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Cattura e immagazzinamento dell'anidride carbonica: C.C.S. (“Carbon Capture & Storage”) - Rinaldo Sorgenti -

L'isolamento della CO2 è ritenuto negli ultimi anni auspicabile, per evitare di rilasciare questo gas nell'atmosfera e così contribuire all'EFFETTO SERRA.

Nonostante l'elevata EFFICIENZA dei moderni impianti, la combustione del carbone produce una elevata quantità di ANIDRIDE CARBONICA e questo è considerato un problema.

Recentemente  numerosi studi, esperienze e la realizzazione di numerosi prototipi in tutto il mondo, cercano di rendere possibile l'economicità della cattura e dello STOCCAGGIO dell'ANIDRIDE CARBONICA (CCS) emessa dalle centrali elettriche a carbone.

Nel caso di sua applicazione, ovviamente, questa tecnica dovrebbe, per logica, essere applicata alle emissioni di CO2 anche dalle centrali alimentate da altri combustibili (METANO, olio combustibile, biomasse), nonché a tutti i maggiori processi produttivi industriali (es.: produzione acciaio, cemento, carta, vetro, metalli, ecc.). Una volta catturata, l’ANIDRIDE CARBONICA (CO2) verrebbe “sequestrata” per migliaia di anni in formazioni geologiche profonde.

Il carbone pulito (tecniche di CCT – “Clean Coal Technologies”)
Si è cominciato a parlare di “carbone pulito” nei primi anni del nuovo secolo, soprattutto come applicazione delle moderne tecnologie per ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera, anche se tali nuove tecnologie consentono altresì di significativamente ridurre le emissioni inquinanti quali: NOx, SO2, CO ed il Particolato.

E’ stato menzionato dal Presidente George W. Bush al Congresso USA in svariate occasioni. La posizione di Bush è che le tecnologie del “carbone pulito” dovrebbero essere incoraggiate come un mezzo sostenibile per ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dal Petrolio di importazione.

La senatrice Hillary Clinton recentemente ha detto che gli USA dovrebbero fare degli investimenti per trovare delle forme non convenzionali di energia, come le RINNOVABILI e il carbone pulito.

Conseguentemente, gli Stati Uniti nel 2003 hanno finanziato il progetto “FutureGen”, per la costruzione di una centrale “IGCC” ad emissioni zero, con un investimento di 1 miliardo di dollari. La stessa politica è ora perseguita dal nuovo Presidente USA Barack Obama che ha riconosciuto come il suo Paese non possa fare a meno della significativa produzione di elettricità da carbone (che contribuisce per circa il 50% della generazione elettrica negli USA) per poter sostenere l’occupazione, il benessere e lo sviluppo del Paese più avanzato nel mondo.

Nello stesso tempo, il Presidente Obama ha riconosciuto la necessità di continuare ed assicurare la generazione elettrica anche da nuove centrali nucleari, oltre a sostenere la ricerca e lo sviluppo delle fonti RINNOVABILI (solare ed eolico), soprattutto in una prospettiva a medio e lungo termine.

Pertanto, oltre agli investimenti a livello mondiale nel “carbone pulito” con tecnologia “IGCC” (che al momento è però ancora costosa e consente un’efficienza di conversione inferiore), in Italia sono stati avviati dal 2003 investimenti nelle tradizionali tecnologie di combustione del carbone nei cicli “a vapore” del tipo PCC (Pulverized Coal Combustion), ma con l’applicazione di nuove e moderne CALDAIE Ultra-Super-Critiche (USC), che consentono di significativamente aumentare l’efficienza di conversione elettrica, quindi riducendo l’uso del combustibile a parità di energia prodotta.

Ne è un esempio la modernissima centrale termoelettrica realizzata recentemente nell’area di Civitavecchia (Tor Valdaliga Nord), un gioiello al top della tecnologia mondiale per questo settore. Ulteriori progetti sono stati recentemente presentati - ed alcuni già autorizzati dal Ministero dell’Ambiente - per nuovi impianti di generazione elettrica a carbone che impiegano queste tecnologie USC, tra i quali: Vado Ligure (SV), Fiumesanto (SS), Porto Tolle (RO) E Saline Joniche (RC).

Tutti impianti opportunamente localizzati in riva al mare, per consentire un loro agevole rifornimento del combustibile via nave e per beneficiare dell’ampia disponibilità di acqua (dal mare) per il raffreddamento degli impianti durante il loro esercizio.

Questa tendenza è quanto mai opportuna perché consente, parzialmente, di:

  • rimodulare ed equilibrare il “Mix delle Fonti” per la produzione di elettricità nel nostro Paese, notoriamente gravemente sbilanciata verso gli idrocarburi (METANO e olio combustibile), con la conseguenza di esporre l’Italia ad un significativo maggiore rischio per la sicurezza degli gli approvvigionamenti energetici;
  • creare le condizioni per una riduzione del costo dell’elettricità che, nel nostro Paese, è significativamente maggiore (+35% circa) rispetto alla media Ue27 ed a quello di tutti gli altri Paesi più ricchi e sviluppati d’Europa (Francia, Germania, U.K., Spagna, Olanda, Danimarca, Svezia, ecc.) e del Mondo (USA, Giappone, Canada, Corea del Sud, Australia, ecc.), indispensabile per sostenere la competitività (e quindi l’occupazione) del nostro sistema Paese.

I nuovi moderni impianti termoelettrici a “carbone pulito” (USC) comprendono anche tecnologie particolarmente avanzate (denitrificatori, desolforatori e filtri a maniche per la captazione delle polveri) molto efficaci, che consentono una significativa riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera (NOx, SO2, CO ed il Particolato), normalmente a valori inferiori del 50% rispetto ai più restrittivi limiti imposti dalle recenti normative previste per questi impianti nella Ue27.

Inoltre, aumentando l’efficienza di conversione elettrica di questi impianti (da un valore medio dei vecchi impianti del 36% ad uno del 45%), si ottiene una riduzione di circa il 25% nell’uso del combustibile bruciato e, conseguentemente ed in egual misura, anche delle emissioni di CO2 in atmosfera, ben oltre agli obiettivi previsti dal PROTOCOLLO DI KYOTO e dal successivo “Pacchetto Ue clima-energia: 20-20 al 2020”.