In relazione alla natura degli effetti prodotti e al campo di azione prevalente, può essere utile distinguere vari tipi di impatto.
Innanzi tutto può prendersi in considerazione l'impatto per così dire fisico sulle acque, sia superficiali che profonde, e il grado di penetrazione dell'olio nel fondale marino e nel substrato dei vari tipi di costa.
In secondo luogo esiste un importante impatto biologico che si realizza talvolta con manifestazioni complesse e non del tutto note, oggetto di numerosi studi specialistici sulla flora e la fauna marine e costiere.
Un aspetto oggi studiato con maggiore approfondimento che in passato è l'orizzonte temporale degli effetti.
Troppo spesso ci si è limitati ad osservare l'evidenza delle conseguenze immediate, trascurando un'ampia gamma di effetti ritardati, alcuni dei quali di rilevanza cruciale, come quelli, ad esempio, che indeboliscono la capacità di auto-depurazione e di trofismo di alcuni ambienti marini dallo scarso ricambio, che interessano l'intera catena alimentare di un ECOSISTEMA, e, in generale che rischiano alla lunga di creare irreversibilità.
Va infine considerato l'impatto sull'uomo e sull'ambiente antropico.
Oltre alle conseguenze sull'incolumità dll’equipaggio e di terzi coinvolti in incidenti navali, e all'impatto sul complesso delle attività economiche (pesca, acquacoltura, turismo, ecc.), può essere considerata la perdita di fruibilità di risorse naturali anche non sfruttate economicamente, intesa come riduzione della qualità della vita: ad esempio, le conseguenze negative sul paesaggio, che è un bene naturale a tutti gli effetti, ma che viene percepito come valore antropico.
Tratto dal Libro: "Traffico Petrolifero e Sostenibilità Ambientale".
Co-Autore Dott. Giuseppe Mureddu