Abstract dell'intervento di Alberto Biancardi al convegno "Gli attori mediterranei tra sviluppo, innovazione energia e ambiente"
I Paesi che si affacciano sul Mediterraneo possono essere idealmente raggruppati in tre aree geopolitiche al loro interno relativamente omogenee e tra loro molto diverse: la frontiera meridionale dell'Unione Europea, la riva adriatica della regione balcanica ed il nord Africa.
L'elenco delle differenze è molto lungo ed è fuori dallo scopo di questa riflessione. Volendo, però, limitare il confronto ai temi energetici, la prima distinzione che salta agli occhi è quella che divide i Paesi importatori di materie prime energetiche dai Paesi esportatori. Spagna, Francia ed Italia importano la maggior parte dell'energia da fonte primaria utilizzata per coprire i rispettivi fabbisogni. Non va, infatti, dimenticato che la centrali nucleari francesi utilizzano URANIO importato. Sulla sponda opposta del Mediterraneo Libia e Algeria sono grandi produttori di GAS NATURALE, che esportano anche verso l'Italia. In una posizione intermedia si colloca la regione dei Balcani, che presenta consumi relativamente contenuti, abbondanza di bacini idroelettrici ed una collocazione geografica che la pone sul luogo di transito dei futuri gasdotti che collegheranno l'Unione Europea ai giacimenti asiatici.
Da un lato, quindi, Paesi energivori (si pensi che la domanda di energia elettrica al picco in Francia ha raggiunto i 102 GW), sprovvisti di combustibili fossili, dall'altro Paesi con economie meno sviluppate ma ricchi di energia. Creare mercati nazionali ed integrarli è servito, tra le altre cose, a facilitare lo scambi di energia tra Paesi. Il mondo energetico è tuttavia al centro di profonde trasformazioni, che interessano tutte le fasi della filiera, dalla produzione agli impieghi finali, passando per il trasporto e più in generale per la gestione dei servizi di rete. I ruoli tradizionali di Paesi esportatori ed importatori netti di energia stanno evolvendo. Si pensi ad esempio alla rivoluzione innescata dallo shale gas, che sta trasformando gli Stati Uniti da Paese importatore di gas a Paese esportatore. Nuove rotte per i flussi energetici si stanno aprendo, rendendo quanto mai attuale l'esigenza di completare l'integrazione internazionale dei mercati energetici, sia attraverso la condivisione di regole comuni sia potenziando le vie di trasporto, siano esse elettrodotti, gasdotti o terminali di rigassificazione.
Molto spesso si è fatto riferimento a tali trasformazioni con l'espressione "cambio di paradigma". Come in ogni paradigma si possono annidare potenziali contraddizioni, anche nei nuovi principi a cui sembra ispirarsi il futuro mondo energetico si può riscontrare la presenza di spinte in opposte direzioni. Se da un lato, infatti, si assiste ad una spinta che porta ad intensificare gli scambi, dall'altro le politiche di sostenibilità ambientale stanno creando le premesse per una contrazione degli scambi di energia. Il recente sviluppo delle fonti RINNOVABILI nei Paesi dell'Europa mediterranea, ed in particolare in Italia, ha dato avvio ad una graduale riduzione del grado di dipendenza dall'estero di tali Paesi e sta inducendo ad un ripensamento dell'assetto complessivo del settore energetico. Basti pensare che al 2011 la capacità di generazione elettrica da fonte rinnovabile ammontava a circa 41 GW, su un totale di capacità installata di 105 GW e a fronte di una domanda di picco non superiore ai 60 GW. Nell'ottobre 2012, stando ai dati forniti dal GME, il 30% delle vendite di energia elettrica nel mercato all'ingrosso italiano è stato coperto da energia da fonte rinnovabile. Solo un anno fa la percentuale era di poco superiore al 20%.
L'impiego massiccio delle fonti RINNOVABILI ha dato avvio ad una vera e propria rivoluzione nelle modalità utilizzate per produrre energia e renderla disponibile ai consumatori. Dal punto di vista degli scambi internazionali, va tenuto conto che, con la diffusione delle RINNOVABILI cambia la localizzazione geografica delle fonti. Mentre i combustibili fossili sono concentrati in alcune aree del Pianeta, il sole, il vento, l'acqua, l'energia geotermica sono distribuiti in maniera alquanto omogenea. Ogni Paese, seppure in maniera differente, dispone di una dotazione di FONTI ENERGETICHE PRIMARIE RINNOVABILI.
Il principale problema all'impiego delle fonti RINNOVABILI non è legato, per definizione e contrariamente alle fonti fossili, alla loro scarsità. Piuttosto, sono i processi produttivi delle apparecchiature di trasformazione, ovvero gli impianti di generazione, ad essere relativamente troppo costosi perché l'energia prodotta da fonte rinnovabile sia competitiva rispetto a quella prodotta da fonte tradizionale.
Se si considera, tuttavia, quanto avvenuto per il FOTOVOLTAICO nell'arco di pochi anni, ci si rende conto che una fonte universalmente disponibile sta per diventare anche competitiva sotto il profilo economico, grazie alla riduzione dei costi di investimento. La diffusione delle fonti RINNOVABILI non solo ha reso endogena ai singoli Paesi la fonte primaria, ma la ha anche resa accessibile direttamente ai singoli consumatori.
Ancora una volta l'esempio del FOTOVOLTAICO è chiarificatore: ciascuna famiglia, potenzialmente, può produrre con un micro impianto l'energia di cui ha bisogno. La figura del produttore-consumatore, il cosiddetto prosumer, incarna una concezione apparentemente nuova del rapporto tra individuo e sistema produttivo, in cui grazie al progresso tecnologico, l'individuo è messo nella condizione di soddisfare il suo bisogno di energia producendosela direttamente e quindi non passando, almeno in parte, per lo scambio di mercato. Il prosumer è l'emblema di un sistema produttivo tendenzialmente autarchico, dove lo scambio con l'esterno è finalizzato alla sola esigenza di sopperire allo sfasamento temporale tra produzione e consumo, in assenza di sistemi di accumulo di piccola taglia economicamente convenienti. Un modello di economia in cui produttore e consumatore coincidono, seppure limitatamente ai soli servizi energetici, non è nuovo nella storia economica, ma anzi è il modello prevalente nelle società rurali, prive in parte o in tutto, di economia di mercato. Può quindi apparire paradossale che, proprio in un'epoca in cui si afferma una forte volontà politica a completare l'integrazione fisica e normativa dei mercati energetici, le tecniche di produzione dell'energia favoriscano una contrazione degli scambi che passano per il mercato. Così come il modo di produrre energia sta radicalmente cambiando, anche la funzione delle reti energetiche è soggetta ad una forte trasformazione.
In passato, nel settore elettrico, le reti hanno consentito il trasporto dell'energia da un limitato insieme di punti di produzione ad una miriade di punti di consumo localizzati sul territorio. Il trasporto su lunghe distanze, benché in sé poco efficiente a causa delle perdite di rete, rappresentava comunque una soluzione complessivamente conveniente a causa delle forti economie di scala nella generazione. Attualmente la riduzione della scala di produzione e la conseguente diffusione della generazione localizzata in prossimità del luogo di consumo, ha modificato la funzione d'uso della rete: da un lato si riduce il valore aggiunto del servizio di trasporto e dall'altro aumenta il valore aggiunto del servizio di BILANCIAMENTO o di STOCCAGGIO attraverso la rete. Quest'ultimo concetto, ad esempio, è quello che sottende il meccanismo di scambio sul posto, sperimentato con i micro impianti fotovoltaici: il produttore-consumatore trasferisce nel tempo l'energia prodotta immettendola in rete quando l'autoproduzione è in eccesso rispetto al proprio fabbisogno e prelevandola quando accade il contrario. La micro produzione diffusa, pertanto, oltre a ridurre la necessità di ricorso al mercato per lo scambio di energia riduce anche il ricorso alla rete come sistema di trasporto, facendo venire meno ulteriormente l'esigenza di avere un sistema integrato. Tuttavia, almeno stante la tecnologia attuale, il sistema elettrico non può trasformarsi in un arcipelago di isole di produzione e consumo del tutto autosufficienti.
Gran parte delle fonti RINNOVABILI ha natura intermittente, in quanto non consente di erogare potenza in maniera continuativa nel tempo. La fonte solare, ad esempio, è caratterizzata da evidente ciclicità, che la rende disponibile solo nelle ore centrali della giornata. La discontinuità o intermittenza può assumere anche carattere aleatorio, rendendo molto difficile se non del tutto impossibile assoggettare l'uso dell'impianto al rispetto di un programma. Rimanendo nell'ambito dell'esempio della fonte solare, si pensi alla mutabilità inattesa delle condizioni meteorologiche che hanno incidenza sull'irraggiamento luminoso.
La non programmabilità di buona parte delle fonti RINNOVABILI rappresenta un limite alla loro diffusione. Fintanto che la tecnologia disponibile non rende economicamente conveniente la realizzazione di impianti dotati di propri sistemi di accumulo dell'energia, che bilancino in loco la mancata produzione, sarà necessario ricorrere a sistemi di BILANCIAMENTO centralizzato, gestiti tanto sulla rete di TRASMISSIONE quanto sulle reti di DISTRIBUZIONE. Detta in altro modo, in attesa che gli impianti alimentati da fonti RINNOVABILI si dotino di propria flessibilità, il sistema ha bisogno di soddisfare la domanda di flessibilità ricorrendo a servizi offerti in maniera differenziata e specializzata. Verosimilmente le grandi reti di trasporto, prevalentemente costruite nel secolo scorso, serviranno sempre più a garantire la fruibilità dei servizi di flessibilità e sempre meno a trasportare energia.
Quest'ultima considerazione è foriera di alcune conseguenze non trascurabili. In prospettiva, i mercati rilevanti nel mondo dell'energia saranno i mercati dei servizi energetici, tra cui i servizi che favoriscono un sistema più flessibile e sicuro. L'Italia, per la sua posizione geografica, benché sfornita di fonti fossili di energia, può candidarsi a fornire servizi ai Paesi confinanti. In quest'ottica, l'integrazione sia fisica che normativa, non è solo un obbligo da assolvere nel breve periodo imposto dall'appartenenza all'Unione Europea, ma un'opportunità di sviluppo del proprio sistema energetico.