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L'adeguamento della flotta cisterniera: Standard di sicurezza nel trasporto petroliero: un problema di politica marittima ricorrente - Giuseppe Murreddu -

Non nasce oggi la questione degli standard di sicurezza della flotta petroliera: sebbene la tecnologia delle navi cisterna e l'evoluzione delle norme nazionali e internazionali sulla navigazione non sempre abbiano privilegiato l'obiettivo di una maggiore sicurezza, tuttavia esse ne sono state influenzate lungo tutta la storia del trasporto petroliero marittimo.
L'apparente discontinuità, con alternanza di periodi di ristagno tecnologico e invecchiamento della flotta ad altri di rapido rinnovamento, è dovuta al fatto che i cambiamenti di regole e di tecnologia si concentrano di solito in momenti in cui esigenze da tempo latenti vengono a coincidere con interessi emergenti o sono amplificate dalla spinta di eventi fortemente percepiti dall'opinione pubblica.

La nuova normativa dell'UE  che impone la dismissione anticipata delle navi cisterna a scafo singolo, ossia di una gran parte dei tankers  in servizio, è l'esito, non del tutto inatteso, di una serie di circostanze venute a maturare nel corso dell'ultimo decennio: l'invecchiamento cronico della flotta mondiale, la lentezza nell'adeguamento "spontaneo" di una parte consistente degli operatori, i limiti delle convenzioni sulla navigazione marittima, la consapevolezza dell'insufficienza dei controlli, l'esigenza di colmare un divario tra la disciplina vigente nei porti americani e in quelli europei, l'occasione di rivitalizzare la cantieristica internazionale.
E l'iniziativa europea si presenta, al tempo stesso, come una risposta, innanzi tutto politica, alle richieste di intervento  espresse dall'opinione pubblica mondiale sotto la spinta emotiva di due incidenti di gravi proporzioni.

Qualcosa di simile era avvenuto all'inizio degli anni '90, quando la flotta sviluppatasi negli anni '70 iniziava a manifestare segni di invecchiamento e obsolescenza, resi ancora più evidenti dalle nuove regole introdotte dalla MARPOL; anche allora fu la spinta emotiva di gravi incidenti (in particolare quello dell'Exxon Valdez lungo le coste incontaminate dell'Alaska) ad accelerare l'introduzione di nuove misure di sicurezza, di maggiori controlli, di allargamento delle responsabilità e ampliamento della copertura assicurativa, di blocco di programmi di sfruttamento minerario, ecc., oltre che a rafforzare la sensibilità ambientale sia tra la gente comune che tra gli operatori economici.

Ora come allora le reazioni emotive hanno avuto un triplice effetto:
a) la mobilitazione (sia pure provvisoria) delle opinioni pubbliche e dei governi affinché si intervenga concretamente e in termini brevi;
b) la messa a nudo dei fattori strutturali (in primo luogo, la dimensione del traffico e l'età o obsolescenza delle navi) che determinano il rischio di incidenti;
c) l'unanime accordo sull'esigenza, in linea di principio, di garantire il rispetto di regole di maggiore sicurezza al traffico petroliero, ma con forti diversificazioni di punti di vista e approcci di metodo.

Nel contesto dell'analisi di un problema di "policy" - in questo caso la politica di sicurezza del traffico petroliero - può anche essere utile e stimolante il fatto che esistano diverse valutazioni e che queste non solo possano convivere ma anche integrarsi a vicenda .
I risvolti ambientali del cabotaggio marittimo di settore non sono che un aspetto del cosiddetto sustaining shipping, che è appunto una complessa questione di politica economica (o, come più semplicemente si dice, di "policy"), e, in quanto tale, richiede di essere affrontata tenendo conto dei diversi punti di vista esistenti e cercando di aderire ai problemi concreti; e non si limita a questa o a quella caratteristica tecnica dei tankers, né tantomeno al tema del doppio scafo.
D'altra parte la sicurezza sul mare non riguarda solo le navi: strutture portuali e strutture off-shore, terminali, raffinerie, unità di STOCCAGGIO, sono altrettanto a rischio.
Anche nell'affrontare il tema di questo paragrafo, in cui sono necessariamente trattati aspetti specifici, non si è persa di vista la complessità dell'argomento più ampio e le connessione con gli altri aspetti della sicurezza.
Non per niente sia l'analisi delle nuove regole IMO e UE e delle conseguenze che se ne possono attendere, sia la stima del fabbisogno di nuovi vettori, fanno sì riferimento alle caratteristiche attuali della flotta cisterniera, ma sono state condotte nell'ambito delle prospettive a medio termine del ruolo del petrolio, e in particolare del traffico marittimo petroliero, tenendo anche conto della complessità degli interessi in gioco. 

Consistenza complessiva della flotta

In contrasto con l'invecchiamento registrato per almeno un quindicennio a cavallo degli anni 'ottanta, l'attuale flotta petroliera mondiale appare notevolmente rinnovata. 
La sua consistenza complessiva è di circa 3.500 unità e raggiunge un tonnellaggio lordo complessivo di poco inferiore ai 300 milioni di dwt, se si escludono le navi inferiori a 10.000 dwt (navi considerate di piccola stazza, ma che, comunque, costituiscono una componente non trascurabile, raggiungendo il numero di diverse migliaia e un tonnellaggio, intorno ai 15 milioni di dwt). 
La ripartizione della consistenza della flotta tra le vari classi dimensionali del naviglio, è illustrata dalla Tab. 1.

Tab. 1  -  Consistenza della flotta petroliera mondiale (agg. al 30 aprile 2003)

Categoria di stazza lorda

 

Navi

 

 

Tonn. lordo complessivo

                           (dwt)

n.

%

milioni di dwt

%

10-15.000

1.862

54,0

54,0

18,2

50-80.000

285

8,3

18,2

6,1

80-120.000

575

16,7

55,5

18,7

120-200.000

287

8,3

42,1

14,2

200-320.000

412

12,0

117,2

39,4

oltre 320.000

25

0,7

10,2

3,4

Totale

3.446

100,0

297,4

100,0

 


Fonte: The Drewry Monthly, maggio 2003.

Tratto dal Libro: "Traffico Petrolifero e Sostenibilità Ambientale".
Co-Autore Ing. Ugo Bilardo