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Le centrali nucleari. L'energia che scaturisce dal bombardamento dell'uranio con neutroni. Il processo di 'fissione/fusione nucleare'. Il problema della radioattività e delle scorie.

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Breve introduzione all'energia nucleare - Carlo Lombardi -

1. Introduzione

La strategia energetica al giorno d’oggi deve dare una risposta positiva alle seguenti problematiche:

• Uso razionale delle risorse energetiche;
• Contenimento dell’impatto ambientale;
• Il cambiamento del clima;
• Produzione dell’energia utile a costi contenuti;
• Uso razionale della risorsa terra;

e l’energia nucleare può farlo, attenuando le preoccupazioni crescenti associate ad un uso esteso dei combustibili fossili.

La maggior sfida che dovremo affrontare nel futuro è come generare l’energia per l’umanità. Infatti, il miglioramento del livello di vita di una crescente popolazione mondiale comporterà un aumento considerevole dell’energia necessaria nei prossimi cinquant’anni. Questa crescerà non meno di due volte rispetto al valore attuale e come produrla sarà un’impresa formidabile. I combustibili fossili possono forse coprire questo aumento, ma è prevedibile che ci siano nei loro confronti delle forti limitazioni sia per le loro disponibilità, sia per i loro effetti ambientali. Di questo si accennerà più sotto. Le potenziali fonti energetiche alternative che possono dare un contributo significativo sono: la BIOMASSA, il nucleare da fissione, l’eolico, l’idroelettrico, il solare. Ma ognuna di esse ha dei limiti intrinseci. Ad esempio, se si volesse con la BIOMASSA coprire due terzi di questo aumento, si dovrebbe destinare a tale produzione proporzioni inaccettabili di tutta la  terra coltivabile. Il che è chiaramente assurdo. L’eolico, il solare e l’idroelettrico residuo non potranno che coprire grosso modo un terzo di questo. E se il resto lo si volesse coprire con il nucleare occorrerebbe un gran numero di nuovi impianti, che è impossibile realizzare in tale lasso di tempo.
Se le cose stanno così, saremmo in una situazione al limite dell’impossibile e tale da sollevare non poche preoccupazioni per il futuro. Tuttavia, il dire che il nucleare non ce la potrà fare non significa che lo si debba abbandonare, anzi è proprio vero l’opposto e cioè più se ne fa meno preoccupante diventa la situazione. Quello che risulta evidente è che del nucleare non se ne può proprio fare a meno E’ veramente un bel ribaltamento della convinzione di molti che il nucleare sarebbe stato solo una meteora, perché poi tutto si sarebbe risolto con le energie RINNOVABILI.
Non esiste un’energia che non influenzi l’ambiente. Ciò è scontato ed è ben compreso dall’opinione pubblica soltanto per quanto riguarda l’energia da combustibili fossili, quella idraulica e quella nucleare, mentre non lo è  per le energie RINNOVABILI, credute aprioristicamente pulite. Invece, se si considera correttamente tutto il sistema, si vede che la produzione dei componenti necessari per utilizzare queste fonti sono causa di impatti ambientali significativi, oltre che d’incidenti con perdite di vite umane. Così facendo si può trovare che per ogni unità di energia utile prodotta con le fonti RINNOVABILI si ha un impatto ambientale e una sicurezza del tutto confrontabili con quelle delle fonti più tradizionali e in molti casi anche peggiori. Per esempio, le centrali  fotovoltaiche richiedono non solo un’elevata quantità di energia per produrre i componenti, che non sono solo le celle solari vere e proprie, così da avere un ritorno positivo di energia solo dopo lunghi tempi di funzionamento, cosa questa che non viene quasi mai menzionata, ma anche la produzione di materiali di scarto pericolosi e difficili da trattare. Effettivamente, una centrale nucleare produce anch’essa modesti effetti sull’ambiente durante la costruzione dei componenti e proprio in questa fase si ha la produzione di ANIDRIDE CARBONICA che viene associata a questa energia, ma quando la centrale entra in funzione non ci sono più praticamente rilasci con il mondo esterno, cioè in altre parole la centrale è un sistema chiuso.
A parte quanto affermato per le energie RINNOVABILI, che poco incidono sui bilanci energetici attuali, è indubbio che l’uso di combustibili fossili, come il carbone, il petrolio e il GAS NATURALE, sta creando notevoli preoccupazioni ambientali. Rimanendo nel campo della produzione dell’energia elettrica il confronto con il nucleare andrebbe fatto soprattutto  con il carbone e con il GAS NATURALE. La combustione di questi combustibili rilascia all’ambiente sostanze inquinanti, che si è cercato di ridurre sempre più con sofisticati sistemi di depurazione, che riducono la presenza di queste sostanze nei gas di scarico. Quello però che non si può evitare sono i rilasci dell’ANIDRIDE CARBONICA, che è sospettata di avere delle caratteristiche climalteranti o come comunemente si dice di essere un GAS SERRA. Sotto questo aspetto, il carbone dà un contributo assai maggiore del GAS NATURALE (780 contro 380 g/kWh), sia perché le centrali a gas hanno rendimenti più elevati (54 contro 44 %), sia perché il contenuto di CARBONIO è inferiore nel gas. Tuttavia, non bisogna dimenticare che il GAS NATURALE se disperso nell’ambiente, e un po’ se ne perde sempre, ha un effetto climalterante 21 volte superiore a quello dell’ANIDRIDE CARBONICA e poi in molti casi il gas estratto contiene significative frazioni di ANIDRIDE CARBONICA, che deve essere separata e scaricata nell’ambiente, per cui lo svantaggio del carbone viene in realtà ridotto.       
Per concludere queste brevi note sul confronto degli effetti ambientali dovuti alle varie alternative energetiche, che tanto preoccupano ai giorni d’oggi, si possono qui richiamare le autorevoli parole del prof. James Lovelock, uno dei padri del movimento ambientalista internazionale, che in recenti articoli su vari giornali europei sottolinea con forza la necessità di ricorrere all’energia nucleare. Prosegue facendo appello agli amici verdi affinché abbandonino la loro “errata obiezione al nucleare”, ammonendo che “i tempi utili per intervenire sono diventati ancora più stretti, bisogna agire subito. E usiamo pure tutta l’energia utile che può venire dal vento, acqua, maree e sole, ma soltanto l’energia nucleare può fermare il riscaldamento globale adesso”.
Le altre problematiche citate all’inizio sono in buona parte legate alla finitezza delle risorse dei combustibili fossili ancora disponibili e soprattutto quelle del petrolio e del GAS NATURALE. Nessuno è in grado di stabilire quanto dureranno queste risorse, ma certamente esse sono finite in assoluto e prima e poi diventeranno sempre più scarse. Questo si tradurrà sui costi e sulla necessità di aver pronte altre alternative per produrre l’energia.
Per quanto riguarda i costi si può affermare che l’energia nucleare è oggi sicuramente competitivi con quella dei combustibili fossili, anche non tenendo conto di possibili e probabili aumenti del costo di quest’ultimi e dei loro effetti negativi sull’ambiente.

2. La fissione

L’ATOMO è composto da un nucleo relativamente pesante, di carica positiva, e da un certo numero di elettroni molto più leggeri di carica negativa, che orbitano intorno al nucleo. Il nucleo, a sua volta, è formato da varie particelle, di cui le più importanti sono i neutroni ed i protoni. Questi nucleoni hanno all’incirca la stessa massa, ma differiscono per la carica elettrica, che manca nei neutroni. La carica elettrica del protone è uguale in grandezza e di segno opposto a quella dell'elettrone. Poiché l’ATOMO nel suo insieme deve essere elettricamente neutro, il numero dei protoni è uguale a quello degli elettroni.
La maggior parte della massa dell'ATOMO è concentrata nel nucleo; in unità amu (atomic mass unit= 1,66•10-27 kg) la massa delle tre particelle fonda¬mentali vale: massa del neutrone Mn = 1,00898 amu, massa del protone Mp = 1,00759 amu, massa dell'elettrone Me = 0,00055 amu. In figura 1 viene rappresentata graficamente la struttura degli atomi di idrogeno, deuterio (o IDROGENO pesante), elio, ossigeno (due isotopi) e potassio: con Z e A si indicano rispettivamente il numero dei protoni (e quindi degli elettroni) di un ATOMO e il numero totale dei nucleoni (protoni e neutroni); Z e A sono chiamati numero atomico e numero di massa rispettivamente. L’ATOMO di un elemento è sempre identificato dai valori di Z e A, che possono essere scritti rispettivamente in basso a sinistra e in alto a destra della lettera, che tradizionalmente indica l'elemento chimico; ad esempio, utilizzando questa notazione, il potassio di figura 1 si indica con il simbolo 19K39.

Figura 1  Struttura a gusci e sottogusci di alcuni atomi. Ogni traiettoria rappresenta pittoricamente un guscio o sottoguscio e il numero di elettroni presenti in esso. La piena comprensione delle proprietà della struttura a gusci e sottogusci dei vari elementi richiede la conoscenza della meccanica quantistica.

Nonostante le dimensioni estremamente ridotte dell’ATOMO, dell’ordine di 10-10 m, esiste una grande distanza tra il nucleo e gli elettroni orbitali, che è all'incirca pari a 105 volte le dimensioni del nucleo. Ciò significa che la materia ha una struttura molto aperta e che la densità dei nuclei è immensamente elevata, dell’ordine di 105 t/mm3.
Ad ogni elemento, caratterizzato da atomi aventi lo stesso numero atomico, possono corrispondere più atomi con un diverso numero di massa, cioè con un nucleo contenente lo stesso numero di protoni, ma un diverso numero di neutroni. Ogni tipo di ATOMO dello stesso elemento è detto isotopo. Ad esempio, l’uranio che ha numero atomico Z = 92 si trova in natura come una miscela di tre isotopi e precisamente 99,282 % di U238, 0,712 % di U235 e 0,006% di U234. Molti isotopi, che non esistono in natura, sono stati prodotti artificialmente, soprattutto nei reattori nucleari e negli acceleratori di particelle; ad esempio, si conoscono 14 isotopi dell’uranio aventi numero di massa compreso tra 227 e 240.
La massa di un nucleo è sempre inferiore, seppure di pochissimo, alla somma delle masse dei suoi componenti. Per mezzo della relazione di Einstein di equivalenza tra massa (M) ed energia (E = Mc2 con c velocità della luce) il difetto di massa è spiegato con l’esistenza di una energia di legame, che si libera all’atto in cui i nucleoni si uniscono e che è necessario fornire per spaccare o scindere il nucleo. Al crescere dell’energia di legame (e quindi del difetto di massa) aumenta la stabilità dell’ATOMO. In figura -2 è rappresentata l’energia1  di legame media per nucleone in funzione del numero di massa; si osservi come gli elementi con numero di massa intermedio siano i più stabili. Nel passaggio da un nucleo meno stabile ad uno più stabile, si ha rilascio di energia.
Quasi tutti gli isotopi naturali sono stabili, mentre quasi tutti gli isotopi artificiali sono instabili. Il decadimento degli isotopi instabili è il fenomeno che dà luogo alla radioattività: i nuclei si trasformano spontaneamente, a un ritmo prefissato, in altri nuclei emettendo delle particelle o delle radiazioni. Il nucleo risultante può essere anch’esso instabile e decadere, a sua volta, per trasformarsi in un altro nucleo; si genera così una catena di decadimento, finché non si forma un isotopo stabile.
Le emissioni di un nucleo instabile possono essere di tre tipi: particelle α, particelle β, o radiazioni γ. Le particelle α sono nuclei di elio, costituiti da due neutroni e due protoni e caratterizzati quindi da una carica elettrica pari a due volte la carica di un elettrone. Esempio di decadimento α:

92U23890Th234 + α (2He4)

Figura. 2 .Energia media di legame per nucleone in funzione del numero di massa.


Le particelle α sono altamente ionizzanti per gli atomi circostanti e sono quindi rapidamente fermate ed elettricamente neutralizzate nella materia: il loro percorso in aria non supera 80-100 mm e la loro intensità è dimezzata da uno spessore di 0,01 mm di alluminio.
Le particelle β sono elettroni emessi dal nucleo di un ATOMO, nel quale si verifica la conversione di un neutrone in un protone, con rilascio d’energia. Esempio di decadimento β:


90Th234  → 91Pa234 + β + νe

Il potere penetrante dei β è piccolo, ma assai maggiore di quello delle particelle α: per dimezzare l’intensità di un fascio β occorre uno spessore di alluminio di circa 1 mm.
I raggi γ sono onde elettromagnetiche (o fotoni, secondo la teoria quantistica della radiazione elettromagnetica) di alta FREQUENZA ed energia. Sono emessi da un nucleo che passa da uno stato eccitato a quello di energia minima: il decadimento γ non muta quindi né A né Z. La radiazione γ ha un elevato potere penetrante e può attraversare grandi spessori di materiale.
Il ritmo con cui un nucleo instabile o radioattivo emette radiazioni è una proprietà intrinseca del nucleo stesso, che non dipende dalla temperatura, dalla pressione o dalla presenza di altri elementi che ne diluiscano la concentrazione. Ogni nucleo radioattivo ha una probabilità ben definita di decadere in un dato periodo di tempo; pertanto il numero di decadimenti nell’unità di tempo è proporzionale al numero di nuclei presenti, non ancora trasformati. Per caratterizzare il tasso di decadimento si usa frequentemente il tempo di dimezzamento, definito come il tempo necessario per il decadimento della metà del numero totale dei nuclei radioattivi considerati. I tempi di dimezzamento degli isotopi instabili oscillano in un intervallo assai ampio, da frazioni di millesecondi a miliardi di anni.
Si definisce attività di una sostanza il numero di decadimenti che avvengono nell’unità di tempo. L’unità di misura dell’attività nel Sistema Internazionale è il becquerel (Bq), che corrisponde ad una disintegrazione al secondo. Dal punto di vista biologico  e  quindi  della  protezione  della  popolazione,  si  fa riferimento alla dose assorbita, cioè all’energia liberata dalla radiazione nell’unità di massa del tessuto considerato. Tuttavia, a parità di energia assorbita, i diversi tipi di radiazione non provocano gli stessi danneggiamenti nei tessuti umani; ad esempio, le particelle α sono molto più dannose delle radiazioni β e γ, perché provocano nella materia una ionizzazione specifica più elevata2. Per questo si fa riferimento alla dose equivalente o dose, che è uguale al prodotto della dose assorbita per dei fattori adimensionali detti Fattori di Qualità, che tengono conto del tipo e dell’energia della radiazione, nonché della DISTRIBUZIONE spazio-temporale dell’irraggiamento. Si ottiene così che la stessa dose, cioè la stessa energia, comunque impartita (irraggiamento interno o esterno, neutroni, α, β, γ, ecc.), produce statisticamente gli stessi effetti biologici. Unità di misura della dose è il sievert (Sv), pari a 1 J/kg.
In particolari condizioni le particelle nucleari possono interagire con i nuclei. In questo processo la particella urta un nucleo e/o vi penetra, provocandone una trasformazione o un cambiamento di struttura e il rilascio di una certa quantità di energia. Le particelle che sono in grado di provocare queste reazioni nucleari sono: neutroni, protoni, deuteroni (nuclei di deuterio), particelle α, β, γ. Da tali reazioni si generano assai spesso dei nuclei artificiali radioattivi. In questo modo sono stati ottenuti all’incirca 800 isotopi artificiali, compresi quelli degli elementi più comuni. Una reazione nucleare, che partendo da nuclei meno stabili (e quindi molto leggeri o molto pesanti, vedi figura 2), produce nuclei di massa intermedia e quindi più stabili, può liberare una grande energia, che è pari alla differenza di energia di legame dei nuclei risultanti e quella dei nuclei iniziali. Reazioni nucleari di questo tipo sono quelle di fusione e quelle di fissione. Nella fusione due nuclei leggeri sono fusi e combinati in uno più pesante e più stabile, avente cioè una massa leggermente minore della somma delle masse dei nuclei originari. Nella fissione, invece, un nucleo pesante è spaccato in due o più nuclei leggeri, la cui massa totale è minore di quella del nucleo di partenza.
La fusione coinvolge particelle di carica elettrica simile, ad esempio due nuclei di deuterio entrambi di carica positiva e quindi richiede che queste per unirsi abbiano enormi velocità, cioè altissime temperature (centinaia di milioni di gradi)  per superare la repulsione elettrica. La fissione, invece, può essere causata da una particella neutra, il neutrone. Esso può urtare e scindere o, come si usa ormai dire correntemente, fissionare un nucleo pesante, senza essere respinto, entro un ampio spettro di energia (o velocità). La fissione può essere ottenuta anche con altre particelle. Tuttavia, il bombardamento con neutroni è il solo modo pratico per avere una successione di reazioni di fissione autosostenentesi, poiché in ciascuna fissione si liberano generalmente 2 o 3 neutroni.
Molti isotopi pesanti sono fissili; l’unico naturale è l’uranio-235. I più importanti isotopi fissili artificiali sono il plutonio-239 e l’uranio-233. Nel caso dell’uranio-235, la reazione di fissione si può scrivere come:

92U235 + 0n192U236 (instabile)


92U236 →  Z1XA1 + Z2YA2 + 2,43 0n1 + energia


X e Y rappresentano i due frammenti di fissione e 2,43 un valore medio3 , nel caso di neutroni incidenti aventi un’energia cinetica media in equilibrio con quella associata all’agitazione termica dei nuclei della materia circostante (neutroni termici). I frammenti di fissione possono essere nuclei di qualsiasi tipo entro un ampio intervallo di numero di massa.
Non tutti i neutroni assorbiti dal nucleo fissile provocano la fissione, ma possono anche essere catturati, generando soltanto un nucleo di massa maggiore e instabile. La fissione produce anche raggi  β, γ ed altre particelle.
L’energia recuperabile da ogni fissione ammonta in media a circa 204 MeV per U235 . Il numero medio dei neutroni prodotti per ogni fissione (definito v) o per ogni neutrone comunque assorbito dal nucleo (definito η) varia con il tipo di nucleo fissile e con l’energia (e quindi con la velocità) dei neutroni incidenti. I neutroni emessi dalla fissione hanno un’energia media di circa 2 MeV con valori che, variando entro un intervallo assai ampio, arrivano fino ad energie massime di 15 MeV.
I due  isotopi  U238  e  Th232  che  si trovano in natura si  dicono  fertili perché da essi, mediante cattura di un neutrone, si ricavano nuclei artificiali fissili. Tale processo di trasmutazione dei nuclei è detto conversione. Di gran lunga più importante è la conversione dell’uranio-238 in plutonio-239, che è fissile e gioca un ruolo assai importante nell’economia neutronica di un reattore nucleare. Il Pu239, a sua volta, oltre a fissionarsi, può, per assorbimento di un neutrone, trasformarsi in Pu240, che è un nucleo fertile. Il Pu240 , assorbendo un neutrone, si converte in Pu241 fissile, che però può anche per cattura neutronica trasformarsi in Pu242. I processi di trasmutazione proseguono ulteriormente, ma la loro importanza è praticamente trascurabile.
Prima di terminare questo capitolo si può citare il fatto che i due isotopi U235 e U238 non sono stabili, ma decadono α con tempi di dimezzamento che valgono rispettivamente 0,704•109 anni e 4,47•109 anni. La diversità di questi tempi di dimezzamento comporta che l’arricchimento in U235 dell’uranio naturale non sia costante nel tempo, ma diminuisca, se pur impercettibilmente, al crescere di questo. Tornando quindi indietro nel tempo fino alle ere geologiche, l’arricchimento era assai  maggiore  di  quello  attuale:  ad  esempio  700  milioni di anni fa esso era pari all’1,26 % contro lo 0,712 % di oggigiorno. É possibile quindi che in quel lontano passato siano esistiti dei reattori nucleari naturali, considerato che con arricchimenti più elevati di quelli attuali si può mantenere la reazione a catena anche usando come moderatore l’acqua naturale (vedi poi). Ci sono delle prove molto convincenti che un tale reattore abbia a lungo funzionato nel Gabon.

3.  Principio di funzionamento di un reattore nucleare

La fissione di un nucleo è caratterizzata dal fatto di essere prodotta da un neutrone e di produrre a sua volta altri neutroni: si ha così, in linea di principio, la possibilità di propagare indefinitamente tale processo mediante una reazione a catena. In pratica, questa propagazione può autosostenersi solo se i neutroni emessi a seguito di una fissione sono più di uno. Infatti non tutti producono altre fissioni: in parte sfuggono dal sistema o vengono assorbiti dai nuclei presenti, senza peraltro produrre fissione. Si può esprimere il bilancio dei neutroni nel modo seguente:

P = Af + Ac + F 

                                            
dove:
P = numero dei neutroni prodotti in media in ogni fissione,
Af = numero dei neutroni assorbiti da nuclei fissili e che producono ulteriori fissioni,
Ac = numero dei neutroni assorbiti senza produrre fissione (neutroni di cattura),
F = numero dei neutroni che sfuggono dal sistema (neutroni di fuga).

Affinché il processo si sostenga, Af deve necessariamente essere eguale ad uno. Ad esempio, si è detto che la fissione di un ATOMO di U235 produce una media di 2,43 neutroni, tuttavia per ogni neutrone assorbito dall’U235 si producono in media solo 2,07 neutroni, in quanto in media 0,36 neutroni vengono catturati senza produrre fissione. Analogamente per l’uranio naturale, costituito dallo 0,712% di U235 e dal 99,3% di U238, il numero medio di neutroni prodotti per ogni neutrone assorbito si riduce a 1,32, in quanto una ulteriore frazione di questi ultimi viene catturata dai nuclei di U238 senza produrre fissione.
Inoltre, i neutroni non reagiscono soltanto con l’uranio, ma anche con i nuclei della maggior parte degli elementi: pertanto un’altra importante causa di assorbimento di neutroni risiede nella cattura di questi da parte dei materiali che, oltre all’uranio, sono necessariamente presenti in un reattore nucleare. Si deve quindi limitare la scelta di tali materiali a quelli costituiti da nuclei che abbiano una bassa probabilità di cattura per i neutroni. Tale condizione pone in genere vincoli assai severi nella progettazione dei reattori, soprattutto se il materiale fissile è URANIO naturale, in cui è basso il numero di neutroni disponibili per la reazione a catena. Per questo, la maggior parte degli attuali reattori impiega URANIO arricchito, cioè URANIO in cui viene artificialmente aumentata la percentuale di U235 rispetto a quella naturale.
I neutroni che sfuggono dal sistema, entro cui avviene la reazione a catena (nocciolo del reattore o struttura moltiplicante), crescono al diminuire delle dimensioni del sistema stesso (aumenta il rapporto superficie-volume) e della massa in esso contenuta (diminuisce la produzione di neutroni). Pertanto, per ogni composizione di materiali, fissile incluso, con la quale si voglia realizzare una struttura moltiplicante, esistono dimensioni minime di questa, al di sotto delle quali la reazione a catena non può sostenersi: queste dimensioni e la massa contenuta sono dette critiche.
Bisogna a questo punto chiarire che il combustibile che contiene il fissile è quasi sempre un solido, che rimane in reattore all’incirca per qualche anno e quindi subisce una variazione di composizione per effetto delle reazioni con i neutroni.
Abbiamo già definito Af come il numero dei neutroni assorbiti dai nuclei fissili di una struttura moltiplicante. Se poi per una determinata struttura e in un certo istante Af diventa diverso da uno, la reazione a catena non è più stazionaria: essa si spegne per Af < 1 (struttura sottocritica) e cresce progressivamente per Af > 1 (struttura sopracritica). Per questo, Af è detta coefficiente di moltiplicazione della struttura moltiplicante o del nocciolo del reattore o più semplicemente del reattore e viene indicato universalmente con il simbolo k. Si definisce poi la reattività ρ ottenuta da k secondo la seguente espressione:

ρ = (k - 1 )/ k

                                          
per cui se ρ è maggiore, minore, o uguale a zero si avrà rispettivamente una struttura sovracritica, sottocritica o stazionaria.

In effetti nella pratica anche il valore di k di un reattore deve essere maggiore di uno o una reattività ρ maggiore di zero: ciò permette di avere un certo margine per controllare la sua potenza e per fronteggiare le variazioni di composizione, che il reattore subisce durante il funzionamento a causa di tre fenomeni:

- accumulo dei prodotti di fissione, che fanno aumentare le catture parassite di neutroni (diminuisce k);
- progressiva sparizione dei nuclei fissili inizialmente presenti (diminuisce k);
- progressiva produzione di nuovi nuclei fissili per trasmutazione dei nuclei fertili (aumenta k).

I primi due effetti sono quasi sempre predominanti sul terzo e ciò obbliga ad avere a disposizione inizialmente un eccesso di reattività Δρ. Questo valore è riferito al nocciolo funzionante a piena potenza, ma la reattività varia anche con il livello di potenza per le conseguenti variazioni della temperatura e densità dei materiali del nocciolo e tale variazione di reattività è in genere significativamente negativa.
In conclusione, quindi, tra un nocciolo in potenza a fine vita del combustibile e un nocciolo con combustibile fresco a potenza nulla e freddo la differenza di reattività può essere sensibile. L’eccesso di reattività deve essere ovviamente compensato in ogni istante di funzionamento stazionario, in modo da avere una reattività effettiva uguale a 0, corrispondente a k uguale a 1. Tale compensazione viene effettuata con il sistema di controllo, che ha diverse funzioni. Il controllo di un reattore è un’operazione complessa che serve sia a modificarne il livello di potenza, tenendo conto degli effetti da questa indotti sulla reattività (controllo di potenza), sia a compensare la riduzione di reattività dovuta alla variazione di composizione del combustibile durante il funzionamento (controllo a lungo termine).
Per variare la reattività di un nocciolo si può agire o sugli assorbimenti di cattura o sulle fughe di neutroni. Quasi sempre si adotta il primo metodo, ricorrendo a particolari elementi caratterizzati da un’elevata probabilità di cattura dei neutroni; per questa loro proprietà sono chiamati veleni. Materiali che vengono comunemente impiegati come veleni sono il boro, l'afnio, il cadmio e il gadolinio. Si realizzano così delle barre di controllo, che regolano la reattività mediante dei movimenti di inserzione o estrazione dal nocciolo: durante l’estrazione diminuisce la concentrazione dei veleni nel reattore e la reattività aumenta, durante l’inserzione si ha l’effetto opposto.
Un aumento di reattività provoca una crescita progressiva della reazione a catena: aumenta il ritmo delle fissioni e quindi la potenza. Per arrestare la potenza al livello voluto, bisogna portare di nuovo la reattività a zero; ciò si ottiene con un reinserimento delle barre di controllo. Tuttavia, la posizione finale delle barre differirà, in generale, da quella iniziale, perché bisogna compensare la reattività assorbita o generata dal nocciolo nella nuova condizione di potenza, per il già citato effetto sulla temperatura e sulla densità dei materiali del nocciolo.
La compensazione della riduzione di reattività per variazione di composizione del combustibile avviene invece tramite una lenta estrazione delle barre di controllo. Data l’assai minore velocità di intervento e la maggior entità della reattività controllata, gli organi di controllo a ciò preposti sono in genere diversi da quelli adibiti alle variazioni di potenza e possono da questi differire anche per il sistema adottato per far variare la reattività.
La vita del combustibile o tasso di bruciamento (in inglese burnup) esprime l’energia prodotta per unità di massa del combustibile tra il momento in cui viene caricato in reattore e quello in cui deve essere scaricato dal reattore, perché la sua reattività si è abbassata al punto tale da non consentire più il raggiungimento della criticità. La vita viene espressa con l’unità di misura megawatt*giorni/kg o megawatt*giorni/t e in simboli MWg/kg o MWg/t (in inglese megawatt*day/t o MWd/t). L’origine di questa poco convenzionale unità di misura per l’energia, deriva dall’equivalenza che esiste all’incirca tra un MWg e l’energia ricavata dalla fissione di un grammo di U235: questa coincidenza aveva colpito i primi progettisti nucleari e da lì la proposta della unità di misura, che poi non è stata più modificata.
I neutroni di fissione possiedono, all’atto in cui sono generati, una energia variabile in un ampio intervallo, il cui valore medio è di circa 2 MeV, equivalente a una velocità prossima a 1/15 di quella della luce. Diffondendosi nel nocciolo i neutroni hanno una certa probabilità di urtare in modo elastico o anelastico (più raramente) i nuclei delle sostanze presenti, cedendo ad essi parte della loro energia. I neutroni sono quindi raggruppati in tre grandi classi: veloci, epitermici e termici. Quest’ultima classe corrisponde ai neutroni più lenti, la cui energia è all’incirca uguale a quella dovuta all’agitazione termica dei nuclei contro i quali i neutroni collidono. A temperatura ambiente l’energia cinetica dei neutroni termici è di circa 0,025 eV. Pertanto, nel nocciolo di un reattore nucleare si hanno neutroni che possiedono energie comprese tra alcuni MeV e piccole frazioni di un eV.
I nuclei fissili U233, U235, Pu239, si fissionano con neutroni di tutte le energie. Con i neutroni termici, tuttavia, la probabilità di fissione è più elevata e cresce in modo inversamente proporzionale alla loro velocità. Anche i nuclei fertili U238 e Th232 possono essere fissionati, purché i neutroni abbiano un'energia elevata (> 1-1,5 MeV). Tuttavia, poiché i neutroni perdono rapidamente la loro energia urtando contro i nuclei dei materiali presenti nel nocciolo del reattore, la probabilità di avere la fissione di questi isotopi è assai ridotta, così da rendere assolutamente impossibile il sostentamento di una reazione a catena; indubbiamente l'U238 e il Th232, una volta mescolati con gli isotopi fissili, possono dare un contributo, se pur marginale, al numero di fissioni complessive, ma in un reattore nucleare essi vengono utilizzati soprattutto per le loro proprietà fertili.
Se un reattore fosse costituito soltanto da una massa di URANIO naturale, sarebbe impossibile realizzare una reazione a catena, in quanto i neutroni prodotti dalla fissione dell'U235 verrebbero per la quasi totalità catturati dall'U238. In particolare, la probabilità di cattura da parte dell'U238 è elevata in corrispondenza di un certo intervallo d’energia dei neutroni in zona epitermica, detta zona delle risonanze4 . Vi sono due possibilità in alternativa per avere una struttura in cui possa aver luogo una reazione a catena stabile e precisamente:

- mescolare con l'uranio una sostanza che provochi il rapido rallentamento dei neutroni di fissione, in modo da far attraversare al neutrone, con poche perdite, l'intervallo d'energia dove si concentrano le catture da parte dell'U238; per questa funzione tali sostanze sono dette moderatori;
- aumentare la concentrazione del fissile (U235 o Pu239) in modo da ridurre la probabilità di urti dei neutroni contro l'U238 e al tempo stesso aumentare la probabilità di reazioni di fissione con il nucleo fissile.

I reattori nucleari basati sulla prima soluzione vengono definiti termici, in quanto l’energia media dei neutroni che producono la fissione è pari a quella termica del moderatore. Nel secondo caso si hanno i reattori veloci, in quanto l’energia media dei neutroni che producono la fissione è più vicina all'energia dei neutroni generati dalla fissione, che a quella dei neutroni termici.
Un buon moderatore deve avere le seguenti caratteristiche: rallentare un neutrone con un piccolo numero di collisioni, avere un’elevata probabilità di collisione e una bassa probabilità di assorbimento dei neutroni. Poiché la collisione di un neutrone con un nucleo avviene, in genere, come un urto elastico tra due sfere, si ha che il rallentamento sarà tanto più efficace quanto più bassa è la massa del nucleo. Sotto questo aspetto il nucleo ideale è quello dell'idrogeno, che ha la stessa massa del neutrone. Sfortunatamente l’idrogeno ha una discreta probabilità di assorbire i neutroni: ne deriva l’impossibilità di realizzare una reazione a catena stabile con l’uranio naturale come combustibile e con l’idrogeno come moderatore. In tal caso è indispensabile ricorrere all’uranio arricchito, avente comunque un contenuto di U235 assai inferiore al fissile necessario per far funzionare un reattore veloce5.
Circa la scelta dei moderatori basterà dire in questo contesto che, tenendo conto delle caratteristiche sopraelencate, le sostanze che hanno pratico impiego sono tre e precisamente: l'acqua naturale, l'acqua pesante e la grafite. Nell'acqua pesante l’idrogeno è sostituito dal suo isotopo deuterio, che ha una massa doppia. L’acqua pesante si trova nell’acqua naturale in percentuali piccolissime, 150 PPM e può venire concentrata con processi di elettrolisi, distillazione, scambio chimico, ecc., che risultano molto costosi.
Nonostante le inferiori proprietà di rallentamento del CARBONIO e del deuterio rispetto all’idrogeno (le rispettive masse stanno nel rapporto 12:2:1), la grafite e l’acqua pesante risultano nel complesso migliori dell’acqua naturale, in quanto assorbono assai meno i neutroni. Infatti, con questi due moderatori è possibile realizzare un reattore nucleare con l’uranio naturale, ma nel caso della grafite si è rivelato, alla prova dei fatti, che questo non era conveniente sotto il profilo economico. Si può quindi concludere che la costruzione di un reattore nucleare di potenza richiede necessariamente che si operi un processo di arricchimento isotopico: del combustibile, se si realizzano reattori veloci o reattori termici moderati ad acqua leggera o a grafite, del moderatore, se si realizzano reattori moderati ad acqua pesante, (per ragioni economiche questi possono comunque richiedere modesti arricchimenti del combustibile).
Bisogna ricordare a questo proposito, che l’arricchimento dell’uranio è un processo industriale assai più complesso e costoso di quello della produzione dell’acqua pesante, che pochi Paesi sono in grado di realizzare.

4. Il reattore nucleare

L’energia sviluppata nel processo di fissione (energia cinetica dei prodotti di fissione e dei neutroni emessi, radiazioni) si trasforma in calore e ciò avviene per la quasi totalità all’interno del nocciolo del reattore nucleare. Tale energia deve essere trasferita all’esterno del reattore per essere utilizzata: esiste quindi dal punto di vista funzionale un’analogia tra un reattore nucleare e una caldaia tradizionale.
Ciò considerato e in base a quanto detto, si ha che un reattore nucleare è costituito dai seguenti componenti fondamentali:

Combustibile: componente, quasi sempre allo stato solido, costituito dagli elementi fissili e fertili, da quelli che sono ad essi legati chimicamente e dai materiali che hanno funzioni strutturali. Nel combustibile avviene il processo di fissione e la maggior parte della trasformazione dell’energia di fissione in calore e la trasmutazione dei nuclidi presenti. Per questo, la composizione del combustibile varia con l’irraggiamento neutronico. Il materiale fissile è protetto da un rivestimento, detto guaina, che ha la funzione specifica d’impedire il rilascio dei prodotti di fissione all’esterno; generalmente la guaina funge anche da organo strutturale di sostegno. La vita del combustibile, sia per ragioni neutroniche (la reattività si riduce nel tempo), che tecnologiche (il bombardamento neutronico e il processo di fissione danneggiano progressivamente la struttura dei materiali) è assai inferiore a quella di tutto l’impianto nucleare; per questo esso deve essere periodicamente sostituito. Un tipo di combustibile assai frequentemente impiegato è costituito da pastiglie sinterizzate di polvere di ossido d’uranio (UO2), inserite e sigillate entro un tubo metallico di una lega di zirconio, oppure di acciaio inossidabile; più barrette vengono poi assiemate in fasci di forma quadrata o circolare, per formare quello che si definisce l’elemento di combustibile.

Moderatore: moderatori sono l’acqua naturale, l'acqua pesante e la grafite; nei primi due casi il moderatore può coincidere con il FLUIDO TERMOVETTORE. Il moderatore manca nei reattori veloci.

Riflettore: sostanza che circonda la zona dove avviene la reazione a catena (nocciolo), con il compito di riflettere all’interno una parte dei neutroni diretti verso l’esterno. Il riflettore deve possedere caratteristiche simili a quelle del moderatore e soprattutto una elevata probabilità di collisione e un’ottima capacità di rallentamento. Un basso potere di assorbimento è invece relativamente meno importante, perché un neutrone che sfugge dal reattore è perso ed è quindi meglio che subisca comunque delle collisioni nel riflettore, che possono invertirne la direzione, anche se a prezzo di qualche assorbimento. In pratica, tuttavia, per reattori termici, il riflettore coincide sempre con il moderatore.

Fluido termovettore: liquido o gas che ha la funzione di trasportare all’esterno il calore nucleare generato nel nocciolo (quasi tutto nell’elemento di combustibile), in modo che possa essere utilizzato. Il FLUIDO TERMOVETTORE può coincidere con il fluido motore e/o con il moderatore-riflettore. Sostanze che sono attualmente impiegate come FLUIDO TERMOVETTORE in reattori di potenza sono: l'acqua naturale, l'acqua pesante, il sodio, l'ANIDRIDE CARBONICA, l'elio.

Fluido motore: fluido a cui viene ceduta l’energia termica del FLUIDO TERMOVETTORE, per essere poi utilizzata. Il fluido motore è quasi sempre vapor d'acqua, ma nei reattori a gas può essere l’elio. In certi tipi di reattore il fluido motore coincide con il FLUIDO TERMOVETTORE.

Organi di controllo: si veda quanto già detto nel capitolo precedente.

Organi strutturali: organi meccanici di vario tipo che svolgono funzioni di sostegno e di contenimento. Appartengono a questa categoria la piastra su cui poggia il nocciolo e il recipiente a pressione che contiene il nocciolo con il moderatore-termovettore.

Schermi: massicce strutture di protezione del nocciolo, che hanno lo scopo di ridurre le radiazioni emergenti (gamma e neutronica) a livelli accettabili per l’uomo. Generalmente i materiali impiegati sono l'acciaio e il calcestruzzo: il primo nella zona a contatto con il nocciolo, il secondo nella zona più esterna; per applicazioni particolari viene impiegata anche l'acqua. La massa complessiva di uno schermo non varia apprezzabilmente con il tipo di materiale.

Il trasferimento del calore all’esterno del nocciolo e la sua trasformazione in energia meccanica (elettrica) avviene secondo due possibili schemi rappresentati nelle  figure 3  e  4.  Nel  primo  caso,  figura  3,  il FLUIDO TERMOVETTORE cede il
calore asportato nel reattore al fluido motore, il quale a sua volta, si espande in una turbina, collegata a un generatore elettrico. Poiché, come già accennato precedentemente, il fluido motore è costituito da vapor d'acqua, lo scambiatore di calore tra i due fluidi ha la funzione di generatore di vapore. Nel secondo caso, figura 4, il FLUIDO TERMOVETTORE funge anche da fluido motore, entrando direttamente in turbina; in questo caso il FLUIDO TERMOVETTORE è costituito da acqua evaporante. I due schemi rappresentati sono normalmente chiamati a ciclo indiretto e a ciclo diretto. Nel primo caso il circuito del FLUIDO TERMOVETTORE e quello del fluido motore vengono detti rispettivamente circuito primario e circuito secondario.

 

 

 Figura 3  Schema semplificato di un reattore a ciclo indiretto.


 Figura 4  Schema semplificato di un reattore a ciclo diretto.

Il calore di origine nucleare, pur generabile in linea di principio a qualsiasi temperatura, è spesso limitato a valori di temperatura relativamente modesti a causa dei vincoli tecnologici dei materiali costituenti il nocciolo e soprattutto l’elemento di combustibile. Pertanto negli impianti attualmente più diffusi la qualità del vapore prodotto è apprezzabilmente inferiore a quella ottenibile in una centrale termoelettrica convenzionale.
Combinando insieme tutte le possibili scelte per i principali componenti del nocciolo e pur scartando gli accoppiamenti chiaramente non compatibili sotto il profilo neutronico o tecnologico (ad es. URANIO naturale con moderatore acqua leggera), si arriva a definire un gran numero di possibili tipi di reattore. Molti di questi sono stati effettivamente studiati e costruiti nel mondo con notevole dispendio di risorse. Tuttavia, la maggior parte di questi, dopo programmi di ricerca e sviluppo anche molto impegnativi, è stata abbandonata, via via restringendo la scelta dei reattori commerciali a pochissimi tipi, con la netta prevalenza di quelli ad acqua leggera, nella duplice versione ad acqua pressurizzata ed ad acqua bollente. Però, negli ultimi anni si è avuta una ondata di proposte di nuovi tipi di reattore, definiti di quarta generazione, con l’obiettivo di migliorare il prodotto reattore nucleare sotto diversi profili.
La descrizione dei vari tipi di reattore non può essere fatta in questa sede, perché richiede ampio spazio e la necessità di inserire parecchie figure: per questo si rimanda a vari testi al riguardo6. Qui di seguito si accennerà soltanto all’importante problema della sicurezza.

5. La sicurezza

I problemi di sicurezza hanno assunto, fin dalla prima applicazione dell'ener¬gia nucleare, un'importanza primaria, a causa dell'enorme pericolo POTENZIALE derivante dall'accumulo di ingenti quantità di prodotti radioattivi nel combustibile. Un accidentale rilascio nell'atmosfera di una parte di questi prodotti potrebbe avere delle conseguenze assai gravi per la popolazione circostante. L'ammontare totale della radioattività accumulata in un reattore dipende dal tempo e dal livello di potenza di funzionamento. Il combustibile fresco è solo debolmente radioattivo, ma durante il funzionamento la fissione produce un enorme aumento della radioattività. La maggior parte di questa radioattività è dovuta ai prodotti di fissione veri e propri, il resto ai transuranici, mentre una piccola quantità è dovuta ai materiali del nocciolo, non appartenenti al combustibile, attivati da catture di neutroni.
Lo scopo primario della sicurezza è quello di salvaguardare l'incolumità del pubblico contro i pericoli di rilascio di prodotti radioattivi. Nessun altro pericolo esiste per il pubblico, né tanto meno la possibilità che si abbiano situazioni lontanamente confrontabili con quelle di un'esplosione nucleare. Ovviamente deve essere salvaguardato anche il personale addetto all'impianto, come avviene soprattutto nel funzionamento normale. Tuttavia, bisogna sottolineare come in casi d'emergenza tale personale sia più preparato, rispetto al pubblico, a fronteggiare situazioni difficili.
Nel quadro generale dei problemi di sicurezza bisogna considerare, oltre alle centrali nucleari di potenza, anche tutti gli impianti necessari per il ciclo del combustibile; ci si riferisce alla estrazione dell'uranio e soprattutto al trattamento del combustibile esaurito e all'immagazzinamento dei prodotti di fissione in esso contenuti.
I prodotti di fissione contenuti nel combustibile sono separati dall'ambiente esterno da tre barriere: la guaina dell'elemento di combustibile, il circuito di ricircolazione, il contenitore7. Si definisce incidente quell'evento non intenzionale, che riduce l'integrità di una o più barriere, al di sotto dei livelli ammessi in sede di progetto. Un incidente quindi non implica necessariamente un pericolo, pur tuttavia tale evento deve essere corretto prima che l'impianto possa riprendere il suo normale funzionamento.
Gli eventi che determinano un incidente possono essere di origine interna o esterna. Quelli interni sono definibili come malfunzionamenti o rotture dell'impianto ed interventi non corretti da parte degli operatori. Gli eventi esterni sono tipicamente quelli naturali, come sismi, tornado, allagamenti, come pure l'impatto con la centrale di aerei o missili.
Un reattore nucleare, anche quando è spento, produce sempre della potenza, a causa delle emissioni radioattive dei prodotti di fissione accumulati nell'elemento di combustibile. Questa potenza decade nel tempo assai lentamente e in valore assoluto, dal momento in cui il reattore è spento, parte da un valore pari a qualche per cento della sua potenza nominale. Se non fosse operante un sistema di raffreddamento del nocciolo, anche di efficacia limitata, si arriverebbe così prima o poi alla fusione del combustibile.
La sicurezza di un impianto si basa su cinque punti: progetto dell’impianto, qualità del prodotto, sistema di protezione, scelta del sito, Autorità di Sicurezza.
Per progetto dell’impianto s’intende la scelta di quei processi che hanno una minor propensione a determinare potenziali situazioni di pericolo e in particolare quella di raggiungere la sovracriticità.
I guasti si riducono se i prodotti sono esenti da difetti. Per questo, s’impone che la cura e la meticolosità con cui deve essere progettato, costruito ed esercito l'impianto nucleare siano molto elevate e uniche nel campo industriale, tranne quelle per l’industria aeronautica e spaziale.
L'impianto, costruito come si è detto a regola d'arte, è poi dotato di tutta una serie di sistemi di protezione, che hanno lo scopo di mitigare gli effetti di un eventuale incidente. Tra i più importanti si possono citare: i sistemi aggiuntivi per la riduzione della reattività, i sistemi di raffreddamento d'emergenza, i sistemi d'iniezione d'emergenza, il contenitore e i sistemi connessi, il pozzo di calore finale, i generatori autonomi di potenza elettrica, i sistemi di abbattimento dell'idrogeno, i sistemi di trattamento dei prodotti di fissione. L'insieme di tutti questi sistemi di protezione costituisce ovviamente un sostanziale aggravamento della complessità dell'impianto nucleare e quindi anche dei suoi costi.
Con un'accurata scelta del sito si cerca di ridurre sia la probabilità di eventi avversi esterni, sia le conseguenze degli incidenti sulla popolazione. Si tratta quindi di effettuare uno studio dettagliato di tutte le peculiari caratteristiche del sito come: sismologia, meteorologia, idrologia, geologia, qualità del terreno, DISTRIBUZIONE della popolazione. Oltre a ciò si deve tener conto di altre esigenze non connesse con la sicurezza, come ad esempio la vicinanza ai luoghi di consumo dell'energia, la facilità d'accesso, l’esistenza di reti elettriche e soprattutto la disponibilità di acqua di raffreddamento. Pertanto, considerando anche l'opposizione delle popolazioni locali a insediamenti di questo tipo, si comprende come in molti Paesi e soprattutto in Italia, dove è elevata la densità della popolazione e il rischio sismico è presente in molte zone, sia particolarmente difficile trovare siti adatti.
Poiché un incidente in un impianto nucleare può mettere a repentaglio l'incolumità del pubblico, in tutti i Paesi industrialmente progrediti è stata predisposta una legislazione nucleare, che in particolare fissa le norme da seguire per ottenere le autorizzazioni necessarie nelle varie fasi di approntamento di un impianto. Per questo esiste un ente indipendente, detto in Italia Agenzia della Sicurezza Nucleare,  a cui viene demandata la responsabilità di verifica del soddisfacimento di queste norme, secondo le quali occorre fornire una documentazione dettagliata sul sito proposto e sulle caratteristiche dell'impianto, specialmente sotto il profilo della sicurezza, specificare i collaudi delle apparecchiature ed effettuare una serie di prove prima dell'entrata in funzione commerciale dell'impianto. La licenza di costruzione è subordinata ad un giudizio positivo sulle caratteristiche del sito e dell'impianto, e sull'esito delle varie prove. Poi, durante l'esercizio, vengono periodicamente effettuate verifiche ed è sempre possibile che l'impianto venga arrestato dall’Agenzia della Sicurezza, per imporre l'effettuazione di modifiche anche sostanziali.
Per concludere, bisogna sottolineare il fatto che molto spesso la contestazione nei riguardi dell'energia nucleare si basa per lo più sulla valutazione in assoluto del rischio per la popolazione, mentre raramente si fa una valutazione comparativa con i rischi dovuti ad altre alternative energetiche, inclusa quella di produrre meno energia, necessariamente a scapito dei consumi civili e industriali. L'approccio comparativo è invece quello corretto e consente di rivalutare sostanzialmente l'energia nucleare sotto l'aspetto della sicurezza. Infatti, considerando l'intero indotto di ogni fonte energetica (ciclo del combustibile, fabbricazione dei componenti e del sistema d'esercizio), si sono ottenuti da studi fatti, risultati che pongono l'energia nucleare tra le forme energetiche meno pericolose.


1 Tale energia è espressa in MeV = 106 eV.  L'eV (elettronvolt) è una unità di energia molto comune in fisica nucleare pari a 1,602•10-19 JOULE = 4,44•10-26  kWh. 
2 Per ionizzazione s’intende lo strappamento di elettroni dall’ATOMO, che diventa così elettricamente positivo e più aggressivo nei confronti degli atomi circostanti.
3 Ogni reazione emette sempre un numero intero di neutroni, tra 0 e 7.
4 La zona delle risonanze è così chiamata perché in questo intervallo energetico la probabilità che un neutrone venga catturato da un nucleo di U238 presenta un gran numero di picchi molto pronunciati (chiamati appunto risonanze) in corrispondenza di determinati valori dell’energia del neutrone. Tale probabilità aumenta sensibilmente all’aumento della temperatura dei nuclei di uranio, in quanto in queste condizioni si determina un allargamento delle risonanze (Effetto Doppler).
5 In realtà i reattori veloci impiegano di norma come fissile il plutonio, pertanto nel seguito quando si parlerà di arricchire isotopicamente il combustibile ci si riferirà in genere ad utilizzare significative percentuali di plutonio mescolate con URANIO naturale o addirittura impoverito.
6 Lo stesso autore ha scritto il libro “Impianti Nucleari” edito da Polipress del Politecnico di Milano, suddiviso in due parti: la prima  è concepita come test propedeutico a sé stante da chi vuole una informazione di carattere generale e per la sua comprensione non è richiesta una preparazione specifica.
7 Il contenitore è un edificio a tenuta stagna che contiene tutte le parti nucleari dell’impianto ed in grado di resistere a qualsiasi transitorio che provochi l’aumento di pressione al suo interno; nell’esperienza finora fatta tale componente si è rivelato di grande importanza per la sicurezza dell’impianto.