Dalla promiscuità di interessi non omogenei e di scala diversa, gestiti da gruppi di potere eterogenei (banchieri, economisti, petrolieri, politici) e dopo un decennio di riforme non sempre convincenti la Russia, con una produzione media stimata di 8,4 milioni b/g di greggio nel 2003, si avvia a riconquistare il suo ruolo storico di primo produttore mondiale, pronta ad esportare tutto il greggio possibile in tutti i modi possibili.
I programmi di potenziamento delle infrastrutture nel solo 2004 riguardano una capacità aggiuntiva che supera ampiamente i 500 mila b/g, attraverso:
L'entrata in servizio (già avvenuta) del terminale (OAO Lukoil ) di Vysotskij nel Golfo di Finlandia, per 220 mila b/g di greggio.
Questa è una rassegna sommaria dei programmi immediati o già maturi e avviati, ma essa non può certamente coprire la domanda di infrastrutture di trasporto prevedibile sulla base dei traguardi assegnati allo sviluppo della produzione di greggio per l’esportazione.
Secondo le previsioni correnti, la produzione russa di greggio continuerà a crescere, anche se verosimilmente con un ritmo più contenuto che nel 2003 (+11%), in relazione sia all'apporto di tecnologie innovative, che si è già rivelato decisivo almeno per arrestare il declino produttivo in atto fino alla fine degli anni '90 e che è fortemente sostenuto dal governo per invertire il trend e conseguire i livelli produttivi programmati.
Sarà certamente non trascurabile l’effetto indotto sul flusso degli investimenti dalla riforma fiscale che il governo intende attuare in una congiuntura di prezzi alti, se è vero che la strategia della manovra sulle tasse si concentra sul taglio dei profitti record che le compagnie sono finora riuscite a sottrarre, parrebbe in modo legale, alla tassazione.
Va osservato che il governo russo, almeno nelle intenzioni, si prefigge di stimolare, attraverso un ben articolato sistema fiscale, gli investimenti nell’esplorazione e nello sviluppo della produzione.
Con la sola eccezione di Lukoil, le compagnie russe si sono raramente occupate nell’ultimo decennio di esplorazione, al fine di rinsanguare la consistenza delle RISERVE che stanno rapidamente declinando in volume e qualità.
È diffusa la sensazione che, nonostante tutto, per molte compagnie russe il rapporto RISERVE/produzione è ancora così alto da indurre queste a trascurare le attività di esplorazione.
Tutto questo avviene mentre più del 70% dei campi petroliferi ha raggiunto un livello di capacità produttiva così basso da essere considerato commercialmente marginale, probabilmente anche a causa delle modalità di rapina che hanno contraddistinto la pratica estrattiva nei campi russi, fin dai tempi della seconda guerra mondiale.
Tratto dal Libro: "Traffico Petrolifero e Sostenibilità Ambientale".
Co-Autore Dott. Giuseppe Mureddu