Recenti analisi (Carreras et al. 2002), compiute sia su modelli di rete sia elaborando i dati relativi ai black-out avvenuti negli Stati Uniti negli ultimi 15 anni, hanno portato ad ipotizzare che, con i tradizionali criteri di sviluppo, il sistema elettrico evolva in tempi lunghi come un sistema che si auto-organizza in maniera critica (Bak et al. 1988), ossia in modo da funzionare in prossimità di una condizione di black-out.
Un tipico esempio utilizzato in letteratura di un sistema che si auto-organizza in maniera critica è costituito da un cumulo di sabbia continuamente alimentato dall’alto con nuovi granelli.
La nuova sabbia, continuamente apportata, si dispone, come è esperienza comune, mediante una successione di frane corrispondenti al raggiungimento del valore limite della pendenza delle pareti.
Non possiamo prevedere quale granello, ma sappiamo che periodicamente un granello, cioè una causa di modestissima entità, causerà un effetto di proporzioni enormemente superiori: un evento catastrofico ed improvviso che, facendo scivolare verso il basso una valanga di granelli, riporterà il mucchio di sabbia entro i limiti delle dimensioni proprie dello stato di criticità.
Le caratteristiche del grande effetto (tempo di occorrenza, entità e collocazione spaziale) non sono prevedibili.
La valanga può nascere in un istante qualsiasi, può essere più o meno grande e può staccarsi da un punto qualunque del cono.
Nel confronto fra tale modello ed il sistema elettrico, il continuo apporto di nuova sabbia rappresenta il progressivo aumento del carico richiesto, la pendenza limite delle pareti del cono corrisponde ai limiti di stabilità del sistema e le frane corrispondono agli eventi di black-out.
Secondo questa ipotesi il sistema elettrico si evolverebbe, quindi, spinto dal crescente aumento della domanda di elettricità, con una successione di eventi di black-out che danno lo stimolo a miglioramenti del sistema (ad esempio, nuovi gruppi di generazione e aumento delle capacità di TRASMISSIONE dei rami della rete) localizzati nelle regioni in cui è accaduto il black-out stesso.
L’ipotesi che i grandi sistemi elettrici interconnessi tendano a funzionare nelle condizioni prossime a quelle critiche sembra confermata dal fatto che la probabilità del verificarsi dei black-out in funzione dell’entità del disservizio non decresce in maniera esponenziale, come tradizionalmente ipotizzato (Ewart 1978), bensì in maniera meno rapida, ossia proporzionalmente al carico non alimentato elevato ad un esponente compreso fra –0,6 e –1,9 (Carreras et al. 2003).
Occorre però notare che questa caratteristica non basta, da sola, per affermare che un sistema si auto-organizzi in maniera critica; essa, tipica di molti sistemi complessi, può essere, infatti, riprodotta ipotizzando meccanismi diversi (Carlson e Doyle 1999).
L’analisi dell’evoluzione del sistema elettrico mediante le teorie della complessità evidenzia che, in certi casi, provvedimenti tradizionali attuati per evitare black-out locali possono addirittura aumentare la FREQUENZA dei più gravi blackout su larga scala (Carreras et al. 2003).
Ciò è dovuto alla interdipendenzanon lineare fra black-out di differente taglia, riconducibile al comportamento dinamico del sistema.
Grande attenzione sta ricevendo l’analisi dell’impatto sul sistema elettrico della crescente produzione di energia da fonti RINNOVABILI, in particolare eolica e solare.
Tale produzione, infatti, non è per larga parte prevedibile e soprattutto non è regolata in modo da corrispondere alla domanda.
Elevati livelli di produzione da fonte RINNOVABILI tendono a causare quindi fluttuazioni nel bilancio di potenza della rete.
Se non sono a disposizione impianti di accumulo (ad esempio impianti idroelettrici con pompaggio) in maniera sufficiente, queste fluttuazioni determinano l’esigenza di maggiori livelli di riserva nelsistema, causando perdite di combustibile nelle centrali termoelettriche che sono portate a funzionare a regimi di rendimento inferiori a quelli ottimali, sia per motivi di sicurezza sia per regolare le potenze di scambio contrattuali con le reti vicine e la FREQUENZA.
Queste fluttuazioni limitano quindi il livello di sostituzione di energia da fonte termica con quella da fonte rinnovabile.
È mostrato in letteratura (Leonhard e Müller 2002) che, prendendo in esame un sistema prevalentemente alimentato da impianti di produzione termoelettrici, anche considerando uno scenario in cui la generazione eolica è inferiore al 15% dell’energia richiesta dal carico, le fluttuazioni della generazione eolica causano una significativa diminuzione del rendimento della produzione da fonte termica, ossia le centrali termoelettriche producono meno energia ma con un consumo di combustibile e, di conseguenza, livelli di emissione di inquinanti maggiori di quelli attesi.
A quanto sopra esposto si aggiunge che, come già menzionato nella premessa, la liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica impone nuovi metodi operativi per la gestione dei sistemi elettrici interconnessi.
La necessità di garantire il libero accesso alla rete di TRASMISSIONE alle società di produzione e di consentire flussi di potenza anche molto elevati attraverso la rete richiede la capacità di monitoraree controllare i limiti di sicurezza del sistema in maniera più efficiente e continua rispetto al passato.
A tale fine sono stati recentemente proposti dai centri di ricerca internazionali nuovi sistemi di monitoraggio, controllo e protezione, nonché sofisticati codici di calcolo basati sulla modellizzazione accurata del sistema e dei suoi componenti e motivati da recenti ricerche sui sistemi complessi. Si menzionano qui di seguito i risultati di alcuni studi su aspetti diversi
del problema.
La crescente consapevolezza della maggiore probabilità di black-out di grandi estensioni rispetto al passato ha stimolato lo studio di nuovi metodi di prevenzione.
Sono stati proposti sistemi che utilizzano la possibilità, recentemente disponibile, di poter effettuare la misura sincronizzata di alcune grandezze elettriche in nodi della rete, grazie all’impiego di reti di telecomunicazione satellitare (Liu et al. 2000, Amin 2001, Heydt et al. 2001).
Tali sistemi perfezionati di monitoraggio delle condizioni in cui opera il sistema sono accoppiati con sistemi di analisi implementati utilizzando tecniche di programmazione innovative (multiagente) che consentono lo sviluppo di sistemi di protezione adattativi e self-healing.
In particolare, questi ultimi hanno l’obiettivo di limitare gli effetti delle perturbazioni, riorganizzando il sistema e le sue regolazioni.
Al limite il sistema potrebbe essere almeno parzialmente decomposto in modo tale che le singole parti possano continuare a funzionare, anche se in condizioni operative peggiori, ristabilendone poi l’interconnessione quando gli effetti dell’evento sono stabilizzati. Si tratta, in generale, di sistemi che richiedono un monitoraggio complessivo dello stato del sistema, a differenza dei metodi di protezione tradizionali descritti nel precedente paragrafo che si basano, principalmente, su misure locali.
Mentre questi ultimi sono mirati a mantenere in servizio la parte di rete soggetta alla perturbazione, senza una completa valutazione dell’effetto delle azioni intraprese sull’intero sistema, le procedure self-healing sono dirette soprattutto ad evitare il propagarsi dell’effetto della perturbazione, mediante una riconfigurazione del sistema ed un opportuno adattamento alle effettive condizioni in cui si trova a funzionare.
Le procedure self-healing sono motivate dalla considerazione che se da un lato le procedure di difesa tradizionali possono salvare transitoriamente la parte di rete sede della perturbazione, mantenendo la sua interconnessione con il resto del sistema, esse in alcuni casi particolari possono aumentare, con il loro intervento, la probabilità di propagazione dei disturbi nell’intero sistema, e quindi la probabilità dell’instaurarsi di «effetti domino» che causano un collasso progressivo della rete.
Un altro punto su cui si va intensificando l’attività di ricerca riguarda l’affidabilità dei sistemi di protezione, ed in particolare del malfunzionamento di alcuni relè, che ha spesso influito in maniera importante nell’evoluzione dei maggiori black-out del passato.
Spesso accade infatti che il relè di protezione difettoso, soprattutto nel caso di relè di più vecchia costruzione, rimanga non individuato durante il funzionamento normale del sistema, ma si mostri solo in seguito ad una perturbazione, con un intervento non necessario (o intempestivo) o con un mancato intervento (1).
Merita menzione l’attività di ricerca descritta in Bihain et al. (2003) sulla valutazione della
sicurezza del sistema in regime dinamico.
Nel lavoro è presentato un sistema per la valutazione della sicurezza dinamica del sistema che può essere integrato con i cosiddetti energy management systems utilizzati dai gestori delle reti di TRASMISSIONE.
Il sistema, sviluppato nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato parzialmente dal quinto programma quadro dell’Unione Europea, include fondamentalmente quattro parti: una per la valutazione della possibilità di fenomeni di stabilità transitoria; una per la individuazione di problemi di instabilità della tensione; una terza parte è costituita da un simulatore, in tempo reale, del comportamento dinamico del sistema, utile anche per l’addestramento degli operatori; la quarta parte è costituita da un simulatore del mercato elettrico, per rappresentarne l’influenza sull’attività di DISPACCIAMENTO.
Un’ulteriore considerazione merita la crescente installazione di gruppi di generazione di piccola taglia nelle reti di DISTRIBUZIONE in bassa e media tensione: essa può essere utilizzata non solo per attenuare i danni delle interruzioni del servizio da parte della rete pubblica, ma anche per fornire un supporto alla rete stessa.
Un progetto di ricerca universitario italiano avente per tema la generazione distribuita e la sua integrazione nel sistema è descritto in Delfino (2002).
La connessione, alle reti di DISTRIBUZIONE, di unità di generazione piccole e modulari, che sfruttano anche la disponibilità di nuovi tipi di impianti quali le microturbine a gas, può essere organizzata in maniera tale da costituire dei micro-sistemi elettrici (e di produzione di calore) che possono operare non solo connessi alla rete di TRASMISSIONE ma anche in maniera indipendente da questa (Lasseter 2002).
A tale fine, questi micro-sistemi sono dotati di specifici dispositivi di monitoraggio, supervisione e controllo e di sistemi di protezione appositamente progettati.
(1) Ad esempio, un tipico margine di riserva necessaria è quella che consente di fare funzionare il sistema nella condizione cosiddetta di «sicurezza n – 1», ossia nella condizione in cui si ha il soddisfacimento di tutte le richieste di carico senza sovraccarichi anche nell’eventualità di un improvviso fuori servizio di un componente del sistema.