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Il rischio ambientale è ancora troppo elevato - Considerazioni finali - Giuseppe Mureddu -

Si è visto che l'alto grado di rischio di incidenti e di gravi conseguenze che si è obbligati a fronteggiare nel Mediterraneo deriva dalla concomitanza di fattori indipendenti l'uno dall'altro e tutti giunti ad una soglia di pericolosità: la dimensione e il ritmo di crescita del traffico petroliero, l'insufficienza delle strutture e degli standard di sicurezza dei porti, la vulnerabilità degli ecosistemi marini e delle coste, la densità dell'insediamenti urbani e delle attività economiche, l'impreparazione ad affrontare l'evenienza di un grande marea nera.
Tutti questi aspetti mettono in evidenza il carattere regionale dei problemi da affrontare e degli interventi configurabili.
Si tratta di fattori di rischio non nuovi, ma la cui attualità non diminuisce, anzi in alcuni casi è aumentata ed è destinata a crescere ancora.
In particolare, quella che può essere considerata la variabile strutturale nella quantificazione del rischio - la quantità di petrolio trasportato dalle petroliere nel Mediterraneo (8 milioni di b/g già oggi, 9-10 previsti nel 2010) -, non gioca un ruolo rassicurante, vista la probabilità (FREQUENZA) di versamenti su scala mondiale in relazione alle quantità movimentate via mare.
Se la  vulnerabilità degli ecosistemi e la densità dell'insediamenti umani vanno ritenuti sostanzialmente immutati, era però da attendersi un miglioramento dell’efficienza delle strutture e degli standard di sicurezza dei porti: ciò invece non è avvenuto, e anzi, in relazione al volume di traffico petroliero e non, l’insufficienza dei porti appare oggi come un fattore di aggravamento del rischio.
Il grado di preparazione ad affrontare l’emergenza è certamente aumentato nell’ultimo decennio; e tuttavia esso appare ancora complessivamente non adeguato, oltre che eterogeneo sotto l’aspetto della qualità, sia dei mezzi e delle tecnologie disponibili, sia degli ordinamenti preposti.

Un altro elemento di rischio - l'obsolescenza della flotta dei tankers (per superamento tecnologico o per semplice invecchiamento) - ha invece perso la sua rilevanza:
dopo aver rappresentato un fattore cruciale per oltre un decennio, l'età media dei tankers  è stata notevolmente abbassata dall'azione convergente, anche se attuata in maniera autonoma e talvolta persino conflittuale, dell'IMO, degli USA (OPA) e dell'UE.
Tale azione ha sollevato qualche perplessità di cui si è dato conto nel corso dello studio, ma non si può nascondere che il suo esito - il ringiovanimento della flotta - appare  nell'insieme come un risultato auspicato.
Basta rileggere in proposito quanto veniva scritto dagli A. nelle conclusioni della precedente edizione di questo libro1.

Ed è sintomatico che il mercato abbia anticipato i termini istituzionali di un cambiamento ormai non più procrastinabile.

A prescindere dal giudizio che si può esprimere sui progressi fatti in relazione a singoli aspetti della sicurezza del trasporto marittimo del petrolio nel Mediterraneo, resta tuttavia il fatto che il rischio ambientale è ancora troppo elevato.

Orientamenti auspicabili

Alcune direzioni di intervento ci appaiono di particolare interesse e meritano di essere ribadite.
In campo internazionale è indispensabile assicurare l’integrazione sovra-nazionale degli interventi; sono auspicabili modifiche delle convenzioni internazionali sulla sicurezza della flotta petrolifera, lo sviluppo della ricerca, il potenziamento degli strumenti finanziari globali di compensazione e il miglioramento delle strutture centrali e locali cui è demandato dalle convenzioni internazionali, il compito di prevenzione e 'risposta' (preparedness) all’emergenza ambientale.
Sull'evidente opportunità di integrazione sovra-nazionale degli interventi, non occorre ulteriormente soffermarsi.
Per quanto concerne le modifiche delle vigenti norme nazionali e internazionali, esse dovrebbero esse volte principalmente al raggiungimento di due obiettivi:
a) evitare la navigazione di tankers  senza accettabili requisiti di sicurezza, imponendo gradualmente obblighi in linea con il rinnovamento in atto della flotta petrolifera mondiale;
b) armonizzare le norme nazionali e internazionali sulla responsabilità per gli oil spills, in modo da garantire risarcimenti e ripristino ambientale, ma anche evitare gli eccessi di norme nazionali, le quali, se non sostenibili da parte degli operatori, rischiano di essere aggirate, cancellando così del tutto ogni possibile garanzia per l'ambiente.

Nel campo della ricerca è interesse generale che siano sostenuti programmi internazionali ad hoc di carattere interdisciplinare.
Il campo dei possibili programmi di ricerca comune non è limitato allo studio delle caratteristiche fluido-dinamiche degli spandimenti degli idrocarburi e delle tecnologie di contenimento e di ripristino ambientale, ma abbraccia molti altri aspetti rilevanti per le industrie interessate, non esclusa la messa a punto di modelli di gestione del rischio su scala regionale.
Le azioni dei singoli governi non possono non fare riferimento all'attività degli organismi esistenti che operano su scala mondiale (l'IMO2, l'UNEP3, Banca Mondiale4) o regionale (come l'EPA, il Commissariato per l'Ambiente della UE, il METAP5, ecc.).

In particolare tali organismi potrebbero assumere il ruolo di centri di promozione e coordinamento della ricerca applicata, con funzione di orientamento e convogliamento dei risultati a favore delle attività industriali pubbliche e private (cantieristica, industria del petrolio, trasporti marittimi, terrestri e in condotta, chimica, industria meccanica specializzata, ecc.) implicate nelle nuove esigenze di sicurezza e di tutela ambientale.
Non occorre sottolineare che un ampio programma di ricerca ha rilevanza diretta, oltre che sull'innovazione tecnologica concretamente veicolata nelle nuove strumentazioni che saranno disponibili nella regione, anche sulla qualità e flessibilità dei programmi di intervento.
Un ruolo strategico ha lo sviluppo degli strumenti finanziari globali di compensazione.

E' evidente l'opportunità di evitare che operatori semplicemente rinuncino a offrire i loro servizi piuttosto che affrontare alti rischi finanziari e i maggiori costi di assicurazione connessi allo svolgimento dell'attività nelle acque nazionali di paesi dove più rigide sono le norme che regolano la responsabilità degli oil spills.

La rigidità di per sé non paga; come è sottolineato in una recente pubblicazione della Banca Mondiale6, “the challenge is to reconcile the requirement for environmental protection with the economic concerns of ship operators”.

Nella rinegoziazione delle convenzioni internazionali in vigore, l'armonizzazione delle norme che definiscono e regolano la responsabilità ‘illimitata’ dovrebbe essere un tema prioritario
Sul piano economico la soluzione va cercata nella corretta imputazione e gestione dei rischi finanziari e in un adeguato sistema di garanzie assicurative: sicurezza e interessi economici trovano la loro naturale riCONCILIAZIONE nei meccanismi di traslazione dei costi dagli assicuratori agli armatori e noleggiatori, e da questi ai petrolieri fino ai consumatori7.

Le questioni aperte riguardano la dimensione degli strumenti finanziari globali, la ripartizione dei costi degli stessi, una definizione accettabile e congrua della garanzia finanziaria.
Un'altro campo di collaborazione multilaterale può essere costituito dal rafforzamento del sistema di assicurazione a livello internazionale.
Il problema delle garanzie finanziarie per far fronte, senza drammatiche esposizioni, a indennizzi e a operazioni di ripristino richiedenti grandi esborsi, non riguarda  soltanto gli oil spills, ma ha rilevanza più generale.
Per quanto riguarda più specificamente gli oil spills, non solo esistono le condizioni per reinserire pienamente tra le valutazioni di mercato i costi di INQUINAMENTO, ma tale reinserimento rappresenta anche un modo efficiente di prevenzione dei danni, di copertura dei rischi, di incentivo agli "investimenti ecologici" e - aspetto tutt'altro che secondario - un campo di confronto con la concorrenza di altre produzioni energetiche.

La messa a punto di un adeguato sistema di garanzia assicurativa, in grado di facilitare il normale funzionamento dei meccanismi di imputazione dei rischi finanziari, non può non partire dal perfezionamento degli strumenti privati già esistenti.
Sono già operanti, e coprono un ampio spettro di attività, strumenti di compensazione- tra i quali lo IOPC Fund  e la CLC  - che appare oggi auspicabile rafforzare9.

Benché questi strumenti siano anch'essi meccanismi sostanzialmente privati, c'è ampio spazio per la cooperazione internazionale nella definizione delle loro modifiche (dato anche il collegamento con le convenzioni internazionali e la partecipazione di imprese pubbliche e degli stessi governi).
Ma soprattutto la cooperazione internazionale può svolgere un ruolo fondamentale nella evoluzione dei fondi di compensazione internazione di carattere misto, la cui maggiore debolezza è risultata essere finora la mancata adesione o l’ambiguità di alcuni importanti paesi interessati (in particolare gli USA). Due obiettivi appaiono particolarmente rilevanti:
a) fornire una copertura consistente, dal momento che i massimali garantiti dal tradizionale sistema assicurativo sembrano risultare adeguati per maree nere di piccola e media dimensione, ma potrebbero essere insufficienti, soprattutto nel Mediterraneo, nell'evenienza di un incidente di grandi proporzioni;
b) fornire uno strumento rapido che consenta di anticipare fondi per il finanziamento di interventi di urgenza.

Un rafforzamento degli strumenti di garanzia finanziaria può essere realizzato affiancando all'esistente pool assicurativo specializzato un sistema di fondi di garanzia, con disponibilità finanziarie adeguate a coprire anche rischi catastrofici, su base intersettoriale e internazionale, in parte su schemi privatistici, in parte su schemi misti, anche con partecipazione pubblica.
In ambito nazionale e regionale ha assunto ormai carattere di urgenza l’adeguamento delle strutture portuali.
A un programma di investimenti per i porti mediterranei è ora di pensarci sul serio.
Anche in questo campo il carattere regionale dei problemi e degli interventi è determinante.

Quale sicurezza può dare, ad esempio, attrezzare il porto di Brindisi mentre il porto petrolifero sulle vicine coste albanesi resta senza i minimi requisiti di sicurezza?
Un piano di investimenti - nazionali e internazionali utilizzando anche gli strumenti specializzati della BEI e della Banca Mondiale - va effettuato tenendo conto dell'insieme di tutti i porti e di una programmazione di massima delle direzioni dei flussi di greggio e di prodotti petroliferi tra le varie aree del Mediterraneo; e non con improvvisazioni e semplicemente in funzione di qualche porto maggiore, divenuto di attualità nelle cronache dei disastri scampati.
Infine, non è argomento trascurabile il fatto che alcune delle possibili azioni indicate - prevenzione (interventi sulle attrezzature portuali per aumentare la sicurezza delle operazioni delle petroliere), monitoraggio (sistema di monitoraggio satellitare), preparedness, rinnovo della flotta, adeguamento dei porti, e la stessa promozione della ricerca - avrebbero un importante effetto propulsivo sull'attività produttiva e sull'occupazione; potrebbero cioè costituire di per sè motivo di aggregazione, intorno ad un obiettivo di sicurezza ambientale, tra diversi interessi e settori industriali.
Tutti i temi menzionati offrono spunti per l'elaborazione di osservazioni propositive di interventi mirati. Gli interventi possono concernere l'attività dell'operatore pubblico (centrale o locale), l'attività di una struttura o di un mix di operatori pubblici e privati, o anche operatori privati, purché le iniziative finanziate siano integrative rispetto a quelle effettuate istituzionalmente o normalmente.

Elementi per una proposta nel campo del monitoraggio satellitare   

Una delle possibili proposte di intervento su scala nazionale e regionale potrebbe essere la messa a punto di un sistema di monitoraggio satellitare, basato sull'uso di uno dei canali disponibili10 del sistema di navigazione satellitare Galileo per la sorveglianza del traffico se non altro nelle acque italiane e mediterranee (eventualmente utilizzando anche il supporto di piattaforme offshore dismesse11).
Il sistema europeo Galileo, che sarà operativo nel 2008, è in grado di fornire questo servizio, anche su scala mondiale, in collaborazione o in competizione con il più noto network americano, il GPS (Global Position Sistem12).
La realizzazione del progetto consentirebbe una rapidità e efficacia di sorveglianza e di rilevazione di incidenti oggi impensabile, scoraggerebbe le emissioni illegali, consentirebbe di individuare con precisione aree e rotte particolarmente a rischio, fornirebbe un ausilio prezioso al sistema di preparedness e potrebbe essere utile anche nella gestione del traffico portuale soprattutto in presenza di incidenti o minacce di versamenti.

Va ricordato che attualmente l'UE finanzia un progetto analogo13, ma che presenta molte limitazioni, perché tecnologicamente più povero e d'impatto incerto; né possono essere ignorati i vantaggi associati, in termini di sicurezza del traffico petroliero, per quanto concerne l'obiettivo della security, che affianca con sempre maggiore attualità quello tradizionale della safety.

Non è senza significato, infine, il contributo sinergico allo sviluppo delle multifunzionalità del progetto Galileo.
Il progetto dovrebbe essere finanziato in tutto o in parte con fondi dell'Unione Europea.

Potrebbe, inoltre, essere utilizzata una piccola quota14 delle accise europee sugli oli minerali.
Ciò costituirebbe, nel processo di razionalizazione e armonizzazione del sistema delle accise, una delle rare occasioni in cui questo discusso prelievo fiscale, che da sempre opera in modo avulso dal settore energetico, potrebbe essere almeno in parte ricondotto, nel rispetto dell'interesse generale, a finanziare interventi pubblici che riguardano indirettamente il settore stesso, aggregando, intorno a un obiettivo di sicurezza ambientale (riduzione del rischio in INQUINAMENTO marino da petrolio), diversi interessi e settori industriali.
Da segnalare, come precedenti o analogie interessanti, in ambito però non sovranazionale, la recente iniziativa dell’AEEG (Autorità per l’energia elettrica e il gas), mirata all’utilizzazione una componente tariffaria per finanziare attività di ricerca di interesse generale per il settore del gas15; o la decisione sostenuta a suo tempo da De Gaulle, di devolvere una parte della TVA per l'istituzione dell' IFP (Institut Français du Pétrole).
L'operazione si configurerebbe come una sorta di contributo ecologico da utilizzare per uno specifico scopo di tutela ambientale, e non costituirebbe né un prelievo aggiuntivo, né una riduzione del gettito fiscale (sarebbe solo finalizzato l'uso dell'introito a uno scopo cui può essere attribuita importanza strategica).

                                                    *    *    *

Riassumendo quanto emerso finora, può affermarsi che, sebbene l'intensità degli oil spills sia diminuita negli ultimi dieci anni, per una maggiore attenzione e grazie ad una più ampia applicazione delle convenzioni internazionali, il problema però non è risolto.
E' in corso un massiccio rinnovo della flotta (introduzione del doppio scafo) e le compagnie petrolifere europee e in particolare italiane, contribuiscono, con la loro domanda di servizi di alta qualità, a rendere più rapido il processo; tuttavia, l’adozione del doppio scafo nei tankers è ben lontana dall’esaurire il tema della sicurezza delle navi cisterna.
D’altra parte, mentre prosegue l'ampliamento dei meccanismi internazionali di compensazione finanziaria, lentezze si registrano nel campo della prevenzione (in particolare continuano ad essere carenti le attrezzature portuali per la sicurezza delle operazioni) e del monitoraggio (la nostra proposta di monitoraggio satellitare è intesa a modificare sostanzialmente la situazione attuale).
Infine, la predisposizione di strumenti e modalità di 'risposta' (preparedness) agli oil spills, che l'OPRC (International Convention on Oil Pollution Preparedness, Response and Cooperation) domanda alle strutture centrali e locali dei paesi aderenti, non è ancora del tutto soddisfacente nei paesi mediterranei industrializzati (tra cui l’Italia) e desta serie preoccupazioni per molti degli altri paesi rivieraschi e quindi per il Mediterraneo nel suo insieme.

In conclusione - anche rimanendo al di qua della questione di come si distribuisca l’impatto sociale del consumo e della produzione di petrolio16 - associare un giudizio di sostenibilità ambientale al traffico petroliero nel Mediterraneo nel medio-lungo periodo non è affatto scontato. Certamente resta molto da fare.

NOTE

1  "Per quanto riguarda le possibili modifiche alle convenzioni internazionali in vigore, una linea proponibile appare - oltre alla individuazione di possibili canali attraverso i quali possano farsi valere garanzie di controllo e intervento coordinato in tutta l'area mediterranea (tra i casi cruciali Libia, Tunisia e Algeria ci interessano più da vicino) - quella di negoziare innovazioni che impongano caratteristiche tecniche o limiti di età ai tankers  che attraversano il Mediterraneo, nell'ambito però di una prospettiva di ammodernamento della flotta petroliera su tutte le rotte. Dal punto di vista normativo, un'azione in tal senso potrebbe essere avviata attraverso modifiche delle convenzioni internazionali esistenti, rivolte a rendere più restrittive le norme di sicurezza della flotta petroliera in generale e di quella che attraversa il Mediterraneo in particolare. L'adozione di maggiori restrizioni [...] comporterebbe in pratica il rinnovamento di un'ampia quota della flotta esistente con implicazioni economiche del tipo e dell'ampiezza vicine a quelle già indicate. In particolare ciò potrebbe avvenire attraverso modifiche alla MARPOL [...].Non va comunque dimenticato [...] che lo scenario che si può prefigurare intorno ad un'ipotesi di rinnovamento forzato della flotta petroliera sarebbe contrassegnato, oltre che da da un enorme fabbisogno di finanziamento dell'investimento necessario, anche da effetti di forte condizionamento dell'approvvigionamento e dei prezzi. [...] Sarà inevitabile subire una forte riduzione della quota del volume di greggio movimentato sulle grandi distanze. Per evitare che il conseguente aumento dei noli e quindi l'aggiustamento verso l'alto dei prezzi del petrolio possano creare un vero e proprio "terzo shock", occorre pertanto che la ristrutturazione della flotta petroliera mondiale avvenga con gradualità; sia sostenuta da un coordinamento internazionale nelle decisioni in tema di finanziamento degli investimenti, con il coinvolgimento diretto della finanza, degli armatori, dei cantieri e dei governi, si accompagni a condizioni non conflittuali sul mercato del petrolio. [...] Sul piano dell'iniziativa politica potrebbero fare la prima mossa i governi europei; ma anche i governi di altri paesi e regioni più direttamente interessati alle importazioni di petrolio - in particolare USA e Giappone - potrebbero essere interessati a promuovere un'intesa per aumentare la sicurezza della navigazione senza creare disparità pericolose tra area e area. Non ci sarebbe molto da meravigliarsi se i maggiori vincoli imposti dalle nuove norme USA avessero come principale risultato un dispiegamento dualistico della flotta petroliera: le navi migliori sulle rotte dirette negli USA, le meno sicure sulle altre rotte". (U. Bilardo, G. Mureddu [1992] cit., pp. 104-105).

2 International Maritime Organization.

3  United Nation Environment Programme

4 In particolare attraverso il CTFE (Consultant Trust Fund for Environment).

5 Mediterranean Technical Assistance Program, costituito nella primavera del 1990 congiuntamente da UNDP, BEI e Banca Mondiale.

6 Banca Mondiale, The World Bank and the Environment - A Progress Report, Fiscal Year 1991, Washington, 1991.

7  “Shipowners will pass along the extra insurance costs to cargo owners, who will in turn pass it on to consumers . . .” , è stato detto da Chevron's Wolcott (citato in Oil and Gas Journal, 30 settembre 1991).

9  M. Jacobsson, "The international Oil Pollution Compensation Fund: Ten Years of Claims Settlement Experience". In 1989 Oil Spill Conference, op. cit. (pp. 509-511).

10  Il network Galileo dovrebbe debuttare con 5 diversi segnali: uno liberamente disponibile a tutti; il secondo, più preciso, per usi commerciali; il terzo, per servizi di safety-of life, applicabile in situazioni critiche come l'atterraggio automatico di aerei; il quarto, detto PRS (public regulated signal) riservato ai governi e probabilmente a usi militari; il quinto, infine, che dovrebbe connettere informazioni di posizione con situazioni di emergenza, potrebbe essere usato da navi in difficoltà.

11  Cfr. U. Bilardo et A., Refitting plattforms due for decommissioning in sustainable projects, relazione presentata alla Offshore Mediterranean Conference, Ravenna, 26-28 marzo 2003. In particolare si veda il paragrafo “Reuse of off-shore platforms as GPS receiving stations”.

12  Il network americano ha per ora due soli segnali, cui corrispondono altrettanti canali: il GPS.C/A, simile al primo segnale del Galileo, disponibile a tutti, ma di scarsa specificità; il secondo, il GPS.Y,  riservato a usi militari. Un canale commerciale è in fase di programmazione, e la preoccupazione per la concorrenza del network Galileo spiega le negoziazioni in corso.

13  Al progetto Oilwatch, avviato dall'UE e dall'ESA (Agenzia Spaziale Europea) nell'ambito del programma CEO (Centro per l'Osservazione della Terra), partecipano istituzioni pubbliche e private dei paesi membri dell'unione, tra cui l'ENEA. I dati sono forniti dal satellite Radarsat; il software utilizzato è prevalentemente inglese. Analoga funzione è svolta attualmente dall'ERS-2 (Second European Remote Sensing Satellite), le cui informazioni di base sono costituite da synthetic aperture radar  (SAR) .    

14  Anche se fosse solo l'Italia a finanziare il progetto, e la quota da riservare sull'insieme delle accise sugli oli minerali fosse limitata al 2%, in termini assoluti sarebbero disponibili, secondo gli ultimi dati disponibili, circa 500 milioni di Euro. Come è noto, le aliquote (Euro/litro) variano a seconda dei prodotti; quelle relative alle voci più importanti sono 0,542 E/l per la benzina e 0,403 E/l per il gasolio (fonte: Unione Petrolifera, Statistiche economiche energetiche e petrolifere, Roma, novembre 2003). Rispetto al gettito dell’accisa sugli oli minerali del 2002 (24,190 miliardi di Euro), peraltro tendenzialmente in aumento negli anni successivi,  il 2%  costituisce quasi 484 milioni di Euro. Ovviamente, operando sulle accise europee, l'aliquota da riservare al finanziamento del progetto sarebbe molto più bassa.
 
15  Più precisamente, l’iniziativa dell’AEEG del 30 giugno 2004 (Segnalazione al Parlamento e al Governo in materia di attività di ricerca e sviluppo di interesse generale per il sistema del gas) propone che “l’attività di ricerca di interesse generale per il settore del gas venga posto a carico della generalità degli utenti del sistema”, configurando “l’istituzione di una componente della TARIFFA di trasporto del gas, il cui gettito potrebbe alimentare un apposito fondo da istituire presso la Cassa [Cassa…………………] “.
Da segnalare che verrebbe così posto a carico della generalità degli utenti del sistema del gas inell’esercizio la compensazione di voci di costo relativi a oneri particolarmente elevati della DISTRIBUZIONE e fornitura del gas, inclusi quelli relativi alla sicurezza.
Un’analogia con il sistema ‘greggio’ non è operazione meccanica, né semplice; non è però assurdo immaginare che un onere generale di sicurezza ambientale afferente a questo ‘sistema’ possa configurarsi come compensazione dei costi di sicurezza ambientale nel trasporto marittimo di greggio.

16  Sull’argomento si veda D. O.'Tourke, S. Connoly, "Just Oil? The Distribution of Environmental and Social Impacts of Oil Production and Consumption", Annual Review of Environment and Resourses, vol. 28, 2003.



Tratto dal Libro: "Traffico Petrolifero e Sostenibilità Ambientale".
Co-Autore Ing. Ugo Bilardo