Forse non si ha ben chiara l'assurda e precaria condizione del nostro sistema elettrico: la gravosa dipendenza dal gas METANO, che è fonte del 57% della produzione elettrica nazionale, contribuisce in maniera rilevante a determinare un costo del 35% maggiore per la bolletta elettrica rispetto alla media europea.
Neppure Russia e Regno Unito, che detengono ed estraggono consistenti quantità di METANO sul proprio territorio, ne usano una percentuale così elevata per produrre l'elettricità a casa loro.
In Italia, pertanto, è insostenibile pensare di raggiungere nel 2020 l'obiettivo del 20% di produzione da fonti RINNOVABILI, se non attraverso un ulteriore e consistente aumento dei costi, inevitabilmente ancora a carico dei consumatori.
Se è pur vero, infatti, che le installazioni dei pannelli fotovoltaici possono rappresentare un'interessante ricaduta a livello occupazionale di tecnici specializzati, è altresì vero che il maggior costo da sostenere per produrre questa elettricità, dovrà essere pagato dai contribuenti, sotto forma di incentivi di Stato, ben “mascherati” per l’opinione pubblica sotto la definizione “Conto Energia”.
In base alle tecnologie attuali ogni megawatt di potenza elettrica resa disponibile con il FOTOVOLTAICO costa 6 milioni di euro: significherebbe impegnare un capitale per l’investimento di circa 80 miliardi di euro se si volesse generare con il FOTOVOLTAICO i 1.980 MWe della centrale in progetto a Porto Tolle (tuttavia senza raggiungere neppure lontanamente la stessa garanzia di disponibilità dell’elettricità quando ci serve, nonché di EFFICIENZA ENERGETICA) che, invece, con la conversione a carbone costerebbe "solo" 2,2 miliardi di euro, realizzando peraltro un investimento di interesse nazionale e con la garanzia di disponibilità del prodotto finale costante e quando serve.
Dove prendere, allora, le risorse necessarie al FOTOVOLTAICO e alle fonti RINNOVABILI, per raggiungere gli obiettivi imposti all’Italia?
La risposta è ancora "dai contribuenti".
Ma prima bisogna creare le premesse per la riduzione del costo dell’elettricità di base (quella che serve tutti i giorni per tutte le attività sociali ed industriali), in modo da liberare, così, le risorse che oggi sperperiamo utilizzando i combustibili più costosi (petrolio e METANO) per destinarle al finanziamento della ricerca per lo sviluppo delle fonti RINNOVABILI.
Occorre guardare, quindi, ai Paesi che hanno preceduto l'Italia lungo la strada delle RINNOVABILI. Paesi come Germania, Danimarca, Spagna, Grecia, Giappone: tutti questi sono chiari "esempi di sostenibilità", raggiunti grazie ad un equilibrato "Mix delle Fonti Energetiche", dove il Carbone ed il Nucleare svolgono un ruolo primario e fondamentale, perché assicurano ai cittadini di quei Paesi dal 50 all'80% dell'energia elettrica necessaria al loro benessere.
Riconoscendo quanto sia precaria e delicata la situazione dell'Italia per la quasi assoluta mancanza di risorse naturali disponibili, il nostro Paese trova un singolare parallelo solo con il Giappone, dove tuttavia si investe nelle RINNOVABILI perché il “Mix Energetico” è differenziato ed equilibrato: 29% carbone, 25% nucleare, 24% gas, 11% olio combustibile, il resto fonti RINNOVABILI.
E se guardiamo agli Stati Uniti di Barack Obama, che per superare la recessione puntano a realizzare un "New Deal verde" attraverso investimenti nelle RINNOVABILI, bisogna ricordare che gli USA - diversamente dall'Italia "a tutto gas" – potranno sostenere tale strategia perché partono da un sistema energetico in cui il carbone è la fonte del 50% della produzione elettrica e il nucleare per il 19%.
Nel confronto Stati Uniti e Italia, così, il conto è che nel 2007, secondo i prezzi medi rilevati dall'Energy Information Administration, nell'Italia "a tutto gas" l'energia elettrica costava ai consumatori domestici (in media, per kWh) 0,258 dollari, e a quelli industriali 0,237 dollari.
Negli Stati Uniti, invece, i costi medi per kWh sono stati 0,106 dollari per le famiglie e 0,064 per le imprese.