Anche se in genere è la politica che governa il mercato, ecco un esempio in cui il mercato prevale sulla politica. Mi riferisco alle implicazioni di un curioso fatto statistico: la somma delle età dei capo azienda delle prime tre società energetiche supera il livello di 190, mentre la stessa somma per le prime tre società di energie RINNOVABILI sì e no raggiunge quota 150. (Per fare il solito paragone, l’età media dei professori universitari ordinari è ormai 60 anni).
È questo un altro modo per dire che, silenziosamente, nel settore delle fonti RINNOVABILI si sta attuando un ricambio generazionale, perché le nuove tecnologie attirano personale e competenze più giovani. In tutte le professionalità rilevanti in azienda, dall’ingegneria alla finanza, dalla gestione delle risorse umane ai laboratori di ricerca, nel settore delle fonti RINNOVABILI l’età media è più bassa che nel resto del settore energetico. Questo è un ottimo segno di vitalità dell’imprenditoria e di sviluppo delle forze di mercato. Ci sono nuove piccole imprese dedicate alle fonti RINNOVABILI tutte fatte di giovani trentenni o poco più. È un fenomeno meno eclatante di quello del mitico Bill Gates – che cominciò giovanissimo la sua avventura – ma altrettanto importante.
Ecco allora che le usuali italiche incertezze, accompagnate da contorsioni ondivaghe delle “normette” che compaiono e appaiono nei disegni di legge in questo periodo, hanno un amaro sapore di conflitto intergenerazionale. Questo perché, come ho detto, ogni stop allo sviluppo delle fonti RINNOVABILI, ogni incertezza che scoraggia strategie di ricerca tecnologica, ogni dissapore su come calcolare quote e decimali costituisce un freno a nuovi posti di lavoro per i giovani e allontana gli investimenti da questo settore.
È dunque ora di dire basta a questo balletto sui CERTIFICATI VERDI in eccesso – se sono ritirabili o no dalle apposite agenzie pubbliche – sulle nomine di questi o di quelli, sull’inaccettabile ritardo del Conto Energia fantasma che non si capisce se c’è o non c’è, peggio di un personaggio di Lost. È ora che il nostro sistema politico condivida la semplice lezione che ormai sa ogni studente del primo anno di Economia: in presenza di esternalità (cioè della necessità di garantire uno SVILUPPO SOSTENIBILE), esiste una divergenza fra costi privati e benefici sociali. La differenza non può venire dagli investitori del mercato privato (appunto perché ci sono esternalità) e quindi deve essere finanziata con un sussidio che proviene dal risparmio pubblico (alias: tasse). Il ritorno sull’investimento, che sarebbe negativo ai costi di mercato, diventa positivo perché include anche il beneficio sociale, il cui costo è finanziato con il sussidio pubblico.
La nuova ricerca tecnologica farà abbassare i costi e renderà i sussidi superflui. Ora sembrerà velleitario parlare di sussidi da finanziare con tasse nel momento più acuto della crisi finanziaria mondiale, quando si stanno discutendo le manovre macroeconomiche. Ma ribadisco che gli incentivi per le fonti RINNOVABILI sostengono i posti di lavoro per i giovani.
Dal punto di vista macroeconomico, il reddito di questi giovani contribuisce alla crescita economica due volte: una prima perché si trasforma in domanda aggregata per sostenere i consumi; una seconda volta, perché producendo energia con risorse interne e non importate, si allevia il contributo negativo delle importazioni di energia.
In conclusione, gli incentivi alle fonti RINNOVABILI sono una misura di politica economica per i giovani, con pari dignità della riduzione delle auto blu, delle pensioni e simili. Il Presidente Berlusconi, che ha oggi la fortunata coincidenza di essere anche il ministro dell’Energia, non deve farsi sfuggire questa occasione.
Tratto da Nuova Energia 3 - 2010