Ogni attività umana richiede l'impiego di energia. L'etimologia stessa della parola ci rammenta che occorre energia per compiere un qualsiasi tipo lavoro (ergon), sia quello svolto dall'uomo che quello eseguito dalle macchine.
In molti casi è proprio la maggiore o minore disponibilità di energia che rende più o meno facile realizzare una data attività. Per questo motivo, entrare nella disponibilità di quantitativi sempre più ingenti di energia è stato un obiettivo perseguito costantemente durante il corso della storia umana. Apparentemente l'universo abbonda di energia, tuttavia solo una piccolissima porzione di essa è, almeno finora, assoggettabile agli usi umani. In altre parole, l'energia disponibile è una risorsa scarsa e, pertanto, ogni forma di impiego rappresenta una preclusione, anche solo parziale, di altre forme di impiego alternative. Come impiegare al meglio l'energia a cui si ha accesso è, quindi, uno dei problemi con cui ogni individuo, così come ogni comunità, si deve confrontare quotidianamente. Proprio la scarsità induce a fare un uso parsimonioso di questa risorsa.
In particolare, a parità di attività che si intende compiere, il decisore razionale cerca di scegliere quella modalità che richiede il minor impiego possibile di energia, ovvero la modalità più efficiente, per usare un'espressione cara agli economisti.
Esistono, infatti, differenti modalità con cui è possibile catturare l'energia presente in natura e renderla fruibile. Ciascuna modalità rappresenta una delle possibili tecnologie che il sapere scientifico è in grado di offrire in un dato momento storico.
In natura l'energia è presente in varie forme, così come varie sono le fonti da cui proviene. Per ciascuna di queste fonti sono state sviluppate tecnologie che trasformano lo stato primario in cui l'energia si trova, in una stato che ne consente l'immediata applicazione all'attività umana.
Rendere disponibile per gli usi umani una qualsiasi forma di energia richiede, d'altro canto, che venga speso del lavoro e quindi dell'altra energia.
Per rendere, ad esempio, disponibile l'energia contenuta nei combustibili fossili, come carbone, petrolio o GAS NATURALE, occorre intraprendere un'attività estrattiva dai giacimenti, costruire infrastrutture (ferrovie, oleodotti, gasdotti, porti...) atte a trasportare la materia prima dai luoghi di produzione a quelli di utilizzo, provvedere allo STOCCAGGIO per far fronte ai possibili sfasamenti tra esigenze di consumo e ritmi di produzione, organizzare la DISTRIBUZIONE sul territorio, sino a provvedere all'erogazione dei servizi energetici finali.
Accanto alle fonti primarie di energia (i combustibili fossili, l'uranio, il sole, il vento, il movimento dell'acqua, il calore della sottosuolo terrestre...), ve ne sono altre, come l'energia elettrica, prodotte dall'uomo attraverso processi di trasformazione dell'energia fornita dalle fonti primarie.
Analogamente a quanto detto sopra, per rendere disponibile l'energia elettrica nei luoghi di consumo (case, fabbriche, uffici etc.) occorre costruire impianti di generazione, alimentarli con energia primaria e collegarli ai punti di consumo attraverso un complesso sistema di linee, stazioni di trasformazione ed altre apparecchiature che va sotto il nome di rete elettrica.
Ognuna di queste attività appartiene alla cosiddetta filiera dell'energia ed assorbe a sua volta energia. Si viene così a creare una catena virtualmente infinita nei cui anelli si alternano attività che assorbono energia ed attività che rendono disponibile energia, in un continuo processo di trasformazione.
A seconda della disponibilità di fonti primarie di energia (come giacimenti, corsi fluviali, aree irraggiate dal sole o spazzate dal vento), il complesso di attività che in un Paese occorre intraprendere per rendere fruibili i servizi energetici può risultare più o meno oneroso.
L'Italia (fig.1) è un Paese relativamente povero di fonti primarie e pertanto fortemente dipendente dalle importazioni. Più dell' 80% dell'energia complessivamente consumata in Italia proviene da altri Paesi.
Se confrontato con quello di altre economie europee di dimensioni comparabili, come Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna, il grado di dipendenza italiano dall'approvvigionamento dall'estero risulta sempre superiore ed in alcuni casi anche in maniera sensibile. Dipendere dall'estero per l'energia che si utilizza significa essere esposti al rischio di perdere la disponibilità di una risorsa preziosa laddove si verificassero interruzioni delle forniture per cause tecniche o per motivi geopolitici. Questa considerazione spiega l'importanza attribuita dalle autorità italiane alla sicurezza energetica, obiettivo prioritario della politica energetica nazionale.
Figura 1 Grado di DIPENDENZA ENERGETICA dall'estero (anno 2010)
Non è questa però la sola caratteristica che differenzia l'Italia dalla media dei Paesi dell'Unione Europea sotto il profilo energetico. Negli ultimi anni la quota di GAS NATURALE utilizzato in Italia rispetto ad altre fonti è notevolmente aumentata, stabilizzandosi intorno al 40% (dati 2010), livello considerevolmente superiore alla media europea (26%); viceversa, la quota relativa al consumo di carbone (8%) è circa la metà. Inoltre l'Italia, attraverso la scelta referendaria, ha confermato la volontà di non ricorrere all'energia termo-nucleare, per l'elevata rischiosità associata.
Lo sviluppo del consumo di gas è in gran parte dovuto al suo impiego nella produzione di energia elettrica, a causa degli indubbi vantaggi sia di natura ambientale (minori emissioni di CO2 rispetto ad altri combustibili, come il carbone) sia di natura tecnologica (minori tempi e costi di costruzione delle centrali, maggiore flessibilità nella gestione degli impianti di generazione).
Tuttavia, questa opzione presenta anche svantaggi. Il trasporto di gas dai luoghi di produzione a quelli di consumo può avvenire secondo due modalità: attraverso gasdotto o attraverso navi (previa liquefazione e successiva rigassificazione). Sino ad oggi la modalità principale utilizzata dall'Italia per approvvigionarsi di gas dall'estero è stata il gasdotto, in considerazione anche dell'opposizione delle comunità locali ad ospitare impianti di rigassificazione considerati rischiosi. Questa scelta comporta la possibilità di interagire con un ristretto numero di Paesi fornitori (Russia, Norvegia, Olanda, Algeria), dipendentemente dal numero di gasdotti costruiti.
Nei confronti dei produttori di gas, il nostro Paese vanta un limitato potere contrattuale, non potendo agevolmente sostituirli con altri fornitori potenziali. Il mercato del gas si configura, pertanto, come mercato oligopolistico, in cui i produttori hanno il potere di mantenere i prezzi al di sopra dei costi e godere di posizioni di rendita. Inoltre, per motivi di sicurezza, si sono privilegiati contratti di lungo periodo contenenti clausole che, in alcune circostanze, si rivelano economicamente non convenienti per gli acquirenti (cosiddette clausole take or pay).
La scarsa concorrenza nei mercati energetici non è però l'unica fonte di inefficienza e quindi di maggiore spesa per i consumatori.
L'uso dell'energia, come qualsiasi altra attività umana, genera modifiche dell'ambiente in cui tale attività ha luogo. In particolare, i processi di combustione generano emissioni di gas clima alteranti, i cui effetti sono riassumibili nel fenomeno del riscaldamento globale.
Gli effetti negativi di tali emissioni non sono sopportati solo dai responsabili delle emissioni, ma anche da tutti gli altri individui che appartengono alla collettività e che non hanno possibilità di intervenire direttamente per controllare il fenomeno. Le decisioni private riguardanti l'uso di energia prodotta con l'impiego di combustibili fossili non tengono in considerazione i costi sociali ad esse associati e pertanto non sono efficienti. In particolare, il consumo di energia tende ad essere superiore a quello che risulterebbe se si tenesse conto degli effetti ambientali.
Per far fronte a tale DISTORSIONE, l'Unione Europea ha fissato nel 2008 tre obiettivi che gli Stati Membri devono raggiungere entro il 2020 (pacchetto clima-energia): ridurre le emissioni di CO2 del 20% rispetto ai valori del 1990; produrre energia elettrica per almeno il 20% attraverso l'impiego di fonti RINNOVABILI; risparmiare il 20% di energia rispetto ai livelli del (2006 ?)
Il perseguimento di ciascuno di questi obiettivi comporta un aumento dei costi di utilizzo dell'energia nel breve periodo. La riduzione delle emissioni di CO2, a meno di non essere perseguita attraverso una corrispondente contrazione delle attività di produzione e consumo, richiede ingenti investimenti in ricerca tecnologica (ad es. in processi di cattura e STOCCAGGIO della CO2) . La produzione di energia elettrica da fonti RINNOVABILI attualmente è più costosa rispetto a quella da fonti fossili e richiede il sussidio pubblico per poter essere economicamente conveniente. In Italia, tali sussidi sono finanziati attraverso la bolletta elettrica e quindi concorrono ad aumentare la spesa del consumatore finale.
Due sono le modalità per risparmiare energia: ridurre il consumo dei servizi energetici (ad es. riducendo l'utilizzo degli elettrodomestici o producendo una minore quantità di beni e servizi) oppure, a parità di servizi energetici consumati, ridurre la quantità di energia necessaria a produrli. Questa seconda opzione può comportare la necessità di adottare tecnologie più costose, che in assenza di sussidi pubblici, non avrebbero diffusione. Anche l'EFFICIENZA ENERGETICA quindi, seppure in maniera quantitativamente inferiore, grava sulla BOLLETTA ENERGETICA delle famiglie e delle imprese.
Per far fronte all'aumento del costo dell'energia, dovuto ai diversi fattori citati, quali la scarsità delle fonti, il potere di mercato dei produttori, la presenza di costi ambientali, i Paesi dell'Unione Europea hanno intrapreso un percorso di creazione del mercato interno dell'energia, il cui completamento è previsto nei prossimi anni, con l'intento di aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti e l'efficienza, attraverso la maggiore competizione che fa seguito all'abbattimento delle barriere allo scambio.
L'Italia è impegnata in prima linea, insieme agli altri Paesi, a sostenere lo sforzo per ridurre il contenuto di CARBONIO nel sistema economico (cosiddetta decarbonizzazione dell'economia) e per mantenere il suo sistema energetico sicuro, non solo in termini di approvvigionamento/fornitura ma anche in termini di impatto ambientale.
Il processo di trasformazione del sistema energetico non sempre segue percorsi lineari e talvolta genera inefficienza ( ad es. sostegno di tecnologie che si rivelano, nel tempo, meno virtuose di altre) a discapito dell'intera collettività.
Il maggior costo dell'energia in Italia è, come si è visto, il risultato di una molteplicità di fattori, alcuni governabili altri non, tra cui occupa una posizione non trascurabile il grado di avversione al rischio del cittadino medio, presumibilmente più elevato che altrove.