Secondo la normativa europea sulle caratteristiche dell’alimentazione elettrica (1) le interruzioni del servizio sono quegli eventi in cui il valore dell’ampiezza della tensione è inferiore all’1% del valore nominale.
Le interruzioni sono distinte in interruzioni con preavviso ed interruzioni senza preavviso, le uniche, queste ultime, di cui qui ci occuperemo.
Queste sono classificate in interruzioni lunghe o brevi, a seconda che la durata sia superiore o inferiore a tre minuti (2).
L’assenza del preavviso e la durata dell’interruzione sono, chiaramente, i due aspetti del disservizio che interessano maggiormente l’utenza.
Il termine usato, in modo abbastanza generico, per indicare il disservizio all’utenza è quello di «black-out», e ciò indipendentemente dalla durata, dalla causa e dall’estensione di esso, aspetti questi senz’altro importanti – in particolare per i gestori del sistema – e fortemente correlati tra loro.
Nei Paesi industrializzati, le cause più frequenti della mancata alimentazione senza preavviso sono da attribuirsi a guasti che hanno origine nelle sotto-reti di DISTRIBUZIONE in bassa e media tensione, cioè nelle porzioni di rete più vicine agli utenti finali.
Le reti diDISTRIBUZIONE, in generale, hanno – o sono esercite con – configurazione radiale, il che comporta che la perdita di un collegamento determina l’interruzione della fornitura alle utenze che sono alimentate attraverso di esso.
Tali interruzioni hanno durata variabile, che dipende dal tempo necessario a ripristinare il corretto funzionamento del collegamento elettrico, e sono caratterizzate dal fatto che la loro estensione è circoscritta agli utenti prossimi al punto di guasto.
Diverso è il caso dei blackout che hanno origine da guasti o perturbazioni nella rete di TRASMISSIONE ad alta tensione, come ad esempio quello recente di parte della rete nordamericana, che riguardano un largo numero di utenti, anche a grande distanza dal luogo della perturbazione iniziale.
Tali eventi sono senz’altro meno frequenti, il sistema di TRASMISSIONE in ALTA TENSIONE essendo progettato ed esercito in modo che, anche alla messa fuori servizio di un componente (linea o impianto di produzione), non corrisponde, in genere, interruzione della fornitura all’utenza.
Ciò grazie alla configurazione magliata della rete, alla ridondanza degli impianti, ed alla interconnessione del sistema con i sistemi elettrici geograficamente contigui.
La mancata alimentazione dei carichi – costituiti, per la rete di TRASMISSIONE, dai sistemi sistemi di DISTRIBUZIONE in media e BASSA TENSIONE – è generalmente da associare a fenomeni di instabilità del sistema.
In assenza di provvedimenti adeguati, questi possono estendersi, più o meno rapidamente, ad ampie porzioni del sistema, fino ad interessarlo, in casi estremi, interamente.
I sistemielettrici dei Paesi industrializzati, costituiti da reti elettriche che ricoprono il territorio con centinaia o migliaia di stazioni di trasformazione ed impianti di produzione (3), connessi tra loro da linee che in alcuni casi possono raggiungere le centinaia di chilometri di lunghezza, e caratterizzati dall’impossibilità di immagazzinare, in quantità significative, l’energia elettrica prodotta, sono sistemi dinamici molto complessi, le cui condizioni di funzionamento variano in continuazione,a causa del cambiamento delle richieste di carico e delle condizioni ambientali, nonché della disponibilità degli impianti (si veda ad es. Strogatz 2001).
A tali condizioni di funzionamento variabili, il sistema si adatta, sia per una propria caratteristica intrinseca, sia grazie all’azione di sistemi di controllo gerarchico e decentralizzato (Quazza 1977) e di protezione, e all’impiego di apposti sistemi di monitoraggio e supervisione.
Occorre però che le perturbazioni (provocate, ad esempio, da brusche variazioni delle richieste di carico, distacchi di centrali, cortocircuiti in seguito ad esempio a fulminazioni) non siano tali da far superare il limite di funzionamento stabile di esso.
I fenomeni dinamici che possono portare all’instabilità un sistema di così grandi dimensioni e caratterizzato da una così ampia varietà di impianti e regolazioni sono quindi molteplici e difficilmente prevedibili (si veda ad es. Chow et al. 1995, Wu et al. 1995). Si può però affermare che questi eventi non sono in genere dovuti ad una singola catastrofica perturbazione che determina il collasso di un sistema apparentemente robusto, ma sono il risultato di una riduzione dei margini di sicurezza operativi, tale da renderlo vulnerabile all’effetto cumulato di perturbazioni e/o guasti di modesta entità (4).
È quindi di grande importanza operativa diagnosticare in ogni momento se il sistema si trova a funzionare in condizioni prossime a quelle d’instabilità, per poter predisporre in tempo le necessarie azioni preventive.
Tali azioni costituiscono i cosiddetti piani di difesa del sistema elettrico.
(1) Si veda la norma EN 50160 sulle «Caratteristiche della tensione fornita dalle reti pubbliche di DISTRIBUZIONE dell’energia elettrica» pubblicata dal Comitato Europeo di Normalizzazione
Elettrotecnica (CENELEC) nel novembre 1994 e la relazione tecnica sui presupposti e fondamenti della direttiva, adottata dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas con delibera n. 202/99, concernente la disciplina dei livelli generali di qualità relativi alle interruzioni senza preavviso lunghe del servizio di DISTRIBUZIONE dell’energia elettrica (disponibile nel sito http://www.autorita.energia.it/consumatori/ schede/continuita.htm). La pubblicazione «Criteri di statistica delle alimentazioni» (reperibile nel sito http://www.grtn.it) descrive il contenuto, la codifica dei dati e le elaborazioni adottate dal GRTN per la compilazione delle statistiche delle disalimentazioni.
(2) La qualità della fornitura di energia elettrica può essere ridotta non solo dal verificarsi dalle interruzioni dell’alimentazione ma anche dal verificarsi di numerosi altri tipi di disturbi che modificano le caratteristiche nominali della tensione, ossia la sua ampiezza, FREQUENZA, forma d’onda e la simmetria delle tensioni nelle tre fasi. In particolare, il crescente utilizzo di apparecchiature dotate di convertitori elettronici di potenza ha reso l’utenza, sia industriale sia civile, particolarmente sensibile alle riduzioni transitorie del valore efficace della tensione, anche di valore contenuto e di breve durata. Tali riduzioni transitorie, durante le quali il valore di tensione si porta fra il 90% e l’1% di quello nominale per un periodo di tempo compreso fra 10 ms e 1 minuto, sono definite dalla norma come «buchi di tensione» e sono dovute ad eventi aleatori, in genere imprevedibili, nella rete di DISTRIBUZIONE, spesso connessi a condizioni meteorologiche non favorevoli (Nucci et al. 2002).
(3) Ad esempio, in Cima et al. (1996) il sistema elettrico italiano è rappresentato con un modello che tiene conto di una rete elettrica di TRASMISSIONE di 710 nodi e 900 rami e con 142 gruppi idroelettrici e 127 gruppi termoelettrici. Per effettuare una analisi di affidabilità della parte orientale del sistema elettrico nordamericano, in Sermanson et al. (2002) è stato utilizzato un modello di rete di TRASMISSIONE con ben 44.000 nodi.
(4) Non si possono peraltro escludere calamità naturali, come la imponente perturbazione atmosferica che interessò circa 2/3 della rete francese dal 26 al 28 dicembre 1999, causando un disservizio di amplissime proporzioni. Una descrizione dell’evento e dei provvedimenti attuati in seguito è riportata in Letscher et al. (2002). Altro pericolo è dato dalla presunta vulnerabilità del sistema elettrico ad attacchi intenzionali, che, diretti contro un singolo sito importante, potrebbero determinare effetti di collasso su larga scala (Motter e Lai 2002).