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Petrolio, carbone, gas naturale. Tutte queste fonti hanno lunghi periodi di rigenerazione molto superiori ai tassi di consumo che ne condizioneranno l’uso attuale e futuro.

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La localizzazione geografica dei danni da petrolio - Ugo Bilardo -

Estremamente rilevante è la localizzazione geografica.

Con questo termine generico ci si riferisce in particolare alla profondità delle acque e a quell'insieme di elementi sensibili che costituiscono la vulnerabilità delle coste.

In mare aperto è più facile che lo strato di petrolio si disperda; per questa ragione, alcuni grandi versamenti (ad esempio quelli causati dalla petroliera Argo Merchant e dall’eruzione della piattaforma offshore Ekofisk Bravo) hanno provocato un danno ambientale limitato.

A ridosso della costa, il danno è destinato ad essere assai più grave, specie in acque basse di baie ed insenature protette, dove la concentrazione di petrolio nell’acqua può raggiungere livelli molto alti, e comunque maggiori rispetto al mare aperto.

Lo stesso discorso vale per i laghi interni e per i sistemi fluviali.

D'altra parte, in caso di intervento a seguito di un incidente, l'uso di sostanze chimiche può essere opportuno o, all’opposto, impraticabile in funzione del battente d'acqua.

Altrettanto importanti sono le caratteristiche delle coste. I due principali fattori che determinano la vulnerabilità costiera ai versamenti di petrolio sono il cosiddetto "livello di energia" del litorale (ossia il grado di ESPOSIZIONE all’energia del moto ondoso) e il tipo di substrato.

Su coste rocciose esposte, gli effetti dannosi nei confronti delle forme di vita costiera tendono ad essere attenuati, così come i tempi di ripristino possono risultare più brevi, dal momento che il petrolio aderisce meno facilmente alle superfici rocciose e quando ciò accade, esso viene in parte rimosso dall'azione delle onde.

Più una costa rocciosa è riparata, più aumenta la persistenza del petrolio. Elevata persistenza si ha anche sulle biomasse algali, che tendono a intrappolare il petrolio.

Le aree litorali più riparate sono in genere quelle con sedimenti sabbiosi, oppure con battigia fangosa.

La figura mostra la correlazione esistente tra livello di energia della costa e tempi di ripristino biologico.

 

I tempi di ripristino tendono ad allungarsi per le aree più riparate a causa della persistenza del petrolio, ma la correlazione non è sempre diretta in quanto sono presenti altre variabili (p.e., il tipo di olio).

Se il petrolio penetra nel substrato, il tempo di persistenza tende ad aumentare. L’intensità del processo di infiltrazione dipende dal tipo di substrato.

Le coste caratterizzate da un alto livello di energia e da una elevata porosità per la presenza di sabbia, ghiaia e pietrisco sono permeabili e il petrolio vi penetra con facilità.

Se poi il petrolio assorbito nel sottosuolo diventa più viscoso a causa di alterazioni, può rimanere nel sedimento per molti anni; a volte, invece, penetrato facilmente negli strati compatti di sabbia fine satura di acqua o nel fango, tende ad essere dilavato per azione del moto ondoso e delle maree.

Tuttavia, il comportamento del petrolio può essere molto diverso nel caso di spiagge sabbiose riparate o di coste fangose ad alta produttività biologica. Le tane ed i cunicoli creati da vermi, molluschi e crostacei, i fusti e le radici delle piante di palude costituiscono le vie di penetrazione del petrolio.

In condizioni normali, questi passaggi consentono l’ingresso di ossigeno nei sedimenti, i quali altrimenti risulterebbero anaerobici; quando il petrolio arriva sulla spiaggia può provocare la morte degli organismi che normalmente creano tali passaggi, che allora collassano e si riempiono dall’alto di sedimenti.

Pertanto il petrolio risulta intrappolato in sedimenti anaerobici, con velocità di degradazione molto lenta; se questi litorali, oltre a tendere a trattenere il petrolio, possiedono un’alta produttività biologica (ad esempio le paludi costiere), risultano particolarmente a rischio, poiché gli organismi che tentano di ricolonizzare vengono a contatto con idrocarburi tossici.

La vulnerabilità costiera - variabile cruciale soprattutto in bacini relativamente chiusi, con molte aree di acque poco profonde e litorali bassi, con sabbia e ghiaia, come il Mediterraneo - viene misurata da una scala standardizzata, largamente accolta in campo internazionale.

Tratto dal Libro: "Traffico Petrolifero e Sostenibilità Ambientale".
Co-Autore Dott. Giuseppe Mureddu