Trova le risposte!
Forme di energia generate da fonti che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano in tempi brevi come il sole, il vento, l’acqua, le biomasse, la geotermia e tutte le fonti assimilabili.

Altre stanze in Acqua

Altri articoli della stanza Acqua

Creato da Barbara Zanuttigh « clicca sul nome per leggere il curriculum dell'autore

Fonti rinnovabili ed energia da onda - Barbara Zanuttigh -

Da diversi anni si sta ritornando allo sviluppo di tecnologie per l’estrazione di energia da fonti "pulite" per vari motivi, tra i quali:
- drammatiche previsioni di cambiamenti climatici a livello mondiale;
- esaurimento di fonti di energia convenzionali, cioè dei combustibili fossili;
- aumento della popolazione mondiale, e quindi dei fabbisogni energetici;
- necessità di sicurezza energetica, economica e di salute generale.

Il World Energy Council ha stimato che il 15% del fabbisogno mondiale annuo di elettricità potrebbe essere coperto da impianti che sfruttano il moto ondoso e che la domanda annuale di energia elettrica nel mondo è di circa 15000 TWh. 

L'energia da onda ha i seguenti vantaggi:
1- una maggiore diffusione e densità di energia rispetto ad altre fonti RINNOVABILI come il vento, le maree;
2- la variabilità oraria e giornaliera minore rispetto a quelle di altre risorse RINNOVABILI, come il vento, il sole o le correnti oceaniche;
3- la favorevole variazione stagionale che segue il trend del consumo di energia elettrica nell’Europa occidentale;
4- la grande affidabilità con la quale i livelli ondosi, in una specifica località, possano essere previsti con largo anticipo;
5- la possibilità di sfruttare ampie superfici oceaniche di molti chilometri quadrati;
6- la possibile integrazione all’energia eolica, in quanto in presenza di vento si ha la contemporanea azione delle turbine eoliche e della generazione delle onde marine sulla superficie libera. Inoltre l’onda generata da una raffica di vento dura più a lungo nel tempo rispetto alla raffica di vento stessa;
7- il basso impatto ambientale e visivo che ha la maggior parte dei dispositivi per la trasformazione di energia da onda rispetto ad esempio alle turbine eoliche; infatti dispositivi galleggianti di conversione di energia ondosa sono quasi invisibili sopra la linea dell’orizzonte, a differenza delle turbine eoliche che, sviluppandosi in altezza, hanno un impatto visivo più marcato.

Come altre risorse energetiche, anche l'energia da attività ondosa è caratterizzata da una marcata irregolarità della propria DISTRIBUZIONE nel globo.  L’attività ondosa, in particolare, risulta intensa nelle zone comprese tra i 30° e i 60° di latitudine, su entrambi gli emisferi per la presenza di venti costanti che soffiano prevalentemente da ovest (vedere Fig. 1.1).  La potenza ondosa media annua, lungo le coste europee, varia tra i 4 e 11 KW/m (Figura 1.2).  L’intera potenza ondosa annuale, disponibile lungo le coste dei paesi europei è dell’ordine di 30 GW, che sommandosi a quella delle coste che si affacciano sull’Atlantico, comporterebbe un’energia ondosa totale di 320 GW.

Nonostante gli svariati vantaggi sopra elencati, anche le energie RINNOVABILI hanno delle limitazioni nel loro utilizzo.  Per quanto riguarda l’energia da onde tra le più importanti difficoltà si possono ritrovare:
- l’irregolarità dell’ampiezza della fase e della direzione d’onda: è difficile ottenere la massima EFFICIENZA di un dispositivo su tutta la gamma di frequenze di eccitazione;
- l’elevato carico strutturale sui dispositivi di conversione in caso di condizioni meteorologiche estreme, come gli uragani, dove si raggiunge un carico pari a 100 volte il carico medio; questo da un lato compromette la sopravvivenza del dispositivo e dall’altro ne aumenta significativamente i costi;
- la diversità di FREQUENZA tra il movimento lento ed irregolare dell’onda (con FREQUENZA tipica dell’ordine di 0.1 Hz) e la FREQUENZA di onde elettriche che richiedono frequenze di ordine 500 volte maggiore;
- la bassa EFFICIENZA di conversione dell’energia ondosa in energia elettrica (ad esempio, turbine);
- la difficoltà di stoccare l’energia dove essa viene prodotta, con conseguenti costi elevati di trasporto in termini di perdite di energia lungo la rete.

 
Figura 1.1 - DISTRIBUZIONE della potenza energetica a livello globale (valori espressi in KW/m)

 
Figura 1.2 - DISTRIBUZIONE della potenza energetica a livello europeo


Convertitori di energia da onda: classificazione e tipologie
I dispositivi in grado di generare energia elettrica sfruttando il moto ondoso vengono comunemente denominati Wave Energy Converters (WECs), ed utilizzano uno specifico sistema di power take off (di estrazione dell’energia).

In generale i WECs devono possedere i seguenti requisiti:
- devono essere “a prova di tempesta”, cioè devono poter sopportare le condizioni climatiche peggiori che si possono presentare, quindi anche altezze d’onda molto elevate;
- non devono essere troppo impattanti per l’ECOSISTEMA ed il territorio circostante;
- non devono essere troppo pesanti, poiché con l’aumento del peso aumentano anche i costi di produzione e di esercizio;
- debbono richiedere la minore manutenzione possibile;
- devono essere basati su tecnologie sottoposte a prova più volte, in modo da assicurare delle installazioni stabili e durature nel tempo.

Una prima classificazione è relativa alla posizione del dispositivo rispetto alla linea di costa (vedere Fig. 2.1).  Sulla base di tale classificazione si hanno tre classi principali:

1- Shore-line o di prima generazione.
Questi dispositivi sono sulla costa o con una propria fondazione o incassati in strutture frangiflutti portuali.  Vengono chiamati di prima generazione, in quanto sono stati le prime tipologie studiate e installate poiché presentano semplificazioni di realizzazione rispetto alle altre tipologie.  Vantaggi principali sono l'assenza di ormeggi profondi, di lunghi cavi elettrici sommersi ed un'agevole installazione e manutenzione.  Questi dispositivi hanno a disposizione un regime ondoso sicuramente di minore potenza rispetto a quelli al largo.  Allo sviluppo di questi dispositivi si possono opporre vari fattori, tra i quali: la necessità di caratteristiche geologiche particolari per evitare lo sprofondamento per sifonamento o l’instabilità per erosione al piede dell’opera; gli intervalli di marea, per massimizzarne il periodo di possibile utilizzo e quindi la produzione di energia; la presenza di un paesaggio spesso da tutelare e salvaguardare.

2- Near-shore o di seconda generazione.
Questi dispositivi normalmente sono installati in una fascia di transizione tra la riva e la zona di acque profonde, tipicamente su fondali di 20–30 m e ad una distanza dalla riva dell'ordine di 500 m.  In questa zona, l’ampiezza delle onde aumenta risentendo della presenza del fondale (shoaling).  Analogamente ai dispositivi off-shore presentano elevati costi di installazione e manutenzione, ma generalmente minore impatto visivo e ambientale.

3- Off-shore o di terza generazione.
Questi dispositivi sono installati in acque profonde (> 40m) dove le onde si propagano quasi senza risentire del fondale e quindi con minima DISSIPAZIONE DI ENERGIA.  Questi dispositivi sono tipicamente delle unità galleggianti ancorate al fondo che si basano sugli stessi principi di quelli di seconda generazione.  Inizialmente non erano considerati attuabili a causa degli enormi costi di installazione e si sono diffusi con il continuo sviluppo delle tecnologie offshore anche in combinazione con le piattaforme petrolifere.  I progetti più recenti si concentrano su dispositivi di non eccessivo ingombro che riescono a fornire alti livelli di energia quando vengano disposti in parchi onda.
 
1 Installazione a riva (shore-line)
2 Installazione in acque intermedie con basamento al fondale (near-shore bottom-standing)
3 Installazione flottante in acque intermedie (floating near-shore)
4 Installazione sommersa a largo (submerged off-shore)
5 Installazione a largo (off-shore)


1

Installazione a riva (shore-line)

2

Installazione in acque intermedie con basamento al fondale (near-shore bottom-standing)

3

Installazione flottante in acque intermedie (floating near-shore)

4

Installazione sommersa a largo (submerged off-shore)

5

Installazione a largo (off-shore)

Figura 2.1 - Classificazione basata sulla distanza di installazione da riva (Falnes, 2005)

Una seconda tipologia di classificazione dei dispositivi dei WECs è basata sulla loro capacità di catturare energia in funzione della capacità di intercettare l'onda, e quindi in funzione del loro posizionamento rispetto alla direzione dominante del fronte d’onda incidente (vedere Fig. 2.2).  Anche secondo questa classificazione i vari dispositivi si dividono in tre categorie principali (video al link http://www.emec.org.uk/marine-energy/wave-devices/):

1- Assorbitori Puntuali (point absorbers).
Questi dispositivi presentano una dimensione caratteristica normalmente molto piccola rispetto alla lunghezza d’onda.  Sfruttano la risalita/l’abbassamento dell’altezza d’onda in un singolo punto e la possibilità di raccogliere energia da una porzione di fronte d’onda maggiore del loro diametro.  Non ricevono quindi energia da una direzione d’onda principale e sono in grado di catturare energia dalle onde in arrivo da ogni direzione.  Questa categoria di dispositivi normalmente comporta una struttura galleggiante composta da un primo componente relativamente immobile e un secondo componente mobile guidato dal moto ondoso (sostanzialmente si tratta di una boa galleggiante che scorre dentro un cilindro fisso).  Il moto relativo dei due componenti è utilizzato per guidare convertitori di energia elettromeccanica o idraulica.

2- Attenuatori (attenuators).
Questi dispositivi sono strutture galleggianti, orientate parallelamente alla direzione di propagazione dell’onda.  Nel caso di onda incidente la costa perpendicolarmente, il dispositivo è quindi perpendicolare alla linea di costa.  Generalmente, sono composti da più segmenti tra loro incernierati, per una lunghezza complessiva pari o maggiore della lunghezza d’onda (ad esempio, Pelamis, www.pelamiswave.com, Figura 2.3, l’unico ad oggi commerciale).  Le diverse altezze d’onda lungo lo sviluppo del dispositivo producono la flessione delle parti tra loro connesse andando ad attivare delle pompe che generalmente vengono alloggiate tra ogni coppia di segmenti.  Le pompe riforniscono degli accumulatori, e da qui, il fluido pressurizzato aziona dei generatori.

3- Terminatori (terminators).
Questi dispositivi sono collocati parallelamente al fronte d’onda.  Considerando, come sopra, un'onda incidente la costa perpendicolarmente, il dispositivo è questa volta parallelo alla linea di costa.  Tali dispositivi sono chiamati terminatori perché sono in grado di fornire un significativo ostacolo alla propagazione delle onde, andando a catturare e riflettere l’energia ondosa.  Tipicamente sono collocati a riva o sotto-costa, ma sono stati progettati dispositivi di tipo galleggiante anche per installazioni off-shore.


 
Figura 2.2 - Classificazione basata sulla dimensione e disposizione rispetto al fronte d'onda
(Falnes, 2005)


Un ulteriore modo di classificare i WECs si basa sul loro principio di funzionamento.  Di nuovo, come nei due casi precedenti, si hanno tre classi principali.

1- Dispositivi a tracimazione (Overtopping Device, OTD)
Galleggianti o fissati a riva, questi dispositivi si basano sull’azione dell’onda che spinge l’acqua su una rampa, dalla quale si riversa in un bacino.  Il termine tracimazione (overtopping) è usato per riferirsi al processo durante il quale le onde colpiscono una parte della struttura (generalmente una rampa) lato mare, e risalgono la struttura stessa.  Nel caso in cui il livello di cresta della struttura sia inferiore al più alto livello di risalita dell’onda, l’onda tracima la struttura, viene raccolta in un bacino interno e successivamente scaricata in mare attraverso una turbina (solitamente Kaplan), utilizzando una tecnologia idraulica convenzionale a bassa caduta, adattata alle condizione marine. 
Il primo prototipo basato su tale tecnologia è stato il dispositivo Tapchan (Tapered Channel), progettato per uso costiero.  Il sistema Tapchan (http://taperedchannelwaveenergy.weebly.com/index.html) è dotato di un canale convergente dal mare all’interno di un bacino ricavato nella falesia in terraferma. Il restringimento del canale ha l’effetto di incrementare l’ampiezza delle onde incidenti la scogliera.  Il bacino è posizionato diversi metri sopra il livello del medio mare.  L’energia cinetica delle onde in arrivo è convertita in energia POTENZIALE, dal momento che l’acqua viene immagazzinata nel bacino.  La generazione di elettricità è poi del tutto simile a quella di un impianto idroelettrico, quindi affidata alla gravità.
La tecnologia è stata, successivamente, adattata all’impiego in mare aperto utilizzando bacini e rampe galleggianti.  Tra i dispositivi OTD il Wave Dragon è in fase avanzata di prova a diverse scale (www.wavedragon.net).

In generale i convertitori a tracimazione presentano vantaggi che li contraddistinguono dagli altri dispositivi:
- Le fluttuazioni dell’energia prodotta sono relativamente piccole, dal momento che la conversione avviene in condizioni di calma all’interno del bacino dove l’acqua è temporaneamente immagazzinata.
- La possibilità di integrazione in frangiflutti portuali (come nel caso di Sea Slot-cone Generator e REWEC, http://www.wavenergy.it) comporta una maggiore fattibilità economica.
Per contro, tali convertitori vanno di norma installati solo nel caso di climi abbastanza energetici.

2- Dispositivi a colonna d'acqua oscillante (Oscillating Water Column, OWC)
Sicuramente la categoria di dispositivi più diffusa, si basa sull’azione di una colonna d’acqua oscillante all’interno di un contenitore chiuso.  Quando la colonna d’acqua sale all’interno del dispositivo, cede una parte della sua energia all’aria  contenuta all’interno, incrementandone la pressione.  L’aria compressa è utilizzata per mettere in moto una turbina collegata ad un generatore.  La turbina più utilizzata per questa categoria di dispositivi è la Wells auto-rettificante, che pur non avendo un’efficienza elevata, offre vantaggi in termini di semplicità e di prestazioni. 

I dispositivi OWC  a riva - ad esempio, il Limpet (vedere http://www.wavegen.co.uk/index.html) - possono essere anch’essi integrati in stutture flangiflutti.  In generale tuttavia presentano alcuni problemi dal punto di vista ambientale, sia di tipo visivo sia di tipo acustico.

3- Zattere articolate (Wave Activated Bodies, WAB)
In tali dispositivi le onde attivano movimenti di oscillazione relativi o tra i componenti modulari del sistema oppure tra una parte del sistema ed un riferimento fissato.  Di solito, tra ogni coppia di elementi, si posiziona una pompa idraulica che rifornisce un ACCUMULATORE e da qui il fluido pressurizzato aziona un motore ed un generatore.  I moti prevalentemente utilizzati per estrarre energia sono i moti di heave, roll e pitch (vedere Fig. 2.4).  I moti di surge, sway e yaw richiedono invece la presenza di forze esterne di reazione date dall’ancoraggio, che consentono al corpo di ritornare nella sua posizione di equilibrio.
In generale, comunque, la possibilità di un segmento di interagire con l’elemento vicino dà luogo ad un sistema autonomo, evitando di vincolare rigidamente al fondale ogni parte attiva del dispositivo.
Le zattere sono di solito collocate nella stessa direzione della propagazione dell’onda, e l’onda, dopo aver superato la zattera, risulta attenuata, quindi tali dispositivi generalmente appartengono anche al genere attenuatori (un esempio è ancora Pelamis, Figura 2.3).

 
Figura 2.3. Vista dei dispositivi Pelamis nell’unico parco marino di conversione oggi esistente in Portogallo.


 
Figura 2.4 – Possibili movimenti a cui possono essere soggette le singole parti costituenti un WAB