Nel giugno 1992 a Rio de Janeiro, nel corso della Conferenza Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo, nei paesi aderenti alle Nazioni Unite hanno sottoscritto diversi documenti relativi ad impegni finalizzati allo “SVILUPPO SOSTENIBILE” e tra questi la “Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici”.
Firmando questa convenzione gli stati si sono impegnati ad adottare programmi e misure finalizzate alla prevenzione, controllo e mitigazione degli effetti delle attività umane sul pianeta.
In particolare, l’obiettivo della Convenzione è quello di (art. 2) “stabilizzare le concentrazioni nell’atmosfera dei gas ad EFFETTO SERRA ad un livello tale da impedire pericolose interferenze di origine umana con il sistema climatico”.
Nella Convenzione Quadro è stato istituito un organo definito “Conferenza delle Parti (COP)”, al quale viene demandato il compito fondamentale di dare attuazione agli impegni generali contenuti nella Convenzione stessa.
Nel dicembre 1997, a Kyoto, è stato concordato un Protocollo attuativo della Convenzione che impegna i Paesi industrializzati e quelli in economia di transizione (i Paesi dell’est europeo), responsabili di oltre il 70% delle emissioni mondiali di GAS SERRA, a ridurre complessivamente, del 5,2% rispetto ai livelli del 1990, le emissioni entro il 2012.
La riduzione complessiva 5,2% viene ripartita in maniera diversa: per i Paesi dell’Unione Europea nel loro insieme, la riduzione deve essere dell’8%, per gli Stati Uniti dell’7% e per il Giappone del 6%.
Nessuna riduzione, ma la stabilizzazione è prevista per la Russia, la Nuova Zelanda e l’Ucraina.
Il Protocollo consente invece di aumentare le loro emissioni fino all’1% alla Norvegia, all’Austria fino all’8% e all’Islanda fino al 10%.
Non sono previste limitazioni alle emissioni di gas ad EFFETTO SERRA per i Paesi in via di sviluppo, perché tale limite rallenterebbe o comunque condizionerebbe il loro sviluppo.
Le limitazioni alle emissioni, infatti, si ripercuoterebbero sulla produzione e sui consumi di energia, sull’agricoltura, sull’industria comportando costi aggiuntivi che i Paesi in via di sviluppo non sono in grado di sostenere.
Il Protocollo indica inoltre le politiche e le misure che dovranno essere adottate per la riduzione delle emissioni:
• Promozione dell’EFFICIENZA ENERGETICA;
• Sviluppo delle fonti RINNOVABILI di energia e delle tecnologie innovative per la riduzione delle emissioni;
• Protezione ed estensione delle foreste per incrementare la capacità del pianeta di assorbire l’ANIDRIDE CARBONICA;
• Promozione dell’agricoltura sostenibile;
• Limitazione e riduzione della produzione di METANO nelle discariche di rifiuti e in altri settori energetici;
• Misure fiscali appropriate per disincentivare le emissioni di GAS SERRA.
Il PROTOCOLLO DI KYOTO prevede che le misure nazionali siano integrate da strumenti di cooperazione tra paesi in modo da ottenere il massimo risultato di riduzione con il minimo costo.
Gli strumenti di cooperazione tra paesi vengono chiamati “meccanismi flessibili”:
• Joint implementation, per la realizzazione, tra paesi industrializzati, di programmi comuni in qualsiasi settore dell’economia, finalizzati alla riduzione delle emissioni mediante la diffusione e l’impiego di tecnologie più efficienti, con accreditamento ad entrambe le parti dei risultati ottenuti;
• Clean Development Mechanism, per la realizzazione di programmi finalizzati a progetti di SVILUPPO SOSTENIBILE nei paesi in via di sviluppo, che prevedano anche industrializzazione ad alta EFFICIENZA tecnologica e energetica, attuati dai paesi industrializzati in cambio di quote certificate di riduzione delle emissioni;
• EMISSION TRADING, che permette ad ogni Paese, nell’esecuzione dei propri obblighi, di trasferire i propri diritti di emissione o acquisire i diritti di emissione di un altro Paese.
Non tutti questi meccanismi sono ancora operativi e le prossime “Conferenze delle Parti” dovranno definire le linee-guida, i regolamenti, le modalità di accesso e di utilizzazione necessari ad un corretto utilizzo di tali strumenti.
Il PROTOCOLLO DI KYOTO, nonostante siano trascorsi diversi anni dalla sua stesura, non è ancora stato ratificato da tutti gli stati che lo proposero, ma ha già prodotto rilevanti conseguenze economiche ed organizzative in particolare nel settore energetico.
LE MISURE NAZIONALI DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI GAS SERRA
Con la delibera del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) del 19/11/1998 l’Italia ha adottato le “Linee Guida per le politiche e le misure nazionali di riduzione delle emissioni dei GAS SERRA” che individuano gli obiettivi e le misure settoriali per la riduzione entro il 2008-2012 e rispetto ai livelli del 1990, del 6% delle emissioni.
Le “Linee Guida” prevedono la realizzazione di sei azioni nazionali:
AZIONE 1: aumento dell’efficienza nelle centrali termoelettriche;
AZIONE 2: riduzione dei consumi energetici nel settore dei trasporti;
AZIONE 3: produzione di energia da fonti RINNOVABILI;
AZIONE 4: riduzione dei consumi energetici nei settori abitativo/terziario ed industriale;
AZIONE 5: riduzione delle emissioni nei settori non energetici;
AZIONE 6: assorbimento delle emissioni di CARBONIO da parte delle foreste.
Sono inoltre previsti programmi di riduzione delle emissioni da promuovere nell’ambito dei meccanismi di “Joint Implementation” e “Clean Development Mechanism”, che dovranno coprire circa il 25-30% dell’impegno di riduzione nazionale previsto nel PROTOCOLLO DI KYOTO.
Infine è stato approvato il Programma Nazionale di Ricerca sul clima con la finalità di coordinare e sviluppare le iniziative di ricerca in collegamento con gli organismi di ricerca internazionali.
Tratto da ENEA "Clima e Cambiamenti Climatici"