Giappone. Il giorno dopo, 1'8 Agosto, iniziò l'attacco sovietico: 1,6 milioni di uomini varcarono i confini della Manciuria, allora sotto il dominio Giapponese.
Il 9 agosto, alle 10,15 a.m., si riunì il Consiglio di Guerra, i Sei Grandi, come venivano chiamati in Giappone.
Il Primo Ministro Suzuki pronunciò le famose parole "Il gioco è finito", interpretato da molti storici come la prova che non Hiroshima ma l'invasione sovietica fu il vero motivo del cambiamento di opinione da parte del Giappone.
Ma il problema era ben più complesso.
Suzuki ed il Ministro degli esteri Togo, proposero che si accettasse quanto deliberato a Postdam con una sola condizione, che fosse garantita l'incolumità della famiglia Imperiale.
Mentre la discussione era in corso, con i militari per nulla disposti ad accettare tale compromesso, arrivò la notizia che alle 11,02 del mattino era scoppiata la seconda bomba a Nagasaki, il Fat Man (lungo 12 piedi, largo 5 piedi, peso 10,000 libbre, l'esplosione avvenne a 1650 piedi di altezza, potenza 22KT, quasi il doppio della bomba di Hiroshima).
Nemmeno questa terribile notizia, la cui portata non poteva non essere compresa dopo l'esperienza di Hiroshima, servì a convincere i militari.
 Il Ministro della Guerra Anami contrappose a quella di Suzuki delle proposte totalmente irreali e quindi irrealizzabili.
Suzuki e Toga da una parte, Anami ed i militari dall'altra, divario incolmabile.
Un pericoloso impasse che venne però superato da una proposta di Suzuki, si sarebbe chiesto all'Imperatore stesso di decidere fra le due fazioni, cosa mai fatta, inaudita nella storia del Giappone.
A mezzanotte del 9 agosto, Hirohito radunò il consiglio di Guerra e dopo aver ascoltato per due ore i punti di vista delle due fazioni, pronunciò: si accetti la proposta di Suzuki e Togo. Vinceva la fazione civile.
Alle 3 del mattino del 10 agosto, il Consiglio si riunì nuovamente per decidere di aggiungere una sola richiesta, quella concernente l'Imperatore.
Dopo di che, Togo mandò i telegrammi alle Cancellerie dei paesi interessati notificandoli dell'accettazione giapponese della resa.
Si deve concludere che Hiroshima e Nagasaki posero fine alla guerra? Se si considera il fanatismo dei militari giapponesi dell'epoca, si deve concludere che, nella loro logica tragica, essi calcolarono che le bombe uccidono solo esseri umani mentre un'invasione sovietica avrebbe quasi certamente distrutto la monarchia, l'Imperatore, l'anima stessa del paese, un'alternativa totalmente inaccettabile.
Il 15 Agosto, alle 12 in punto, il messaggio di Hirohito venne trasmesso per radio: il popolo giapponese non aveva mai udito la voce del loro Imperatore. Il Giappone era stato sconfitto.
Il messaggio conteneva due parti: una per la popolazione, in cui si diceva che il nemico aveva iniziato ad usare "bombe nuove e crudeli".
Questo, si arguisce, dimostra come Hirohito riconobbe che le bombe atomiche avevano forzato la resa del Giappone. Il secondo messaggio, per i militari, faceva invece notare come l'imminente invasione sovietica potrebbe risultare nella perdita delle stesse fondamenta su cui si basa l'Impero.
Il Ministro della guerra Anami, pur accettando gli ordini del suo Imperatore, rimase fedele al codice militare samurai e sì suicidò, dopo aver scritto un corto poema lodando l'Imperatore.
Si stima che più di 2000 persone, civili e militari, commisero suicidio a causa della resa.
Moriva il codice samurai come base di condotta militare ed oggi in Giappone le forze (di difesa) hanno pochissimo influenza politica. Finiva un fanatico regime militare.
Con Hiroshima e Nagasaki, si chiudeva la tragica partita iniziata con Pearl Arbor, un evento che aveva scioccato l'America.
Hiroshima e Nagasaki, quest'ultima la città di Madame Butterfly.
È stato detto che questi due eventi inocularono il mondo politico-militare contro l'ossessione forse irrefrenabile di usare tali ordigni.
Hiroshima e Nagasaki non solo aiutarono a finire la seconda guerra mondiale, ma evitarono che ce ne fosse una terza.
Grazie al sacrificio involontario di migliaia di vite, l'apocalisse finale è stata scongiurata.