Trova le risposte!
Le centrali nucleari. L'energia che scaturisce dal bombardamento dell'uranio con neutroni. Il processo di 'fissione/fusione nucleare'. Il problema della radioattività e delle scorie.

Altri articoli della stanza Sicurezza

Creato da Giovanni Vittorio Pallottino « clicca sul nome per leggere il curriculum dell'autore

La radioattività - Giovanni Vittorio Pallottino -

Si comincia a riparlare di nucleare, da qualche tempo; alcuni recenti sondaggi indicano che l’opinione pubblica vede meno negativamente del passato il ricorso all’energia dell’ATOMO, in vista della costruzione di centrali elettronucleari nel nostro Paese. Resta però, nei confronti di questa forma di energia, una diffusa diffidenza, spesso anche una vera e propria paura, per il timore che evoca il solo parlare di radioattività. Si tratta di preoccupazioni certamente non infondate a fronte del rischio di incidenti e dei problemi relativi alla gestione delle scorie prodotte dal funzionamento dei reattori. Ma certamente da ridimensionare parecchio, riconducendole alla realtà dei fatti, perché le opinioni del pubblico su queste faccende non sono basate su informazioni realistiche e scientificamente fondate, ma piuttosto sulle rappresentazioni, a volte superficiali ma spesso fortemente distorte, che di questi problemi danno i media, in particolare la televisione, dove domina il sensazionalismo quando non il catastrofismo, che sono considerati paganti ai fini dell’ascolto. Quello di fornire informazioni fattuali corrette, in quanto ben fondate su solide basi scientifiche, in un rigoroso quadro metodologico, è evidentemente un compito della Scuola, al quale quanto segue vuole cercare di contribuire, affrontando in particolare l’argomento della radioattività.

LA RADIOATTIVITA'
È doveroso affrontare serenamente i problemi dell’energia, soprattutto in un Paese come il nostro che dipende dall’estero per oltre l’85% degli approvvigionamenti, in gran parte da Paesi di incerta stabilità politica e che in ogni caso, per tanti motivi, è chiamato oggi a ridurre l’impiego dei combustibili fossili (carbone, petrolio e GAS NATURALE). Sarebbe infatti assai dannoso se il dibattito dovesse ridursi alla contrapposizione fra sostenitori di posizioni integraliste, e quindi pseudoscientifiche: da un lato coloro che affermano che le gravi carenze energetiche dell’Italia verrebbero totalmente risolte ricorrendo esclusivamente alla ripresa del nucleare, dall’altro quelli invece che considerano le fonti RINNOVABILI come unica soluzione.
In entrambi i casi affidando alla scelta preferita l’improbabile ruolo di toccasana.

La radioattività? C’è ma non si vede
Non si vede, però c’è, anche se ben pochi lo hanno presente. Si tratta della radioattività naturale, nella quale siamo immersi, dovunque ci troviamo, durante tutta la nostra vita. Le radiazioni nelle quali ci troviamo immersi provengono in parte dal cosmo (i raggi cosmici) e in parte dalle piccole quantità di elementi radioattivi che sono contenuti in quasi tutti i minerali e, quindi, anche nei materiali da costruzione di cui sono fatte le case, nel cibo che mangiamo e persino nel nostro corpo. A ciò si aggiunge un ulteriore modesto contributo dovuto alle attività umane, soprattutto agli impieghi della radioattività nella medicina, come nelle radiografie e in altri mezzi diagnostici e terapeutici.

La radioattività, l’aspirina e Paracelso
Ma le radiazioni non sono pericolose? Sì certamente a grandi dosi, fino a risultare mortali, ma per niente a piccole. Come del resto l’aspirina o qualsiasi altra cosa. Infatti ingerire cento aspirine è certamente assai pericoloso, forse addirittura mortale, ma prenderne solo un paio fa bene o comunque non fa certamente male. E questo è noto dai tempi di Paracelso, il grande medico e alchimista svizzero del Cinquecento, secondo il quale «tutte le cose sono veleno e nulla è senza veleno, solo la dose permette a qualcosa di non essere veleno»; affermazione totalmente corretta, che però creò parecchio scalpore fra i medici del tempo.
Lo stesso avviene per la radioattività, che in piccole dosi, come quelle a cui siamo esposti normalmente, non è affatto pericolosa per la nostra salute e più in generale per la vita. Non mancano però coloro che sostengono il contrario. Come non mancano quelli che invece ritengono che piccole dosi di radioattività giochino un ruolo positivo, favorendo una maggior resistenza agli effetti di dosi più intense. Sebbene tale fenomeno, chiamato risposta adattativa, appaia paradossale, esso ha trovato conferme con esperimenti svolti sia su cellule in vitro sia su organismi viventi. E alcuni fatti portano a pensare che le piccole dosi possano essere addirittura benefiche, fenomeno che viene denominato ormesi.

Lo sviluppo della vita e l’evoluzione biologica
Non soltanto la vita sulla Terra ha avuto origine miliardi di anni fa, quando la radioattività naturale era alquanto più intensa dell’attuale. Ma se poi la vita si è sviluppata, nella miriade di specie vegetali e animali che conosciamo, lo si deve anche alla radioattività. Perché essa gioca un ruolo importante nelle mutazioni genetiche che sono alla base del processo dell’evoluzione biologica. Se poi fosse vero, come alcuni sostengono, che la radioattività è sempre pericolosa, anche a dosi piccole o piccolissime, allora sul nostro pianeta, in un ambiente da sempre radioattivo, non ci dovrebbe essere traccia di vita.

È ben noto, però, che l’incidenza dei tumori è aumentata proprio negli ultimi decenni, cioè da quando hanno avuto inizio gli impieghi dell’energia nucleare, civili e militari
Il fatto è che, in generale, l’insorgenza di queste malattie è tanto più frequente quanto più le persone sono anziane. E allora bisogna tener presente il fortissimo aumento della durata media della vita che si è avuto negli ultimi decenni, almeno nei paesi industrializzati. Un risultato indubbiamente positivo, che è dovuto soprattutto ai progressi della medicina, oltre che a una migliore alimentazione e a una maggiore disponibilità di energia, cioè alla crescita del benessere complessivo della nostra società.


La radioattività naturale non è la stessa dovunque
Il nostro pianeta, quando si è formato, conteneva parecchi elementi più o meno fortemente radioattivi. Ciò che ne rimane oggi, oltre che al suo interno, si trova nella CROSTA terrestre. Ma la DISTRIBUZIONE dei minerali radioattivi nella CROSTA terrestre è tutt’altro che uniforme. Per questo vi sono zone dove la radioattività, pur modesta, è decisamente maggiore di altre. A Viterbo, per esempio, la radioattività naturale è cinque volte maggiore che ad Aosta. E in certe regioni dell’India, dell’Iran e del Brasile la radioattività è addirittura venti volte maggiore di quella media su tutta la Terra. Senza, però, che si riscontrino differenze nella incidenza di malattie fra le popolazioni di quelle regioni e le altre, smentendo così le ipotesi circa la pericolosità delle piccole dosi di radiazioni. Vi sono addirittura luoghi dove la concentrazione di minerali radioattivi nelle rocce è così alta da aver dato luogo a reazioni nucleari simili a quelle che si sfruttano nelle centrali nucleari per produrre energia. Come è avvenuto nel «reattore nucleare naturale» di Oklo, Gabon, in Africa.


La radioattività e il calore terrestre
Sappiamo che l’interno della Terra è caldissimo, raggiungendo a grandi profondità temperature di varie migliaia di gradi. A ciò si deve il debole FLUSSO DI CALORE che costantemente attraversa la superficie terrestre con una potenza media di circa 0,1 W/m2. Questo calore viene sfruttato nelle centrali geotermiche e in altri impieghi, nei luoghi dove il suo flusso è più intenso e si raggiungono temperature relativamente elevate a profondità facilmente accessibili. L’origine del calore terrestre non è certamente primordiale, dato che nel corso di oltre 4 miliardi di anni la Terra avrebbe certamente avuto tutto il tempo necessario per raffreddarsi. Il calore terrestre si deve invece alle grandi quantità di elementi radioattivi contenuti al suo interno.

Ma insomma che cos’è la radioattività?
La maggior parte degli atomi che costituiscono la materia sono stabili, cioè restano sempre tali e quali. Anche quando subiscono reazioni chimiche e vanno a far parte di una sostanza o di un’altra. Alcuni tipi di atomi, invece, sono instabili, nel senso che si trasformano spontaneamente in atomi di altre specie. E sono detti radioattivi perché nell’attimo della trasformazione essi emettono particelle dotate di carica elettrica – elettroni oppure nuclei di atomi di elio (il gas usato per riempire i palloncini) – generalmente accompagnate da raggi gamma (parenti dei raggi X usati nelle radiografie). Queste diverse radiazioni si distinguono in base alla loro energia e al loro potere penetrante. Per assorbire i nuclei di elio bastano un foglio di carta o pochi centimetri di aria, mentre per bloccare gli elettroni occorrono spessori maggiori, per esempio cinque millimetri di alluminio. Più penetranti ancora, infine, sono i raggi gamma perché dotati di elevata energia e privi di carica elettrica.
Queste radiazioni, che sono chiamate alfa (nuclei di elio), beta (elettroni) e gamma, sono dette ionizzanti, perché la loro energia è tale da ionizzare gli atomi con cui possono interagire, cioè strappare da essi uno o più dei loro elettroni.

Le trasformazioni degli atomi radioattivi
Nelle trasformazioni degli atomi radioattivi una parte della loro massa (m) si converte in energia (E), secondo la famosa formula di Einstein (E = mc2, dove c è la velocità della luce), e il risultato finale è lo sviluppo di calore. Alcune di queste trasformazioni sono vere e proprie trasmutazioni, nelle quali, cioè, un ATOMO di un elemento chimico si trasforma in uno di un altro elemento. Si realizza così il sogno degli alchimisti dei secoli passati. Peccato però che fra le trasformazioni possibili non rientri quella del piombo in oro.

Ma quand’è che un ATOMO radioattivo si trasforma?
Si tratta di fenomeno che avviene spontaneamente, seguendo al tempo stesso il caso e una legge assai rigorosa. Il caso, perché considerando un dato ATOMO radioattivo è impossibile stabilire il momento nel quale esso si trasformerà, che appunto è dettato dal caso. Una legge rigorosa, perché, considerando invece un gran numero di atomi radioattivi di una certa specie, si può stabilire matematicamente quanti di essi, mediamente, si trasformeranno durante un certo intervallo di tempo. Più precisamente, ogni diversa specie di atomi radioattivi è caratterizzata da un tempo caratteristico, chiamato «vita media», che rappresenta il tempo vissuto mediamente da un ATOMO prima di trasformarsi e che è collegato con il tempo necessario perché una popolazione di quegli atomi si dimezzi, chiamato per questo «tempo di dimezzamento ». I valori di questo tempo caratteristico sono diversissimi a seconda della specie, perché si estendono da piccolissime frazioni di secondo a miliardi di anni. Cioè praticamente ci sono atomi radioattivi che si trasformano in tempi brevissimi, altri solo nell’arco di tempi addirittura geologici. Lo iodio131 usato in medicina, per esempio, ha un tempo di dimezzamento di 8,02 giorni.


Come mai nelle rocce terrestri vi sono ancora atomi radioattivi? Non si sono trasformati tutti?
Uno dei tipi di atomi radioattivi più longevi di origine primordiale è l’uranio238, che ha un tempo di dimezzamento di 4,5 miliardi di anni, circa uguale all’età della Terra (4,2 miliardi di anni). Si capisce allora che degli atomi inizialmente presenti ne è rimasta circa la metà. Più precisamente, quando si trasforma, l’uranio238 produce un ATOMO (torio) a sua volta instabile, dando inizio a una catena di trasformazioni che termina con la produzione di piombo206, che è stabile. Un altro ATOMO primordiale radioattivo piuttosto longevo è il potassio40, che ha un tempo di dimezzamento di 1,3 miliardi di anni.


Il potassio è davvero radioattivo?
Non esattamente, perché fra le varie specie di potassio solo alcune sono radioattive. Fra queste l’unica presente in misura apprezzabile è appunto il potassio40, che costituisce però appena lo 0,012% del potassio che si trova in natura (cioè su centomila atomi di potassio, solo 12 sono radioattivi). Ciononostante il potassio40 è relativamente diffuso – nei terreni, negli organismi viventi e nel nostro stesso corpo – perché il potassio è uno degli elementi più abbondanti nella CROSTA terrestre, il settimo nell’ordine, e perché il potassio è un elemento nutriente, componente essenziale del nostro cibo, sia pure in piccole quantità. Nel corpo di un adulto che pesa 70 kg, per esempio, vi sono circa 140 grammi di potassio e quindi circa 17 milligrammi di potassio radioattivo, che non è davvero poco.

Ma allora noi stessi siamo radioattivi?
Assolutamente sì, come del resto tutti gli organismi viventi. Alla radioattività del nostro corpo, oltre al potassio40, contribuiscono vari altre specie di atomi, fra cui l’uranio, il torio e il CARBONIO14. Il risultato complessivo è che nel corpo di un adulto di 70 kg ogni secondo si trasformano circa 8000 atomi, emettendo radiazioni alfa, beta e gamma. Questa radioattività corrisponde a circa 220 nanocurie.
Proprio di nanocurie, come qualcuno ricorderà, parlarono parecchio i media al tempo dell’incidente di Chernobyl, evocando pericoli ma senza però spiegare mai di cosa si trattasse effettivamente. Sicché questo termine è rimasto nell’immaginario collettivo per indicare qualcosa di misterioso e minaccioso al tempo stesso, senza sapere nulla dei nanocurie che ci portiamo addosso naturalmente.


Come si stabilisce «quanto sono radioattivi» una data sostanza o un certo materiale?
La radioattività, più precisamente l’attività, di una certa quantità di materiale si stabilisce in base al numero dei suoi atomi che si trasformano durante ogni secondo. E allora si capisce che gli atomi radioattivi a vita breve contribuiscono molto all’attività, assai meno quelli a vita molto lunga che nell’insieme si trasformano molto più lentamente. Questa attività è indicata da appositi strumenti, che rivelano le radiazioni prodotte dalle trasformazioni. Il ticchettio dei contatori Geiger, per esempio, è prodotto da microscariche elettriche, ciascuna delle quali è causata da un evento di ionizzazione dovuto al passaggio di una radiazione ionizzante attraverso lo strumento. Quindi ogni «tic» proviene dalla trasformazione di un singolo ATOMO radioattivo.

Quanto sono radioattive le rocce?
Tutte le rocce sono radioattive, più o meno debolmente, perché contengono sempre piccole quantità (tipicamente al livello di qualche parte per milione) di atomi radioattivi (uranio, torio, potassio, …). In particolare, in un chilogrammo di granito ogni secondo si trasforma grosso modo un migliaio di atomi, cioè si hanno circa mille trasformazioni radioattive al secondo con conseguente emissione di radiazioni. E per questo il lastricato di piazza San Pietro, a Roma, viene considerato relativamente radioattivo, sebbene per nulla pericoloso. Meno radioattive, invece, sono le rocce calcaree, come pure generalmente tutte quelle sedimentarie: il gesso, per esempio, è sei volte meno radioattivo del granito. Più radioattivo, invece, è il legno, a causa del potassio40 che contiene, come del resto avviene per tutti i materiali di origine organica.

Ma perché la radioattività suscita una reazione istintiva di paura?
L’immagine che si ha generalmente della radioattività è decisamente preoccupante, cioè quella di un pericolo da evitare a qualsiasi costo. Un motivo è che la radioattività sfugge ai nostri sensi e quindi in un certo senso è fuori controllo. Ma questo avviene anche per le onde radio, che non vediamo né sentiamo, eppure vi siamo costantemente immersi, non fosse altro che per conversare al telefonino, ascoltare la radio e guardare la televisione. Tutte cose che facciamo abitualmente senza porci alcun problema; sicché il vero motivo deve essere un altro. Probabilmente sta nel fatto che siamo stati condizionati per anni dalle inesattezze e dalle esagerazioni diffuse dai media, a partire dal tempo dell’incidente di Chernobyl. I più anziani ricorderanno sicuramente come i nanocurie (unità di misura di radioattività di assai modesta entità) venissero all’epoca fatti apparire come mostriciattoli in agguato; per non parlare delle paure destate dalle «verdure a foglia larga» che il governo del tempo, per pura precauzione, mise al bando per qualche tempo, con il solo risultato di mandarne grandi quantità al macero e mettere in crisi i coltivatori. Tutto ciò, però, avvenne soprattutto in Italia; assai meno in altri Paesi, dove la vicenda di Chernobyl venne trattata assai più serenamente, e soprattutto obiettivamente, senza creare paure prive di fondamento. Cioè senza demonizzare la radioattività e spiegando chiaramente che quella centrale era di un tipo assolutamente diverso, in particolare molto più insicuro di quelle costruite nei Paesi dell’Occidente.

La radioattività delle acque minerali
Ricordiamo infine che alcuni decenni fa la radioattività era considerata addirittura utile alla salute, tanto è vero che sull’etichetta di certe acque minerali si apponeva l’indicazione «debolmente radioattiva» come titolo di pregio. Oggi questa indicazione non è più di moda, ma è del tutto ragionevole immaginare che molte delle acque minerali in commercio siano effettivamente un po’ radioattive, se è vero che provengono da sorgenti alimentate dal sottosuolo, che in varia misura contiene sempre minerali radioattivi. I quali inevitabilmente emettono gas radioattivi, ma in misura tale da non mettere in moto nemmeno chi avesse intenzione di rinfocolare paure.


Tratto da Didattica delle Scienze, n. 265, Gennaio 2010