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I mulini come risorsa energetica alternativa - Pasquale Penta -

Pubblicato sul supplemento al n.3/2011 di GEOLOGIA dell’Ambiente,
periodico trimestrale della SIGEA – Società di GEOLOGIA dell’Ambiente

1. PREMESSA
Come si sa il mulino è lo strumento con cui si utilizza tramite il movimento della ruota l’energia meccanica per macinare.



Figura 1: schema di funzionamento di un mulino

La ruota che già era conosciuta dai Sumeri intorno ai cinquemila anni a.C., per il trasporto, arrivò in America con gli Spagnoli solo nel 1492!
L’energia può essere umana, animale, cinetica dell’acqua, il vento.
Per millenni l’energia utilizzata dall’uomo è stata quella umana e degli animali; la prima che ha sostituito le braccia umane è stata quella del vento, che consentì la navigazione a vela in Egitto già tremila anni prima di Cristo.
Soltanto negli ultimi secoli a.C. si comincia a trasformare l’energia cinetica dell’acqua con energia meccanica nei mulini; ciò avveniva sia nell’area greco-romana sia in quella cinese. Successivamente tale energia è stata usata per azionare macchinari per più usi.
La prima testimonianza sui mulini a vento si ha solo nel 947 d.C. da uno scritto di Al Masud che descrive i mulini a vento in Iran.

 
Figura 2: antico mulino persiano (attuale Iran)

E’ bene soffermarsi sul diverso rendimento dei vari tipi di energia utilizzata nei mulini.
In un’ora due schiavi (200 Watt) con macine azionate a mano macinavano 7 Kg di cereali.
Un mulino azionato da un asino (300-400 Watt) produceva circa 12 Kg di farina.
La normale produzione di macine azionate da ruote idrauliche (2-2,5 kW) era di 80-100 Kg.
La produzione dei mulini a vento era dello stesso ordine di quella dei mulini ad acqua; quando c’era il vento!
In questa relazione ci soffermeremo soltanto sull’energia cinetica dell’acqua come risorsa energetica alternativa.
Dopo lo sfruttamento nei secoli nei mulini ad acqua, la grande evoluzione dell’uso dell’energia cinetica dell’acqua è avvenuta alla fine del diciannovesimo secolo, con la nascita dell’energia elettrica che poteva essere trasportata in qualunque sede dove vi potesse essere un uso per scopi civili, irrigui e industriali: nelle sedi dei vecchi mulini abbandonati; ancora oggi, ambientalisti permettendo, si costruiscono minicentrali che producono energia elettrica alternativa.
Infatti è una risorsa pulita e inesauribile, perché rinnovabile. In molti paesi le potenzialità da sfruttare sono ancora notevoli.

2. L’USO DELL’ENERGIA CINETICA DELL’ACQUA DAL II SECOLO A.C. ALLA FINE DEL DICIANNOVESIMO SECOLO D.C. - Dai mulini alle centrali idroelettriche
Le prime ruote idrauliche di mulini erano orizzontali, ma le loro origini restano incerte: la ruota mossa dalla CORRENTE dell’acqua faceva ruotare un albero che era direttamente accorpato alla macina; questo modello semplice era adatto alle macine di piccola scala.

 
Figura 3: illustrazione di un mulino a ruota orizzontale

Le ruote verticali che imprimevano il movimento alla pietra di macinazione grazie ad un sistema di ingranaggio ad angolo retto erano superiori alle macchine orizzontali in virtù della loro maggiore EFFICIENZA.

 
Figura 4: illustrazione di un mulino a ruota verticale

I mulini a ruote verticali sono noti come mulini di Vitruvio che ne descrisse il funzionamento nel ’27 a.C., ma le prime notizie di mole azionate dall’acqua risalgono al secondo secolo a.C. con presenza in Europa, nel Medio Oriente e in Cina. Ciò che lascia perplessi è che mentre nell’area greco-romana l’energia cinetica dell’acqua veniva essenzialmente usata per macinare il grano, in Cina, sotto l’Impero di Han, nei primi secoli d.C., essa veniva utilizzata essenzialmente per uso industriale.
Numerosi sono ancora oggi i resti dei mulini costruiti nell’area dell’Impero Romano in Italia, Gallia, Grecia, anche se durante l’epoca imperiale non ci fu una notevole diffusione, perché la presenza di mano d’opera a basso prezzo (gli schiavi) non rendeva competitivo tale uso, che, talvolta addirittura era ostacolato per ragioni sociali.
Tutto cambiò, almeno a Roma, nel 537 d.C., quando i Goti assediarono la città, interrompendo le comunicazioni con l’esterno. Il generale bizantino Belisario, per ovviare al problema di macinare il grano ammassato nei magazzini per alimentare la popolazione, fece collocare in mezzo al fiume coppie di barche ancorate alle sponde e in mezzo ad esse una grande ruota che, azionata dalla corrente, faceva girare le macine ospitate nelle barche stesse.
Così nacquero i mulini sul Tevere che vi restarono fino al 1870, quando furono costruiti i muraglioni.


Figura 5: Roesler Franz, I molini all'Isola (1880 ca.)

 
Figura 6: Gaspar van Wittel,(Gaspare Vanvitelli) veduta di Castel Sant'Angelo con la mola

La presenza dei mulini era una delle cause che, durante le piene e conseguente rottura degli ormeggi, creavano ostruzioni sotto i ponti, con conseguente riduzione del deflusso e quindi allagamenti. Tale fenomeno si è ancora verificato recentemente nel dicembre 2008, quando anziché i mulini, hanno rotto gli ormeggi diversi battelli, adibiti alla navigazione sul Tevere per motivi turistici.

   
Figura 7: danni a battelli adibiti alla navigazione sul Tevere, in seguito all’alluvione del 2008

Tra i mulini del II secolo d.C. di cui vi sono ancora oggi le rovine menzioniamo quelli di Barbegal in Provenza, delle Terme di Caracalla e Gianicolo a Roma, del Venafro in Molise.

  
Figura 8: rovine e illustrazione del mulino di Barbegal, in Provenza (II secolo d.C.)

La situazione cambiò dopo la caduta dell’Impero Romano con la brusca riduzione di mano d’opera a basso prezzo; nel Medioevo si ebbe una notevole diffusione dei mulini in tutta Europa, sin dal 1098 ad opera dei benedettini, mentre gli arabi fecero altrettanto nelle aree sotto il loro dominio; un censimento del 1086 attestò la presenza di 5.624 mulini operanti in Inghilterra: in pratica vi era un mulino ogni 350 abitanti.
In Europa si diffuse l’uso dell’energia dell’acqua anche per l’industria dei tessuti e nella siderurgia (con più di mille anni di ritardo in rapporto alla Cina).
Anche in Italia l’uso dei mulini era diffusissimo: numerosi erano anche i mulini natanti lungo il fiume Po, come sul Tevere.
Anche l’energia cinetica creata dalle maree era conosciuta fina dall’antichità.
Le prime notizie sono relative al un mulino costruito in Irlanda nel VII secolo d.C.: si tratta di un mulino a ruote verticali; si hanno poi notizie di altri mulini a marea costruiti nel mondo arabo a Bassora in Iraq.
Dal XII secolo i mulini a marea si svilupparono in tutta Europa, dalla Spagna all’Olanda, all’Inghilterra: solo in Bretagna ve n’erano un centinaio.
La costruzione, manutenzione e gestione dei mulini non era certamente semplice e quindi era gestita in Europa dai monaci e dai grandi feudatari con prezzi a volte esosi.
Frequenti furono quindi i contrasti a volte sfociati nel sangue tra i mugnai e i contadini che preferivano macinare il grano in casa.
Sino al XVIII secolo le diverse componenti meccaniche dei mulini erano realizzate in legno: successivamente i mozzi e gli alberi cominciarono a essere prodotti in ferro battuto, ma la prima ruota interamente in ferro veniva costruita solo agli inizi del XIX secolo.
Per questi motivi rifiniture imperfette, ingranaggi rudimentali determinavano una bassa EFFICIENZA di conversioni e le ruote idrauliche non superavano in media i 4 kW.
Col perfezionamento dei modelli solo alla fine del XVII secolo la situazione si modificò, determinando uno straordinario incremento di produttività.
Nel 1840, le due più grandi installazioni inglesi furono realizzate sulla riva del Clyde vicino a Glasgow con ben 30 mulini disposti su due file che scendevano a gradini verso il fiume, i mulini erano alimentati da una grande cisterna e fornivano una potenza di 1,5 megawatt.
Le ruote idrauliche più grandi avevano un diametro di 20 m., larghe 4-6 m. e vantavano una capacità dell’ordine di 50 kilowatt.
Queste gigantesche ruote idrauliche ebbero comunque vita breve, dal momento che durante la prima metà del XIX secolo vennero introdotte le turbine idrauliche.
L’invenzione delle turbine idrauliche determinò il primo radicale miglioramento nel campo dei motori prima a energia idraulica, dopo l’introduzione delle ruote molti secoli prima.
Ma l’utilizzo di tale risorsa era vincolato dall’inconveniente che essa non è trasportabile e quindi gli stabilimenti industriali potevano nascere solo in presenza di un fiume.
La concorrenza alla macchina idraulica avvenne alla fine del diciassettesimo secolo con la nascita in Inghilterra delle macchine a vapore che consentirono l’installazione di industrie manifatturiere in siti più idonei, ad esempio vicino alle città con presenza di operai e di mercato.
Inoltre, l’estrazione del carbone su vasta scala e la costruzione di motori più efficienti avevano ormai reso il vapore molto più economico dell’acqua.
Prima della fine del secolo gran parte delle turbine idrauliche non producevano più energia in modo diretto, ma azionavano i generatori elettrici: era nata l’energia elettrica!

3. LO SVILUPPO DELL’ENERGIA IDROELETTRICA FINO AD OGGI
Un grande impulso nell’uso dell’energia è dovuto alla nascita dell’energia elettrica nel 1880: tale energia poteva essere ottenuta sia utilizzando l’energia cinetica dell’acqua che quella del vapore prodotto dalla ebollizione dell’acqua a seguito della combustione.
Contemporaneamente gli scienziati di fine ottocento scoprirono che tale energia poteva essere sia trasformata in ILLUMINAZIONE che trasportata facilmente a qualunque distanza.
Nacque così lo sviluppo dell’energia idroelettrica, della quale però non è qui la sede per ricordare la storia.
Il più recente impianto è stato realizzato in Cina, denominato “Le tre gole”; ha una potenza installata di ben 18.200 MW. La costruzione dell’impianto ha però suscitato diverse polemiche, perché la creazione di un grande lago artificiale ha reso necessario spostare circa un milione di persone. La potenza di tale impianto è dello stesso ordine di grandezza (21.000 MW) di quella installata in 2.100 impianti idroelettrici tuttora esistenti in Italia.
La potenza totale idroelettrica attualmente installata in tutto il mondo è di circa 740.000 MW e produce circa il 20% dell’energia necessaria per le esigenze della popolazione mondiale. Le potenzialità energetiche ancora da sfruttare sono enormi, ma non in Europa. Le potenzialità maggiori sono in Asia, Africa, in Sud America. I programmi in corso di realizzazione sono soprattutto in Cina, Brasile, India, Iran, Russia, Venezuela, Vietnam, Turchia.
Tra le varie potenzialità vi è da ricordare quella delle maree già conosciute nel Medioevo con la costruzione sulle coste di migliaia di mulini.
L’energia delle onde marine, dagli anni ’70 del secolo scorso, è oggetto di attenzione in diversi paesi. Fra i vantaggi, quello di essere disponibile in abbondanza, prevedibile e dotata di alta densità energetica. Le migliori risorse si trovano tra i 40 e i 60 gradi di altitudine (30-70 kW per metro, con picchi di 100 kW/m). Il suo POTENZIALE contributo viene stimato in 2000 TWh l’anno, circa il 10% del consumo elettrico mondiale.
La Francia infatti è stata la prima a costruire una centrale mareomotrice la “Rance”, nel 1960. Tale impianto, ristrutturato, è sempre in funzione.
La Gran Bretagna si è proposta di ricavare, entro il 2050, il 40% dell’energia dalle fonti RINNOVABILI, di cui il 20% dal moto ondoso e dalle maree.
Molte sono le ricerche in corso, pochi però sanno che il primo impianto pilota è stato costruito in Italia, per utilizzare la CORRENTE marina nello Stretto di Messina, ma se ne parlerà nel capitolo successivo.

4. PROSPETTIVE IN ITALIA
Il POTENZIALE idroelettrico in Europa e in particolare in Italia è stato praticamente già utilizzato totalmente e poco ancora rimane da costruire, anche perché vi sono molte difficoltà sia ambientali che economiche. La POTENZA EFFICIENTE complessiva installata in Italia è oggi di 21.000 MW, di cui circa 5.000 di pompaggio, e rappresenta il 23% della POTENZA EFFICIENTE totale installata.
Non si può però affermare che tutto sia fermo. Infatti molti impianti hanno un’anzianità superiore ai cinquanta anni ed è necessaria una profonda ristrutturazione.
Molte sono le iniziative di costruire minicentrali, spesso in luoghi dove esistevano una volta i mulini, e diverse sono già le realizzazioni in tutta Italia e in particolare lungo i canali di bonifica della pianura padana, specialmente da parte dell’Associazione Irrigazione Est Sesia.
Si è avuta notizia di recente di un progetto italiano per il recupero della valle dei mulini vicino ad Amalfi, interessata dalle acque del torrente Canneto, che sono utilizzate a canalizzazione, sin dal XIII secolo, per mulini e per fornire energia alle macchine che producevano la carta per la repubblica marinara di Amalfi. Questo progetto prevede ascensori e funicolari con motore a potenza idraulica, e microcentrali.
Ma una grossa novità, forse conosciuta più all’estero che in Italia, è quella che il primo impianto pilota per sfruttare le correnti marine è stato costruito in Italia a 150 m dalla costa nello Stretto di Messina su un fondale di circa 25 m.

 
Figura 9: primo impianto pilota per sfruttare le correnti marine, costruito nello Stretto di Messina

Le turbine hanno pale alte 5 m e il diametro del generatore è di 6 m con una velocità dell’ordine di 2 m; la produzione annua è di circa 22.000 kilowattora. Si hanno notizie dell’intenzione di installare altri impianti di potenza maggiore nello stesso Stretto, e prove sono in corso presso l’Università di Napoli. Comunque tutte queste iniziative non saranno in grado di soddisfare la maggior richiesta di energia del futuro.


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