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Forme di energia generate da fonti che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano in tempi brevi come il sole, il vento, l’acqua, le biomasse, la geotermia e tutte le fonti assimilabili.

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Fonti energetiche rinnovabili - Giuseppe Bianchi -

L’ impegno fissato in sede UE per tutti i paesi membri -quello cioè di soddisfare entro il 2020 con energie RINNOVABILI il 20% dei loro fabbisogni- obbliga il nostro paese a perseguire con il massimo impegno questo traguardo, sia finanziando adeguati programmi di ricerca, sia attraverso lo strumento dell’incentivazione.

Dal punto di vista della concreta praticabilità dei programmi complessivi, la situazione si presenta piuttosto variegata e molto diverso appare il contributo possibile e concretamente ottenibile da parte delle differenti tipologie di fonti, soprattutto considerando il loro costo.

L’energia idroelettrica ha rappresentato la prima fonte energetica rinnovabile cui si è fatto da sempre ricorso nel nostro paese in quantità significativa.

Attualmente, però, l’ulteriore sviluppo di questa fonte è di fatto assai ridotto (anche se esistono ancora potenzialità per il minidroelettrico) per il naturale esaurimento delle potenzialità economicamente sfruttabili.

Esiste al contrario il rischio di dover in futuro parzializzare l’utilizzo delle RISERVE d’acqua dei bacini idroelettrici esistenti per far fronte ad esigenze diverse da quella della produzione elettrica, in particolare per le necessità dell’agricoltura che potrebbero acutizzarsi per i temuti e previsti cambiamenti climatici.

Una generale revisione delle condizioni di gestione delle centrali idroelettriche esistenti per soddisfare i loro potenziali molteplici usi (riserva, accumulo notturno, utilizzi non elettrici dell’acqua, esigenze ambientali e di sicurezza per eventi atmosferici estremi) merita una speciale attenzione da parte delle Autorità locali insieme con i gestori delle centrali.

 

L’energia geotermica ha rappresentato storicamente un settore molto sviluppato nel nostro paese.

I "giacimenti naturali di vapore" in Toscana producono ogni anno oltre 4 miliardi di KWh nelle sole centrali toscane di Larderello e di Pontieri.

L’Italia ha inoltre una situazione geologica che dovrebbe essere favorevole allo sfruttamento delle risorse energetiche esistenti nel sottosuolo di varie zone del paese.

Lo sviluppo delle tecnologie di perforazione fino a grandi profondità, derivanti dalle ricerche di giacimenti petroliferi, dovrebbe favorire, nelle forme ambientalmente dovute, la possibilità di sfruttamento di rocce calde anche a grande profondità, sia a fini del riscaldamento e condizionamento di grandi complessi (centri sportivi, serre; ecc.) sia a fini di TELERISCALDAMENTO, quando potenzialmente conveniente.

La geotermia, giustamente (anche se in un certo senso impropriamente) considerata una fonte rinnovabile, pone peraltro problemi ambientali e di costo, in rapporto alle singole condizioni locali, ma ampiamente superabili anche alla luce della grande attenzione dedicata a questa tecnologia nei programmi di sviluppo energetico nel mondo.

Non appare quindi giustificato il disinteresse che sembra esserci a livello sia industriale sia scientifico nel nostro paese.

 

 

L’energia solare, nella sue varie forme (FOTOVOLTAICO, termico, termodinamico) non determina sostanzialmente nessun contrasto sulla necessità che essa debba essere sviluppata e promossa.

Non è però condivisibile l’opinione che il problema si riduca ad un incremento degli incentivi per la diffusione dell’applicazione dell’energia solare anche quando le relative tecnologie siano molto lontane dalla competitività.

Si deve invece ancora sostenere lo sviluppo della ricerca per ridurre i costi soprattutto nel FOTOVOLTAICO dove i pannelli al silicio rendono questa fonte non competitiva e bisognosa, di incentivi pubblici, che in sostanza fanno ricadere sulla collettività la convenienza di questa tipologia di produzione elettrica.

Sono oggetto di intensa attività di ricerca e sviluppo, sia a livello accademico che industriale, celle fotovoltaiche basate su materiali organici a più basso costo di produzione rispetto al silicio e che consentono di realizzare dispositivi di spessore ridotto in virtù dell’elevato coefficiente di assorbimento delle molecole organiche.

La loro compatibilità con le materie plastiche offre inoltre la possibilità di costruire dispositivi ultraleggeri su substrati flessibili di plastica con un investimento di capitali almeno un ordine di grandezza inferiore rispetto alla tecnologia basata sul silicio.

La fonte eolica è più vicina alla competitività, anche per il consistente e continuo incremento dei prezzi dei combustibili fossili sul mercato mondiale.

Per essa si manifestano ostacoli connessi con il suo impatto paesaggistico, peraltro non sempre motivato.

Una soluzione che si prospetta percorribile è costituita dalla realizzazione di parchi eolici in mare lungo le coste e in alta montagna od anche con specifici impianti capaci di sfruttare l’energia del vento ad alta quota, anche per la maggiore disponibilità di vento: sono peraltro necessari in questi casi sviluppi tecnologici per ridurre i costi di installazione e di esercizio.

Le biomasse soprattutto per la produzione di combustibili per il trasporto, rappresentano al contrario un argomento di grande discussione a livello mondiale.

Una produzione significativa di biocombustibili capaci di incidere sulla domanda mondiale di fonti fossili pone il problema della sottrazione di vaste aree alla produzione di sostanze alimentari in un periodo di forte incremento della domanda dei paesi in via di sviluppo.

L’incremento vistoso dei prezzi recentemente determinatosi in tale settore è stato determinato in realtà piuttosto dall’aumento di tale domanda, che non alla sottrazione di aree coltivabili: tuttavia il timore che si determini una competizione tra produzione alimentare ed energetica non è ingiustificato.

Su tale argomento nel nostro paese si è sviluppata una polemica da parte di quanti sostenevano che l’utilizzo di combustibili di origine vegetale alternativi a quelli di derivazione petrolifera fosse una soluzione altamente positiva, ma che essa fosse ostacolata dalla lobby degli operatori petroliferi.

E’ quindi opportuno fornire qualche dato di confronto.

Il BIODIESEL, prodotto da olio di colza o di girasoli (la produzione di BIOETANOLO attuale è trascurabile) ha un costo superiore a quello da petrolio.

La sua convenienza (a parte i vantaggi ambientali peraltro discussi), poggia sulla non applicazione su di esso delle accise. Promuovere o meno la promozione della produzione e utilizzo del BIODIESEL in Italia è quindi un problema di BILANCIAMENTO, da parte del Governo, tra la quantificazione dei vantaggi ambientali e le mancate entrate dovute all’esenzione delle tasse relative.

Per la soluzione di questo problema esistono indirizzi europei e decisioni già assunte dal Governo in Italia.

Una direttiva europea del 2003 suggerisce (non impone) che al 2010 l’utilizzazione in Europa di biocombustibili debba essere almeno pari al 5,75 % dei consumi energetici.

A fronte di tale forte indicazione è entrato recentemente in vigore il decreto che fornisce le modalità di applicazione dell’accisa agevolata al contingente defiscalizzato per il triennio 2008-2010: si tratta di 250 mila tonnellate di biodisel per il quale si applica una accisa di circa 85 euro al metro cubo, rispetto ai 423 euro applicati al gasolio per autotrazione.

Delle 250 mila tonnellate solo 70 mila sono relative a biodisel ricavato da produzione nazionale o comunitaria, mentre 180 mila possono essere assegnate ad imprese che importano le materie prime.

Alcune considerazioni relative alla fattibilità nel nostro paese di un progetto di un’ampia sostituzione dell’energia di origine FOSSILE con energia di origine vegetale nel settore dei trasporti, consentono di affermare l’impraticabilità dell’indirizzo europeo.

Nel 2010 il consumo energetico italiano nei trasporti dovrebbe attestarsi su circa 49 MTEP.

Di essi per rispettare l’indirizzo europeo 2,8 dovrebbero essere biocombustibili cioè 3,2 Mt di biodisel (1,7 Mt colza; 1,5 Mt girasole,) la cui coltivazione richiede 4,5 Mha di terreno.

Il territorio italiano è pari a 30 Mha e non è possibile trovare 4,5 Mha di terre marginali da destinare alla coltura di semi oleosi (l’Italia è già importatore di colza e girasoli: nel 2008 si stima siano prodotti appena 15-20 mila tonnellate di semi oleosi, e gli ettari coltivati 30 mila).

Se si volesse rispettare la direttiva europea bisognerebbe destinare alla produzione di biodisel terreni già utilizzati come agricoli o per foraggio, ed è di tutta evidenza l’assoluta mancanza di convenienza di sostituire l’importazione già molto elevata di prodotti agricoli alimentari con prodotti agricoli desinati all’energia.

Si deve aggiungere infine il fatto che molta parte della nostra economia è legata all’esportazione di prodotti derivanti da colture di nicchia di alta qualità, che evidentemente non possono e non devono essere abbandonate e sostituite da una tipologia di colture che richiedono altri contesti territoriali e climatici.

Quello che in Italia non solo è possibile, ma da sostenere anche con adeguati progetti di ricerca, è la realizzazione di piccoli impianti di produzione di BIOGAS o biocombustibili ecologicamente puliti, alimentati a livello locale con scarti agricoli e/o da industrie manifatturiere o infine con opportune coltivazioni delle limitate aree marginali non ancora utilizzate.

Tali impianti, se ben progettati soprattutto a livello dell’impatto ambientale, potrebbero contribuire in maniera anche significativa alla produzione di energia elettrica distribuita anche in connessione con l’impiego di celle a combustibile.

In questo campo programmi pubblici di ricerca, anche in stretta intesa con le industrie del settore, appaiono utili e urgenti.

Tra questi una posizione di primaria importanza è rappresentata dalla produzione di alghe in impianti dedicati, sfruttando i grandi progressi che si sono registrati nel settore della biologia per ottimizzare il tasso di crescita delle alghe e quindi la produttività di impianti dedicati.

Le correnti marine sono oggetto di forte attenzione in varie parti de mondo e il loro sfruttamento andrebbe forse riconsiderato, pur se il POTENZIALE contributo atteso nel nostro paese potrebbe risultare marginale.

E’ comunque necessario, alla luce del mutato quadro energetico, effettuare o riconsiderare studi già fatti per valutare la disponibilità di correnti marine economicamente sfruttabili nel Mediterraneo e sviluppare e sperimentare le tecnologie necessarie.