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Le tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS) per l'impiego sostenibile dei combustibili fossili - Giuseppe Girardi

La necessità di aggiornare le politiche energetiche a livello globale per fronteggiare efficacemente le modificazioni climatiche è ormai unanimemente considerata una priorità, così come è unanimemente condiviso che occorra un approccio integrato, operando sul lato dell’uso dell’energia e su quello della produzione: ciò richiede di accelerare la transizione verso una economia non più basata sui combustibili fossili, ma sull’incremento dell’efficienza – lato domanda e lato offerta – e sulle fonti RINNOVABILI, contestualmente puntando nel medio periodo a nuove tecnologie per l’impiego dei fossili che consentano l’abbattimento delle emissioni di ANIDRIDE CARBONICA: sono le cosiddette  tecnologie di cattura e STOCCAGGIO della CO2 (CCS).

Un recente studio della IEA (International Energy Agency) mostra come la domanda di energia nel mondo crescerà del 45% da oggi al 2030 – un tasso medio di incremento del 1.8%/anno – con il ricorso al carbone per più di un terzo della crescita totale; inoltre, il 97% dell’incremento previsto delle emissioni da oggi al 2030 (38 Gt CO2) proviene dai Paesi non OECD, di cui tre quarti da Cina, India e Paesi del medio Oriente. Se non si interviene rapidamente, le emissioni di CO2 passeranno dalle 28 Gt del 2005 a 62 Gt nel 2050.

E’ una analisi condivisa anche dal Carbon Sequestration Leadership Forum (CSLF), iniziativa internazionale volta a sviluppare le tecnologie CCS favorendone la più ampia applicazione industriale: vi partecipano 24 membri (23 Stati - Paesi sviluppati ed in via di sviluppo - e la EU) che rappresentano il 58% della popolazione mondiale, il 70% della produzione ed il 75% del consumo di energia, il 76% delle emissioni di CO2 ed il 78% del PIL mondiale.

Le scelte politiche e di R/S/D nel settore dell’energia sono, dunque, condizionate da due “dati di fatto”: come ha ribadito il Ministro dell’energia americano e premio Nobel Steven Chu nella riunione del CSLF a Londra dello scorso 13 Ottobre, i detentori delle maggiori RISERVE di carbone (in ordine decrescente: USA, Russia, Cina, Australia, India, Sud Africa, Ukraina, ..) non potranno rinunciare al carbone nei prossimi tempi; parallelamente, si prevedono tempi lunghi per lo sviluppo e diffusione a costi competitivi delle tecnologie intrinsecamente ad emissioni zero e per una loro massiccia penetrazione.

Non vi è dubbio circa le priorità: innanzitutto l’EFFICIENZA ENERGETICA, la più grande risorsa energetica disponibile, e le fonti RINNOVABILI; ma, per quanto detto, risulta cruciale accelerare l’IMPIEGO SOSTENIBILE DEI COMBUSTIBILI FOSSILI - da intendere come fase di transizione verso una economia “carbon free” - con il ricorso alle tecnologie di “CARBON CAPTURE AND STORAGE (CCS) che comprendono tre diverse fasi:
a) la cattura dell’ANIDRIDE CARBONICA dagli impianti di generazione elettrica e dai processi produttivi;
b) il trasporto, in genere via pipeline, fino al sito di STOCCAGGIO;
c) lo STOCCAGGIO definitivo, in siti geologici oppure mediante trattamenti chimici.

Se si considera lo scenario cosiddetto “BLUE Map” di IEA che pone l’obiettivo di ridurre entro il 2050 le emissioni di CO2 a 14 Gt, con un dimezzamento rispetto ai livelli attuali (a fronte della crescita tendenziale prima ricordata fino a 62 Gt), occorre intervenire con un insieme di misure atte ad evitare l’emissione di 48 Gt di CO2: in questo quadro  le CCS giocano un ruolo essenziale contribuendo per circa il 20%, come si rileva dalla figura seguente (fonte IEA) che sintetizza il contributo che le varie tecnologie - CCS, nucleare, RINNOVABILI, EFFICIENZA - possono dare per l’ottenimento di quell’obiettivo.

Il livello dello sviluppo delle tecnologie CCS è tale che esse sono già oggi disponibili - seppure a costi elevati - per applicazioni industriali volte a dimostrare la possibilità di generare elettricità da combustibili fossili con emissioni di CO2 prossime allo zero.

Relativamente alla cattura della CO2 esistono sostanzialmente tre metodi, applicabili alle centrali alimentate con i vari combustibili, principalmente carbone e anche gas:
1) Post-combustion. Prevede la cattura dell’ANIDRIDE CARBONICA dai gas combusti, quindi al termine del ciclo; si ha il vantaggio di poterla applicare anche a centrali esistenti, ma si tratta comunque di procedimenti costosi e molto complessi.
2) Oxy-combustion. È una tecnologia molto studiata per il carbone che non brucia con aria ma con ossigeno (o aria molto arricchita): in questo modo si aumenta enormemente la concentrazione di CO2 nei gas combusti e si rende più facile la sua cattura e separazione.
3) Pre-combustion. E’ la più promettente nel medio-lungo periodo e consiste nel catturare la CO2 prima della combustione. Nel caso del carbone, il combustibile viene preventivamente gassificato trasformandolo in syngas (gas di sintesi) il quale viene successivamente trattato con processi di purificazione e quindi di separazione in due flussi gassosi: un gas ad alta concentrazione di IDROGENO destinato alla combustione (o and altri usi), ed ANIDRIDE CARBONICA.

Ad oggi non è possibile indicare quale sarà la tecnologia di cattura più promettente per gli impieghi futuri: l’esercizio degli impianti dimostrativi (dei tre tipi) in costruzione in varie parti del mondo consentirà di verificare la possibilità di passare alla fase commerciale dal 2020; proseguono parallelamente le attività di R&D per ridurre ulteriormente i costi di cattura ed incrementare l’efficienza complessiva in vista di un impiego sempre più massiccio.

Le tecnologie per il trasporto della CO2 dai punti di produzione a quelli di STOCCAGGIO sono abbastanza affidabili e testate, ma è necessario sperimentare sistemi integrati di scala commerciale. Il metodo più affermato consiste nel pompare la CO2 attraverso pipelines, ma si sta studiando anche  il trasporto di CO2 liquefatta in navi cisterna.

Per quanto riguarda lo STOCCAGGIO della CO2 esistono varie possibilità:
a) il confinamento geologico in formazioni saline profonde, in pozzi esauriti di petrolio-gas, in strati di carbone o in campi geotermici non sfruttabili;
b) l’impiego a fini produttivi utilizzando le tecniche EOR e EGR (Enhanced oil e Gas Recovery), che prevedono l’iniezione di CO2 in pozzi operativi di petrolio o gas per aumentarne la produttività, oppure ECBM (Enhanced Coal Bed Methane) basata sull’iniezione di CO2 in giacimenti carboniferi non sfruttabili con contemporanea liberazione di METANO;
c) la biofissazione consistente nella produzione di BIOMASSA ove viene fissata la CO2 grazie all’energia solare: forestazione, utilizzo di microalghe o ciano-batteri e formazione di idrati; 
d) confinamento mediante reazione chimica che comporta la mineralizzazione della CO2.
Anche se il confinamento geologico rappresenta la soluzione di gran lunga più vantaggiosa dal punto di vista delle quantità di CO2 stoccabile, occorre verificarne completamente potenzialità e sicurezza di STOCCAGGIO per tempi lunghi con attività dimostrative su larga scala. Molti programmi sono già in corso e i risultarti finora conseguiti, unitamente alle conoscenze scientifiche, inducono ad un grande ottimismo circa la stabilità nel tempo della permanenza della CO2 e la sicurezza rispetto ad altri impatti ambientali. In ogni caso è necessario promuovere la “public acceptance” con attività informative assolutamente corrette e con il coinvolgimento delle popolazioni.

A livello internazionale sono ormai definiti, in maniera unanime, i punti chiave da affrontare sia sul piano dello sviluppo delle tecnologie e della loro commercializzazione a costi sostenibili, che sul piano della normativa e della conquista di un adeguato consenso sociale. A livello europeo la piattaforma tecnologica ZEP sta svolgendo un ruolo essenziale per indirizzare la politica comunitaria verso la dimostrazione in tempi brevi delle tecnologie CCS con un coinvolgimento rilevante dei singoli Stati. Su scala mondiale un ruolo determinante continua ad essere svolto dal CSLF e dalla IEA, che sono stati coinvolti congiuntamente dal G8 per elaborare proposte poi approvate nel corso delle riunioni governative: la tendenza è ormai di inserire a pieno titolo le tecnologie CCS fra le misure da adottare per poter conseguire gli obiettivi del post-Kyoto di ulteriori riduzioni delle emissioni della CO2.

Gli obiettivi delle attività nei prossimi anni si possono così sintetizzare:
- abbassare il costo della CO2 evitata a valori < 20 €/tCO2;
- ridurre i costi di investimento e di esercizio degli impianti CCS;
- ridurre l’energia aggiuntiva richiesta per l’applicazione delle tecnologie CCS;
- ottenere elevata disponibilità in termini di ore/anno di esercizio;
- favorire la public acceptance.

Una spinta ulteriore in questa direzione è venuta dalla recente riunione a Londra del CSLF e dal meeting dei Ministri dei Paesi aderenti al CSLF conclusosi con una importante risoluzione che avrà positivi effetti sulla applicazione industriale di tali tecnologie e ripercussioni anche al COP 15 di Copenhagen. I Ministri, sottolineando l’importanza delle CCS per combattere le alterazioni climatiche, sostengono la necessità di accelerare la realizzazione di impianti industriali dimostrativi, almeno 20 nel mondo entro il 2020, e si impegnano ad avviare  iniziative di supporto anche finanziario al fine di favorire la realizzazione di tali progetti.

L’Italia è ormai in linea con questa strategia, come confermato a Londra dal Ministro Scajola - il quale ha anche siglato un accordo di cooperazione con la UK che, dopo quello di Roma con gli USA, pone le condizioni per la partecipazione della nostra industria e di tutto il sistema paese alla competizione specialmente nei mercati orientali e delle economie emergenti – e come è  indicato nella Legge 23 luglio 2009, n. 99 ("Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”) che prevede, fra le altre cose, iniziative e supporto finanziario per promuovere la ricerca e la sperimentazione nel settore della cattura e confinamento dell'ANIDRIDE CARBONICA emessa dagli impianti termoelettrici, la realizzazione di progetti dimostrativi, e specifiche iniziative industriali centrate nell’area carbonifera della Sardegna.
Nel nostro Paese esistono le condizioni tecniche ed il know how necessario per avviare un programma nazionale al passo con i tempi e coordinato con le iniziative europee ed internazionali.
Molti progetti sono in corso, altri sono in fase di avvio, con un forte protagonismo del sistema pubblico della ricerca.