Alla base del concetto di RISPARMIO ENERGETICO vi è il riconoscimento che l’energia non è fine a se stessa, ma soltanto un mezzo per ottenere determinati beni, come costruire una casa o un’automobile, e servizi, come riscaldare un’abitazione o compiere un viaggio. E che questi beni e servizi richiedono generalmente quantità di energia diverse a seconda dei procedimenti che si seguono per ottenerli.
Seguire il criterio del RISPARMIO ENERGETICO significa allora scegliere le soluzioni tecnologiche che conducono a ridurre la spesa di energia a parità di risultato. Sicché il RISPARMIO ENERGETICO può essere considerato come una sorta di invisibile, ma efficace, fonte energetica alternativa addizionale.
Sappiamo inoltre che sfruttare al meglio l’energia disponibile, contenendone i consumi, contribuisce assai efficacemente a preservare l’ambiente del nostro pianeta e a ridurre i rischi di incidenti.
Un esempio immediato di RISPARMIO ENERGETICO? Sostituire le tradizionali lampadine a incandescenza con altre più efficienti, cioè che consumano meno energia a parità di ILLUMINAZIONE: oggi quelle fluorescenti, fra breve quelle a stato solido, cioè i LED (diodi emettitori di luce, che trasformano direttamente l’energia elettrica in energia luminosa).
EFFICIENZA ENERGETICA
Per discutere quantitativamente questa problematica si può definire una «efficienza» per ciascun diverso processo che conduce a un dato risultato, come rapporto fra l’energia minima necessaria per arrivare allo scopo e l’energia effettivamente spesa nel processo considerato.
Consideriamo, per fissare le idee, un impianto di riscaldamento, usato per mantenere l’interno di un’abitazione a una temperatura gradevole durante il freddo invernale. Qual è l’«efficienza» dell’impianto? Possiamo calcolarla considerando il rapporto fra l’energia termica fornita all’abitazione e l’energia chimica del combustibile. In tal caso l’efficienza risulta attorno all’80%, dato che tipicamente risulta inutilizzato soltanto il 20% circa dell’energia del combustibile (combustione imperfetta, perdite di calore, riscaldamento dei fumi). Questa grandezza risulterebbe poi assai più bassa considerando l’impiego di stufe elettriche. In tal caso, infatti, è vero che l’energia elettrica che utilizziamo viene convertita totalmente per effetto JOULE in energia termica, la quale viene poi tutta ceduta all’ambiente, però solo una frazione, mediamente il 40%, dell’energia del combustibile utilizzato in una centrale termoelettrica viene convertito in elettricità. E allora è chiaro che le stufe elettriche vanno usate con parsimonia.
Ma è davvero necessario, per riscaldare un ambiente, «creare calore» bruciando un combustibile o utilizzando l’elettricità? In realtà ci si può procurare il calore che ci occorre prelevandolo dall’esterno, più freddo, per «pomparlo» all’interno. Questo processo, per il secondo principio della termodinamica, non può avvenire spontaneamente, ma può essere ottenuto usando la macchina termica chiamata pompa di calore. Questo apparecchio funziona come una macchina frigorifera, utilizzando il lavoro meccanico L, fornito da un motore elettrico, per spostare la quantità di calore Q da una temperatura T1 a un’altra T2, più alta.
Se la pompa di calore funzionasse secondo un ciclo termico ideale, il rapporto fra il calore spostato Q e il lavoro svolto L, cioè l’energia spesa nel processo, sarebbe:
Q/L=T2/(T2-T1) (1)
cioè alquanto maggiore dell’unità. E questo è certamente un metodo di riscaldamento assai efficiente. Per esempio, volendo riscaldare un’abitazione alla temperatura di 22°C (T2 = 293 K), con il calore prelevato dall’acqua di uno stagno che si trova a 5°C (T1 = 278 K), il rapporto fra il calore ottenuto a T2 e l’energia spesa, applicando la formula (1), è: Q/E = 293/(293 – 278) = 15. Ma in realtà l’efficienza delle pompe di calore è alquanto più bassa, quando si tenga conto del costo energetico dell’energia elettrica e soprattutto del funzionamento effettivo di queste macchine, che è abbastanza diverso da quello ideale, quanto più vicine fra loro sono le due temperature di lavoro. E questa è la ragione per cui questo tipo d’impianto non è molto diffuso in Italia, anche per il suo maggior costo rispetto all’impiego di un normale bruciatore.
Fig. 1. Oggi le auto consumano circa la metà del carburante di quelle di trenta anni fa: sono più leggere, hanno motori più efficienti e si è posta maggiore attenzione a ridurre la resistenza dell’aria con forme aerodinamiche. Ma sono in vista ulteriori progressi. Nella fotografia, la Toyota ES3: un prototipo a 4 posti, che pesa circa 700 kg, grazie a una struttura in alluminio e resine plastiche, e ha un coefficiente aerodinamico di 0,23. Il consumo è di appena un litro di gasolio per 47 km; il motore viene spento automaticamente quando il veicolo si ferma e l’impiego di freni rigenerativi consente di recuperare l’energia cinetica persa durante le decelerazioni.
E qui possiamo anche notare, aprendo e chiudendo subito il discorso, che l’obiettivo del riscaldamento può essere affrontato ancor più efficacemente riducendo le perdite di calore verso l’esterno (Fig. 2).
Ora considerazioni analoghe alle precedenti possono farsi per qualsiasi processo nel quale si impiega dell’energia: l’ILLUMINAZIONE necessaria a leggere il giornale (è davvero necessario illuminare tutta la stanza?), la cottura di un alimento, il viaggio da una città a un’altra (si consuma più energia con il treno o con l’automobile?), …
Fig. 2. È ragionevole costruire edifici con grandi pareti vetrate? Si capisce facilmente che questa scelta è assai discutibile: occorreranno infatti grandi quantità di energia per mantenere gli interni al caldo nel periodo invernale e per raffreddarli durante quelli estivi. Sarebbe meglio, certamente, ispirarsi maggiormente all’architettura tradizionale.
Particolare importanza, ai fini del consumo complessivo di energia, presentano i processi produttivi dell’industria, considerando l’energia impiegata per trasformare un minerale GREZZO in un metallo (ferro, rame, alluminio, …) o per fabbricare un qualsiasi manufatto. L’efficienza di questi processi viene usualmente misurata in termini della cosiddetta intensità energetica, data dal rapporto fra l’energia spesa per realizzare un dato prodotto e il valore del prodotto (6,28 kJ/euro nel 2005). Qui il criterio del RISPARMIO ENERGETICO ha condotto nel tempo a una serie di miglioramenti tecnologici, che hanno portato a ridurre il valore dell’intensità energetica complessiva del sistema industriale. È chiaro d’altra parte che questi progressi non richiedono soltanto nuove tecnologie, ma anche considerevoli investimenti, e che i risultati si manifestano solo lentamente negli anni.
Un contributo importantissimo a questi progressi è derivato dai miglioramenti del rendimento dei motori termici1, usati per trasformare energia termica in energia meccanica, come è mostrato nella Fig. 3. Oggi si arriva infatti a ottenere rendimenti
di conversione fin quasi al 60% utilizzando nelle centrali elettriche i cosiddetti sistemi a CICLO COMBINATO, costituiti dall’accoppiamento di una turbina a gas e di una turbina a vapore: la prima è alimentata dai gas prodotti dalla combustione di GAS NATURALE, la seconda dal vapore fortemente riscaldato dai gas all’uscita della prima.
Fig. 3. I progressi nella comprensione dei fenomeni che si verificano nei motori termici e i perfezionamenti delle tecnologie e dei materiali hanno condotto a migliorare il rendimento di queste macchine nel corso di tre secoli: dallo 0,5% del motore di Newcomen all’inizio del Settecento al quasi 60% dei sistemi a CICLO COMBINATO usati oggi nelle centrali termoelettriche. Che cosa significa migliorare il rendimento delle centrali? Significa, a parità di energia elettrica prodotta, ridurre il consumo di combustibile con il vantaggio ulteriore di ridurre l’INQUINAMENTO ambientale e le emissioni di CO2.
L’idea di sfruttare il calore Q1 che un motore termico cede inevitabilmente alla “sorgente fredda” (generalmente tutt’altro che “fredda”), trova impiego anche negli impianti di COGENERAZIONE, nei quali si genera sia energia meccanica che energia termica. Qui il calore residuo, anziché venire disperso nell’ambiente, con inevitabili effetti di INQUINAMENTO termico, viene impiegato utilmente: in impianti industriali che necessitano di energia termica oppure per il riscaldamento di edifici o di interi quartieri cittadini. E allora, a parte le inevitabili dispersioni di calore, si può dire che tutta l’energia del combustibile viene pienamente utilizzata.
Il RISPARMIO ENERGETICO alla nostra portata
L’energia utilizzata nelle abitazioni rappresenta un quinto del fabbisogno energetico nazionale. Secondo gli esperti, l’impiego dei criteri del RISPARMIO ENERGETICO potrebbe condurre a ridurre di circa il 30% la quantità di questa energia. E in effetti si può fare parecchio in tal senso: sia da subito e senza spesa apprezzabile, sia in seguito, con qualche spesa, in occasione del rinnovo di elettrodomestici o prendendo altre iniziative. Esempi di interventi immediati, alcuni dei quali ovvi ma non sempre messi in pratica, sono i seguenti.
Riscaldamento: dove è possibile, d’inverno mantenere in casa una temperatura di non oltre 20°C; evitare di aprire le finestre quando il riscaldamento è in funzione; fare in modo che il flusso convettivo dell’aria scorra liberamente attorno ai termosifoni, liberandoli da mobili o tendaggi; nelle regioni più fredde, sostituire i vetri delle finestre con doppi vetri.
ILLUMINAZIONE: spegnere le luci laddove non occorrono (soprattutto d’estate, ricordando che si tratta di generatori di calore); sostituire le lampade a incandescenza con lampade fluorescenti compatte (che a parità di ILLUMINAZIONE consumano l’80% in meno); pulire periodicamente i riflettori dei lampadari a luce diffusa; non eccedere inutilmente nei livelli di ILLUMINAZIONE.
In cucina: non usare il forno per scongelare una rosetta; regolare il gas al minimo necessario per cuocere gli alimenti, evitando di destinare la maggior parte dell’energia al cambiamento di stato dell’acqua; usare pentole e padelle delle minime dimensioni necessarie allo scopo.
Elettrodomestici: aprire lo sportello del frigorifero con parsimonia e non introdurvi alimenti caldi; tenere spenti gli apparecchi non utilizzati (anche quelli, come i televisori, che si possono lasciare in riposo, ma che anche così consumano energia); usare la lavastoviglie soltanto a pieno carico e alla minima temperatura dell’acqua indispensabile per il lavaggio.
Altri interventi, più impegnativi, riguardano la sostituzione di eventuali scaldabagni elettrici con apparecchi a gas, la scelta di elettrodomestici a basso consumo, l’installazione nei termosifoni di valvole termostatiche o di “contabilizzatori del calore”; l’impiego di pompe di calore al posto dei bruciatori usuali.
Notiamo infine che la raccolta differenziata dei rifiuti può dare un notevole contributo al RISPARMIO ENERGETICO. La parte combustibile viene infatti impiegata nelle centrali termiche chiamate termovalorizzatori (da una tonnellata di rifiuti trattata può essere prodotto circa 1 GJ di elettricità). Ma è molto utile anche il recupero di determinati materiali. Per riciclare l’alluminio, ad esempio, occorre appena il 5% dell’energia necessaria per ottenere il metallo dal minerale, che richiede un processo elettrolitico energeticamente assai dispendioso.
Gli USI FINALI dell’energia
L’energia consumata in Italia nell’anno 2005 ammonta complessivamente a 198milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, pari a 8,3 EJ (1 EJ = 1018 J). A questo fabbisogno contribuiscono in modo predominante i combustibili fossili. La Fig. 4 rappresenta i consumi di energia per settore d’impiego.
Fig. 4. I tre settori che in Italia richiedono le maggiori quantità di energia, ciascuno all’incirca 1/3 del totale, sono l’industria, i trasporti e il settore civile, nel quale rientrano il terziario e il residenziale.
Questi dati, tuttavia, non rendono conto della struttura interna e della complessità del “sistema energia” nazionale. Per esempio, il petrolio (e i suoi derivati) viene usato sia come combustibile per il riscaldamento sia come carburante per gli autoveicoli, ma serve anche a produrre energia elettrica e viene impiegato come materia prima dall’industria delle materie plastiche. È chiaro allora che in alcuni di questi impieghi il petrolio è insostituibile, in altri solo parzialmente sostituibile, in altri ancora totalmente sostituibile con altre fonti di energia.
I consumi di energia, infatti, si diversificano fortemente nei differenti settori d’impiego, in relazione agli USI FINALI: ILLUMINAZIONE, riscaldamento, energia meccanica per i trasporti,…
Sicchè i numeri che esprimono i consumi totali di energia, o quelli per settore, rappresentano soltanto delle quantità complessive, senza però rendere conto dei tipi di energia necessari effettivamente per soddisfare gli USI FINALI. In altre parole, non esiste, da parte della società, una domanda generica di elettricità, di petrolio o di GAS NATURALE, ma piuttosto una domanda specifica per ciascuno dei diversi USI FINALI dell’energia (trasporto, riscaldamento, …), che può essere soddisfatta, a fronte delle tecnologie disponibili, con l’una o l’altra delle varie fonti di energia. Più economicamente e/o più ecologicamente con l’una oppure con l’altra.
1 Migliorare il rendimento dei motori termici è un obiettivo di sempre, esplicitamente menzionato già nel titolo del brevetto del motore di James WATT “Metodo nuovamente trovato per la riduzione del consumo di vapore e combustibile nelle macchine a fuoco”, che risale al 1769.
Tratto da Nuova Secondaria - N. 6 2009 - Anno XXVII