Lo squilibrio tra offerta e domanda di fonti fossili si farà critico anche indipendentemente dalla reale disponibilità teorica delle fonti stesse.
Gli effetti di tale squilibrio e cioè, tensioni sui prezzi di petrolio e gas e crisi dell’economia mondiale, non sono più materia di ipotesi ma di semplice constatazione della situazione in atto.
Se questa tendenza verso una crisi energetica mondiale in assenza di alternative alle fonti fossili appare generalmente da tutti accettata, da parte di alcune autorevoli istituzioni si tende ad attribuire la causa della grande attuale volatilità dei prezzi mondiali del petrolio, e conseguentemente del gas, a fattori speculativi legati al mercato dei contratti futures più che ad una reale insufficienza dell’offerta rispetto alla domanda.
In realtà il prezzo del petrolio è sapientemente regolato dall’Opec: se c’è un calo della domanda (ad es. per recessione) o minaccia di riduzione della domanda (ad es. per vasti programmi mondiali di sostituzione del petrolio con energie alternative) il prezzo del petrolio viene fatto scendere, o almeno si tenta, anche se non tutti i paesi Opec rispettano i tagli di produzione programmati.
Non si può certo escludere che la speculazione abbia un ruolo, anche importante nelle attuali difficoltà del mercato; ma la soluzione prospettata, e cioè la creazione di un cartello della domanda che dialoghi e negozi con il cartello dell’offerta una stabilizzazione del prezzo dei combustibili fossili, presupporrebbe la soluzione di un altro e ben maggiore problema: una più completa ed ampia concertazione mondiale dell’economia.
E si intuisce subito quanto tutto ciò sia oggi politicamente arduo.
In ogni caso deriva dall’analisi della situazione la necessità, non eludibile, per i paesi sviluppati, di ridurre i consumi di fonti fossili e, se non si vuole deprimere lo sviluppo economico, di sostituirle con altre fonti (RINNOVABILI e nucleare).