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Petrolio, carbone, gas naturale. Tutte queste fonti hanno lunghi periodi di rigenerazione molto superiori ai tassi di consumo che ne condizioneranno l’uso attuale e futuro.

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Il costo degli oil spills: definizioni, stime, evoluzione - Ugo Bilardo -

Il costo di un oil spill è oggetto di definizioni diverse: alcune di esse si limitano a considerare, oltre al valore del petrolio perduto e il danno o la perdita della nave, il costo di clean up (rimozione dell'olio versato e pulizia delle coste inquinate); altre vi includono danni economici arrecati all'esterno; altre tengono conto anche dell'insieme dei danni alle risorse naturali, siano queste sfruttate economicamente oppure no.

Conseguentemente il costo di un oil spill non può essere definito una volta per tutte.

Poche voci di costo sono generalmente accolte nell’ambito delle azioni giudiziarie finora intraprese, il resto è costituito da componenti più saltuarie e incerte, o ancora da elementi di valutazione che, pur essendo concettualmente corretti, non hanno grande rilevanza pratica.

Una classificazione eclettica, e forse per questo largamente accettata, è quella che distingue tra costi diretti, costi indiretti e nascosti, e costi di ripristino del patrimonio ambientale.

I primi, - generalmente riconosciuti nelle controversie giudiziarie o nei conteggi dei vari Fondi di compensazione che operano a livello internazionale sono costituiti da:

a) costi di intervento, che includono recupero e trasbordo, contenimento e protezione di aree sensibili, raccolta a mare del petrolio versato, clean up, STOCCAGGIO del residuo dell'olio recuperato;

b) risarcimento terzi per danni alla proprietà, danni alle persone e mancato reddito (pesca, acquacoltura, turismo, ecc.);

c) spese legali, che comprendono quelle processuali e per documentazione, studi, ecc, oltre che le eventuali multe erogate da autorità nazionali o regionali;

d) altri costi diretti, tra cui vanno inclusi il valore del petrolio perduto e quello della nave perduta o danneggiata.

I costi indiretti sono costituiti dalle spese per aumentare la produttività, incentivare e riaddestrare il personale dopo un incidente; i costi nascosti, non sempre quantificabili sul mercato, comprendono l'aumento dei costi di assicurazione, l'interruzione di attività, il costo di sosta della nave ormeggiata in cantiere, la perdita di immagine pubblica, l'onere di maggiori ispezioni, la riduzione della vita della nave e degli impianti, e il calo delle quotazioni in borsa.

Resta infine da considerare il costo per il ripristino delle risorse naturali, che è di definizione più incerta, data anche l'incompleta conoscenza sia dello stato naturale dei luoghi prima dei versamenti, sia della totalità degli effetti dell'INQUINAMENTO.

Limitandoci alle componenti che finora hanno avuto una qualche rilevanza pratica, può essere menzionata la riabilitazione di specie di flora e fauna costiera (in particolare avicola).

Si tratta di un ambito che finora è stato oggetto di scarsa considerazione in campo internazionale, ma che - come indicano le tendenze nell'applicazione della normativa ambientale negli USA - tende ad espandersi, inglobando il ripristino di risorse naturali danneggiate, siano esse sfruttate o no, l'eliminazione di pericoli alla salute umana, i danni alla BIOMASSA non commerciabile.

Rispetto all'ampia articolazione indicata, va detto che, anche nelle controversie internazionali più note, trovano riscontro concreto soltanto alcune voci di costo, come è mostrato dalla figura seguente che si riferisce all’incidente dell’Amoco Cadiz, che pure rappresentò un momento di notevole ampliamento della gamma dei costi riconosciuti.

Le tendenze più recenti, a partire dai versamenti dell'Exxon Valdez fino ai più recenti della Nakhodka e dell'Erika, indicano un cambiamento in corso.

Se anche il costo di oil spill viene inteso riduttivamente come semplice clean up cost, esso varia considerevolmente da un caso all'altro, dipendendo dagli elementi già indicati in precedenza (in particolare dal tipo di greggio, dall'entità e dalla localizzazione del versamento).

Già agli inizi degli anni 'ottanta secondo stime relative ad esperienze accertate, il costo per tonnellata di petrolio versato, aveva un campo di variazione tra 5 dollari (in alto mare e in condizioni climatiche favorevoli) a 30-40.000 dollari (in aree costiere e con popolazione sensibilizzata).

Queste cifre sono andate crescendo sia per i nuovi obblighi imposti, sia per l’aumentata severità dei giudizi presso le corti, e oggi appaiono estremamente basse, anche se trasformate in prezzi attuali.

Sebbene spesso in passato i risarcimenti siano stati in parte elusi, non si tratta di voci di costo occasionali o marginali, ma al contrario sistematiche, che non possono non essere considerate nella valutazione del rischio finanziario; e, nella misura in cui sono definibili quantitativamente, divengono rilevanti nella determinazione dei costi unitari di esercizio.

Una forte accelerazione si registrò tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 con gli incidenti Amoco Cadiz (1978) e Tanio (1980), che da soli avevano avuto un costo complessivo di almeno 250 milioni di $, con un costo medio per tonnellata versata superiore ai 1.000 dollari.

Ma è soprattutto il caso dell'incidente Exxon Valdez in Alasca (1989), che ha reso definitiva la tendenza ad una levitazione dei costi, e ha costituito un’indicazione e un monito per il resto gli anni 'novanta: il costo sostenuto dalla Exxon per clean-up e altri interventi immediati è stato di almeno 2-3 miliardi di US $, mentre quello complessivo (inclusi costi indiretti e nascosti) è stato stimato pari a 10 miliardi, che corrispondono a un costo medio per tonnellata di petrolio versato rispettivamente di 60-80.000 e 285.000 US $.

In seguito a quest'ultima valutazione - che ha implicato un onere complessivo pesante anche per una delle majors petrolifere, e che anche nell'accezione più limitativa del concetto di costo ha comportato una spesa di diversi miliardi di dollari - si è resa necessaria una riflessione sull'adeguatezza sia dei criteri di stima dei costi di un grande oil spill, sia della valutazione dei rischi finanziari che esso comporta.

Recentemente l'andamento dei costi non ha dato segni di rallentamento, pur non ricorrendo alcune circostanze di eccezionalità che avevano caratterizzato il versamento sulla costa dell'Alasca. Spiccano, in particolare, due incidenti: quelli alla Nahodka nel 1997 e all'Erika nel 1999.

Il costo complessivo del primo è stato stimato pari a circa 230 milioni di US $, quello del secondo a 310 milioni, il che corrisponde in entrambi i casi a circa 15.000 dollari per tonnellata versata.

L'incidente occorso alla Prestige nel 2002 sembra aver comportato costi/T anche superiori.

In conclusione, sia i costi di clean up, sia le altre categorie di costo associate agli oil spills sono cresciuti notevolmente negli ultimi decenni.

Anche la forbice dei costi medi sembra oggi risultare ulteriormente cresciuta, dal momento che stime recenti indicano in pochi dollari il limite inferiore del costo per tonnellata e quello superiore in oltre 80.000 $.

Non certo minore è la variabilità della valutazione quando si passa a considerare anche il costo del risarcimento di danni economici esterni.

Con riferimento a danni relativi soltanto a risorse sfruttate commercialmente, i casi legali finora esperiti indicano valori che possono raggiungere decine di migliaia di dollari per tonnellata di petrolio versato.

Se poi il quadro si allarga fino a comprendere anche le risorse naturali non sfruttate commercialmente (ambientali), il rischio finanziario per tonnellata metrica di petrolio assume valori ben più alti.

A titolo puramente indicativo, alcune stime recenti relative agli USA sono riportate nella seguente tabella.

Sebbene le cifre più elevate indicate nella tabella, si riferiscano prevalentemente, come si è detto, agli USA (dove, in seguito all'applicazione dell'OPA, vige un regime più severo rispetto alle regole delle convenzioni internazionali) e ad incidenti particolarmente gravi, si tratta di indicazioni significative di una tendenza generale.

Quanto ai costi medi per T di petrolio versato, occorre invece maggiore prudenza, perché il passaggio dalla scala regionale a quella mondiale non è scontato, e il campo di osservazione e il metodo di stima possono portare a risultati tanto diversi da rendere inaffidabile l'uso di valori medi per effettuare confronti.

Tratto dal Libro: "Traffico Petrolifero e Sostenibilità Ambientale".
Co-Autore Dott. Giuseppe Mureddu