Trova le risposte!
Usi e soluzioni atti a ridurre i consumi d'energia necessaria allo svolgimento delle varie attività, come la cogenerazione o la trigenerazione energetica, residenziale e non.

Altri articoli della stanza Risparmio e Usi Finali

Creato da Giorgio Nebbia « clicca sul nome per leggere il curriculum dell'autore

Sul risparmio dell'elettricità - Giorgio Nebbia -

In Italia abbiamo conosciuto, il 28 settembre 2003, il più grande blackout elettrico mondiale: tutto il paese è rimasto al buio per molte ore, in alcune regioni per un intero giorno.
Altri blackout si sono avuti in altri paesi europei e negli Stati Uniti, nella stessa Italia quando c'è stato un picco dei consumi nei caldi mesi estivi in cui in troppi hanno cercato un refrigerio nei condizionatori d'aria.

Da anni molte persone stanno mettendo in guardia verso i pericoli degli "eccessivi" consumi di elettricità che comportano un crescente INQUINAMENTO atmosferico e crescenti importazioni di combustibili fossili e della stessa elettricità; a chi suggeriva che il contenimento dei consumi elettrici avrebbe portato un miglioramento della salute e dell'economia è stato contrapposto il falso dogma che il progresso merceologico e industriale e l'occupazione sono proporzionali ai consumi elettrici.
E' stato quindi spacciato come dovere patriottico il consumare di più, e ciò è stato facilitato dalla diffusione frenetica di apparecchiature elettriche: elettrodomestici, telefoni cellulari, televisori, computer, scaldabagno e stufe elettrici, condizionatori d'aria, l'ILLUMINAZIONE splendente dei campi sportivi per ore e ore di notte (anche quando sono deserti), fino ai coltelli elettrici per tagliare il burro ...

Nella nostra vita felice tutto richiede elettricità; lo si vede dalle statistiche dei consumi crescenti – schizzati da 245 miliardi di chilowattora nel 1992 a 311 nel 2002 – a cui si fa fronte con la produzione nazionale mediante centrali termoelettriche, funzionanti con combustibili quasi esclusivamente di importazione, con una limitata produzione di energia idroelettrica (l'unica fonte energetica rinnovabile) e con pesanti importazioni di elettricità da Francia, Svizzera, eccetera.

L'Italia non può andare avanti così, tanto più che in tutti gli altri paesi industriali ci sono iniziative per regolare la produzione e i consumi elettrici.
E' interessante che simili iniziative siano state finalmente considerate proprio dalla autorità che gestisce la rete elettrica nazionale.
Le proposte riguardano due linee di azione.

La prima consiste nell'adottare macchinari che forniscono lo stesso servizio (freddo, acqua calda, aria fresca, luce, eccetera) con meno energia degli attuali.
Qualcosa comincia ad apparire anche in alcune etichette che sono però di difficile lettura soprattutto da parte di acquirenti a cui è stato fatto perdere il valore del "risparmio", del consumare "di meno".
Ci sono ormai in commercio elettrodomestici e apparecchiature che - a parità di servizio, per il funzionamento per un'ora con lo stesso effetto frigorifero o di lavaggio - richiedono meno elettricità; bisognerebbe ben spiegare che sono preferibili perché assicurano un vantaggio per il portafoglio dell'acquirente, ma anche per l'intera economia del paese.

Se si diffondesse una cultura rivolta a risparmiare elettricità, molte imprese potrebbero progettare e vendere elettrodomestici o altre apparecchiature a basso consumo elettrico e si creerebbero posti di lavoro e si stimolerebbe l'innovazione tecnica.
Non mi scandalizzerei se lo stato premiasse con incentivi monetari i produttori e gli acquirenti di macchinari a basso consumo di elettricità.
E' ben stato incentivato l'acquisto di automobili quando il mercato era ormai saturo; con le nostre tasse abbiamo ben finanziato coloro che buttavano via una automobile ancora funzionante per acquistarne un'altra.
Qui si tratterebbe di sostituire un macchinario ad alto consumo di elettricità con un altro a basso consumo (anche se non posso nascondere ai lettori che le operazioni di "rottamazione" anche a fini "buoni", ecologici, creano poi delle enormi masse di "rottami", appunto che comportano grossi problemi di smaltimento e di INQUINAMENTO).

L'altra importante strada per evitare i black-out consiste nell'incoraggiare una migliore utilizzazione dell'elettricità nelle varie ore del giorno.
La richiesta di elettricità da parte delle famiglie, degli uffici, delle industrie, è basso dalle 11 di sera, quando si spengono le luci e i televisori, alle cinque o alle sei di mattina, quando le persone si alzano, fanno il bagno, accendono le luci.
Poi va continuamente crescendo a mano a mano che si affollano gli uffici e i negozi e le fabbriche e che le massaie fanno il bucato: la richiesta di elettricità resta elevata fin verso le 18 quando si spengono le luci e le macchine negli uffici e nelle fabbriche; dalle 18 alle 23 la richiesta di elettricità da parte delle famiglie diminuisce; poi risulta bassa, come si è detto, di notte.

Le centrali elettriche però continuano a funzionare, e costano, anche quando vendono poca elettricità; d'altra parte i venditori di elettricità devono possedere delle centrali in grado di soddisfare la domanda massima, di picco, della giornata e dei mesi invernali.
Nel 1976, durante il vivace dibattito sui consumi energetici e sulle proposte di centrali nucleari, l'associazione Italia Nostra pubblicò un volumetto intitolato: "Quale energia", che cominciava riproducendo una pubblicità fatta negli Stati uniti dalla società Consolidated Edison (una specie di ENEL della costa atlantica), con lo slogan "save-a-watt", risparmiate potenza elettrica.
La società elettrica americana faceva pagare di meno l'elettricità a chi faceva il bucato o faceva funzionare le macchine nelle ore a bassa richiesta, dalle 10 di sera in avanti. In questo modo diminuiva la richiesta elettrica nelle ore di picco e la società poteva vendere la stessa quantità di elettricità senza bisogno di costruire nuove centrali che costavano agli azionisti.
E' lo stesso criterio con cui sono state adottate per molti anni con successo delle tariffe differenziate per le telefonate in modo da incentivare le telefonate nelle ore notturne e di domenica quando restano in parte inutilizzate le centrali telefoniche, le quali continuano a costare anche quando il traffico è limitato.

La proposta di adottare anche in Italia tariffe differenziate – la cosiddetta TARIFFA multi-oraria – per i consumi elettrici nelle varie ore del giorno è sempre stata rifiutata perché all'ENEL non interessava usare meglio le centrali esistenti, ma interessava costruire nuove centrali, pagate dai cittadini, con elevati costi finanziari e ambientali.
La proposta di tariffe multi-orarie arriva ora da parte dell'autorità preposta alla gestione delle reti elettriche; che il suo presidente abbia finalmente letto quello che Italia Nostra scriveva ventisette anni fa?