Riassumendo la situazione attuale, circa 8 milioni di b/g di petrolio (greggio e prodotti) sono trasportati via mare all'interno e attraverso il Mediterraneo.
Circa 2/3 di un tale volume di petrolio costituiscono importazioni dell'UE, che raggiungono i paesi membri o direttamente nelle strutture portuali del Mediterraneo, o in porti atlantici e del Mar del Nord attraverso Gibilterra.
La sicurezza dell'APPROVVIGIONAMENTO PETROLIFERO dell'Europa è quindi strettamente associata alla dipendenza dal traffico marittimo mediterraneo; ed è difficile prevedere, considerando anche il ridimensionamento relativo della produzione del Mar del Nord, che tale dipendenza tenda a diminuire negli anni a venire.
Poiché la domanda di petrolio - come indicano le già citate previsioni effettuate dall'IEA e dall'UE - è destinata a raddoppiarsi da qui al 2030, dobbiamo attenderci che il trasporto marittimo cresca di conseguenza.
Se oggi, per il trasporto di 8 milioni di b/g di petrolio nel Mediterraneo (destinati a raggiungere i 9-10 milioni di b/g già alla fine di questo decennio) occorrono non meno di 3.000 shipments l'anno (e altrettanti viaggi di ritorno senza carico), è ragionevole supporre che - a parità di altre circostanze - anche il cabotaggio petroliero da qui al 2030 tenderà a raddoppiarsi in termini di shipments e di navi impegnate.
Su queste previsioni incombe l'incertezza di non poche incognite geopolitiche.
La prima di queste incognite è costituita dai possibili scenari medio-orientali, anche a voler considerare soltanto gli esiti alternativi della crisi attuale. Esse includono, tra l'altro, le prospettive di rotte mediterranee del petrolio mediorientale verso alcuni porti degli USA e dell'Europa continentale.
In secondo luogo, il futuro del traffico petroliero marittimo dipende dall'evoluzione del puzzle caucasico: da essa derivano conseguenze non trascurabili sul volume di petrolio che sarà trasportato nelle acque mediterranee attraverso i Dardanelli, e di quello che verrà caricato nei terminali del Mediterraneo orientale, dopo esservi giunto in pipelines.
Non meno rilevante è l'esito della diversificazione dei modi e delle direzioni di adduzione verso l'Europa delle esportazioni petrolifere della Russia, per la quale, dopo la perdita di alcuni importanti porti ex-sovietici, è divenuto ancor più pressante non essere tagliata fuori dai possibili sviluppi di una rete di trasporto (condotte, terminali e strutture portuali in costruzione o in progetto) che farebbero giungere il petrolio caucasico (e non solo) oltre che sul Mar Nero anche sulla costa del Mediterraneo e del Golfo Persico.
Un altro elemento di incertezza riguarda i mercati orientali, in particolare la Cina, in relazione alla loro capacità di distogliere dalle rotte occidentali una parte consistente dei flussi di esportazione sia del petrolio caucasico che di quello della penisola arabica.
Tratto dal Libro: "Traffico Petrolifero e Sostenibilità Ambientale".
Co-Autore Dott. Giuseppe Mureddu