È parso finora realistico che il rinnovamento dell’industria estrattiva potesse avvenire attraverso l’intervento delle compagnie internazionali, in termini di investimenti e tecnologie, ma il fatto che ciò sia finora avvenuto in un contesto durevole di prezzi alti dovrebbe indurre ad un più cauto ottimismo. Sono molti i nodi da risolvere prima che possa considerarsi durevole l’impegno in Russia di compagnie come Shell, ExxonMobil, ConocoPhillips, etc..
Un primo passaggio importante è quello relativo al regime contrattuale che, secondo le aspettative delle grandi compagnie, dovrebbe ricondursi ad accordi del tipo PSA (Production Sharing Agreement), strutturalmente disegnati a garanzia degli interessi degli investitori esterni.
La posizione governativa si è manifestata in un diverso orientamento, provvedendo già a limitare nel 2003 l’applicazione dei contratti PSA a progetti di particolare difficoltà, quali quelli relativi all’estrazione nell’off-shore artico, e invitando le compagnie internazionali ad aderire al regime di royalties e di tassazione vigente, così com’è stato riformato negli ultimi anni.
Se questa è la posizione ufficiale delle autorità russe, esse non possono non preoccuparsi, nella eventualità di un ridimensionamento delle quotazioni di mercato del greggio, del drastico abbattimento di attrattive che verrebbe a penalizzare le prospettive degli investimenti internazionali in Russia.
E di investimenti c’è assoluto bisogno, anche in relazione alla costruzione delle infrastrutture per il trasporto del greggio sui mercati di grande consumo.
Su questo punto, in particolare, si innesta il problema della proprietà delle linee di trasporto per l’esportazione.
Anche nel settore delle infrastrutture, l’esito delle innumerevoli e pluriennali trattative rimarrà incerto, fino a quando non sarà chiara e condivisa la definizione di ruoli e diritti degli investitori privati, che siano russi o stranieri.
La posizione ufficiale del governo assegna allo Stato il pieno controllo sulle pipelines e sulle reti, specie sulle linee di esportazione. Ne consegue materialmente che alla compagnia di stato Transneft spetta la costruzione delle linee e che esse sono di proprietà dello Stato, sulla base del principio secondo il quale le linee di TRASMISSIONE strategica coinvolgono la sicurezza del paese e il suo ruolo nel campo delle relazioni internazionali.
Ne consegue anche, però, che Transneft rimarrà l’operatore dominante in assoluto della rete di esportazione del petrolio russo e arbitro dell’accesso ad essa. Mentre le compagnie russe, tra queste anche Yukos, hanno finora mostrato di non farne un problema, le compagnie internazionali si riconoscono soltanto in un assetto del sistema che sia soggetto a regolazione, in cui la proprietà sia degli investitori privati e allo Stato spetti il ruolo di regolatore dell’accesso e delle tariffe.
Si tratta di vedere, poi, come i programmi di sviluppo della produzione di olio e gas potranno risultare coerenti, in localizzazione e capacità, con la mappa delle linee di esportazione tracciate sia in direzione dell’Europa che in direzione del Sud-Est asiatico.
Si deve far osservare, a questo proposito, che gli orizzonti estremi delle esportazioni petrolifere russe, a seguito ed in relazione ai conflitti che pervadono il Medio Oriente e, in particolare, i Paesi del Golfo, ma anche in ragione del principio condiviso di far fronte comune contro il terrorismo, si spingono ormai fino al Golfo del Messico (Houston, Texas) a occidente, e fino ad inglobare la Corea del Sud ad oriente.
In particolare, l’idea di utilizzare il greggio russo per alimentare le scorte strategiche statunitensi era già stata lanciata da TyumenOil, in occasione del Summit Usa-Russia sull’Energia dell’ottobre 2002 già citato, in una prospettiva di alimentazione delle scorte ancora più ambiziosa, con cui si proponeva la costituzione di scorte strategiche globali da localizzare in Nuova Scozia, Singapore e Sud Africa per stabilizzare i mercati internazionali.
Tratto dal Libro: "Traffico Petrolifero e Sostenibilità Ambientale".
Co-Autore Dott. Giuseppe Mureddu