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Petrolio, carbone, gas naturale. Tutte queste fonti hanno lunghi periodi di rigenerazione molto superiori ai tassi di consumo che ne condizioneranno l’uso attuale e futuro.

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Dove và il petrolio? - Vittorio Jucker -

In calo le quotazioni petrolifere a Londra e New York, il WTI, prezzo di riferimento americano, si aggira attorno ai 67.60 dollari al BARILE ( $25,20 la quotazione del BRENT) una riduzione del 4,5 per cento rispetto ai massimi di 70,85 raggiunti martedì 30 agosto.

La decisione di vendere parte delle scorte americane a cui si è aggiunta, su richiesta dell’Agenzia Intenzionale per l’Energia, quella dei paesi europei e del Giappone di immettere sul mercato circa 60 milioni di barili di greggio, dovrebbe calmierare i prezzi nelle prossime settimane. Permane comunque un notevole stato d’incertezza che viene in parte riflesso dalle previsioni presentate in questi giorni da vari organismi ed uffici studi.

Per quanto concerne la AIE l’andamento al rialzo dei prezzi non sarebbe dovuto tanto a fattori connessi con i classici meccanismi di domanda e offerta finale di greggio ma piuttosto da motivi politici e tecnici quali la insufficiente capacità di raffinazione americana, ridotta ulteriormente dalla chiusura di tre grosse raffinerie in Louisiana a seguito dell’uragano Katrina.

La chiusura degli impianti statunitensi ed il calo della produzione petrolifera nel Golfo del Messico ha accentuato le rigidità del sistema di raffinazione USA , prevalentemente strutturato per la produzione di benzina e gasolio a bassa densità di zolfo, creando tra l’altro un imprevisto e forte aumento della domanda nord americana di benzine su mercati terzi.

Ciò ha ovviamente comportato  un incremento dei prezzi dei prodotti sui mercati mondiali.

Le quotazioni della benzina sul mercato spot di Rotterdam, uno dei punti di riferimento internazionale per i prezzi dei prodotti petroliferi sono passate da circa 430 dollari la tonnellata nell’agosto del 2004 ad oltre 715 dollari in questi giorni.

Sul mercato americano, il prezzo della benzina alla pompa ha raggiunto i 4 dollari a GALLONE, circa 90 centesimi di euro al litro, un incremento del 90 per cento circa in poco più di un anno.

La maggior parte degli uffici studi delle banche americane prevedono che i prezzi petroliferi si manterranno tra i 65 ed i 75 dollari al BARILE per il resto dell’anno.

Probabilmente, secondo la Goldman Sachs, la SG Commodities, Soros ed altri, appare probabile un rialzo sino ad almeno 105 dollari al BARILE. In valuta costante, indicano questi esperti, il prezzo del greggio supererà il livello di 82 dollari raggiunti nel 1980.

Il settimanale britannico, The Economist, considera possibile un ulteriore incremento dei prezzi mossi in gran parte da fattori finanziari e non necessariamente strutturali.

Il picco, quando sarà raggiunto, spiega il settimanale, comporterà l’inizio di una inversione di tendenza che potrebbe, in pochi mesi, riportare i prezzi ai livelli del 200 (circa 22 dollari al BARILE) e forse, per eccesso di correzione di tendenza ed aspettative addirittura vicino a quelli estremamente bassi del 1998 (circa 12 dollari a BARILE).

Stati Uniti e Cina hanno fatto ben poco per frenare la domanda.

E’ vero che i consumi cinesi sembrano entrati in una fase di stabilizzazione, ma ciò non vale per gli USA.

Inevitabilmente il governo americano dovrà abbandonare la linea di disimpegno  seguita sin’ora e stimolare una riduzione dei consumi che avverrà o seguito di scelte politiche o attraverso una nuova recessione.

Sta di fatto che attualmente  non sono né i paesi produttori né le società petrolifere internazionali, a determinare l’andamento dei prezzi.

Sempre secondo le valutazioni della AIE l’alto livello dei prezzi inevitabilmente comporterà un abbassamento della crescita economica.

Forse più in Asia e negli USA che in Europa. Sta di fatto che alcune economie asiatiche stanno già entrando in una fase critica come dimostrato dalla recente crisi finanziaria e dei cambi in Indonesia e dal rallentamento del tasso di crescita della Tailandia e Corea del Sud proprio a causa dell’incremento dei prezzi petroliferi.

Lo stesso discorso vale ovviamente ancor di più per le economie più deboli. Anche gli esperti del Centre for Global Energy Studies di New York, considerano improbabile che i prezzi possano stabilizzarsi sopra i 70 dollari al BARILE: le spinte recessive sono destinate a farsi più forti e la domanda comincerà a calare non solo in alcuni paesi di nuova industrializzazione ma anche negli USA.