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«Migliorare i genomi salverà dall'estinzione i prodotti tipici italiani» - Intervista a Ettore Ruberti*

Fonte: La verità

Il biologo: «Dal pomodoro San Marzano al riso Carnaroli, molte varietà hanno difetti. "Naturale" non è sempre sinonimo di sano»

di FRANCO BATTAGLIA

Come lo zio - Antonio Ruberti, apprezzatissimo ministro dell'Università - anche Ettore Ruberti è uomo di scienza, ma in campo diverso: Antonio era accademico dell'ingegneria informatica, mentre Ettore è naturalista, ricercatore all'Enea, professore di Biologia all'Università Ambrosiana e direttore del Dipartimento di Biologia ed Ecologia della Scuola Superiore Santa Rita. Esperto di Ogm (organismi geneticamente migliorati), deve esserlo egli stesso, visto che dimostra almeno 10 anni di meno dei suoi 66 e, nonostante abbia subito un trapianto di rene, continua a praticare la sua passione sportiva: il culturismo.

Professor Ruberti, dopo anni di avversione all'agricoltura Ogm la Commissione Ambiente del Parlamento Ue ha deciso di ammettere le piante Ngt (nuove tecniche genomiche), distinguendo queste ultime a loro volta in Ngt1 e Ngt2. Vuol chiarire la la differenza?

«La differenza fra gli Ogm e le piante Ngt è che i primi si ottengono introducendo uno o più geni provenienti da specie diverse, i secondi modificando geni appartenenti alla stessa pianta o da specie affini, e sono Planta o Ngt2 a seconda che si modifichino meno o più di 20 geni».

In linea di principio, però, le preoccupazioni originarie rimarrebbero immutate, no? E, se così è, non le sembra una grande ipocrisia?

«È proprio così: ipocrisia o ignoranza».

Insomma, una foglia di fico... geneticamente modificata. In realtà non c'è alcuna ragione per temere gli Ogm, giusto?

«Come per tutte le nuove tecnologie, anche gli Ogm sono guardati con sospetto ed avversione dal pubblico non specialista. L'avversione è particolarmente forte in l'Italia, dove è maggiore la propaganda svolta da alcuni gruppi di pressione (ambientalisti, vegetariani, opinionisti televisivi, no global, ecc.)».

Non è la prima volta che in Italia ci sono avversioni verso le innovazioni genetiche...

«Infatti. Viene in mente la riflessione dello storico e filosofo G. B. Vico: "I popoli che dimenticano la propria storia sono, prima o poi, destinati a riviverla". Agli inizi degli anni Venti del secolo scorso le nuove varietà di frumento ottenute dallo scienziato Nazareno Strampelli, furono contrastate al punto che la loro coltivazione fu bandita dai Soci della "Unione Produttori Grano da Seme", fondata dallo stesso Strampelli nel 1906. Anche allora, come ora, la stampa locale si affrettò a elogiare la varietà pregressa e a denigrare quelle innovative. Allora giovò l'intervento di un governo autoritario per aprire la strada alle varietà "apripista" della prima rivoluzione verde del ventesimo secolo».

I fatti raccontano un'altra storia...

«Già. I fatti ci hanno dimostrato che, in mezzo secolo, la mais-coltura italiana è passata dai 15/20 quintali per ettaro agli oltre 100 di media degli ultimi decenni, senza alcuna delle conseguenze nefaste annunciate dagli oppositori».

Queste opposizioni sono spesso guidate da ignoranza....

«Da un attendibile sondaggio di qualche tempo fa emerse che 2 persone su 3 erano convinte che il Dna si trovi esclusivamente negli Ogm, e la cosa fa sorridere, perché, verrebbe da chiedersi come si fa a modificare un Dna inesistente. È significativo che vari governi di Paesi Ue proibiscano la coltivazione ma non l'importazione di Ogm. In Italia, la paura irrazionale fomentata dai Verdi ha portato ad una situazione di tale blocco totale che la professoressa e premio Nobel Rita Levi Montalcini ha definito da "lucchetto al cervello": quando i Verdi erano al governo, ai nostri ricercatori erano impedite perfino le collaborazioni di ricerea internazionale e si fomentavano campagne di odio irrazionale verso qualsiasi conquista in questo settore».

Quando uso l'acronimo io lo intendo sempre come «organismi geneticamente migliorati».

E fa bene, perché di questo si tratta. Pensi al Golden Rice o alla Golden Potato, ricche di vitamina A, che è carente nella alimentazione di molte popolazioni del Terzo Mondo. Va

sottolineato che esistono rigidi controlli prima che un vegetale Ogm sia immesso sul mercato, e in questo caso esso è senz'altro migliorato».

Cosa risponde a chi obietta che non è naturale?

<<Naturale non è necessariamente un bene. Se naturale significa essere spontaneamente in natura, allora quasi nessuna delle piante coltivate dall'uomo è naturale. Esse sono il risultato di selezioni avvenute negli ultimi 10.000 anni. Le caratteristiche utili all'uomo spesso non coincidono coi i bisogni della pianta e della propria sopravvivenza. Le piante selvatiche producono spesso potentissime tossine per proteggersi da parassiti e da erbivori. Quelle coltivate per l'uso umano non devono produrle e per questo necessitano di essere difese con presidi sanitari».

E così anche l'avversione della Ue ai fitofarmaci è un'altra cosa irrazionale...

«Esatto. Ma per completare la sua domanda su quanto è in realtà artificiale la nostra agricoltura, tenga conto che la selezione dei vegetali utili all'uomo è stata fatta, dopo un'accurata scelta delle piante che presentavano i caratteri più utili, con l'ibridazione, che comporta una modificazione profonda nel Dna della pianta, o con agenti esterni come, per esempio, l'irraggiamento con sostanze radioattive. Mi piace ricordare che il Creso - una delle migliori qualità di grano duro - fu ottenuto all'Enea dal Professor Gian Tommaso Scarascia Mugnozza che, dopo aver ibridato il grano della varietà Capelli con una varietà americana resistente ai climi aridi, lo espose a radiazioni gamma. La nostra pasta migliore è, di fatto, geneticamente modificata ed è la migliore al mondo».

E dire che in questo caso le modificazioni sono state violente, forse inconsapevoli, e chissà su quanti geni...

«Esatto. Ironico no? La tecnologia Ogm opera su pochissimi geni, 2 o 3, e la modificazione non è casuale ma perfetLamente consapevole. Nei Paesi extraeuropei vi è una sostanziale accettazione verso la ricerca e la sperimentazione, nonché l'utilizzo di piante geneticamente modificate, mentre in Europa, nonostante pregevoli ricerche in corso, le licenze per la coltivazione sono raramente accordate, mentre le coltivazioni sperimentali vengono scoraggiate, osteggiate, o addirittura distrutte».

I parlamentari europei si appellano al principio di precauzione...

«Il principio di precauzione, è un capitolo a sé e il discorso si fa lungo. In ogni caso, il principio è molto ambiguo: in presenza di dubbi di danni chiede di non agire, ma a volte anche il non agire può essere più dannoso che l'agire. Lo sviluppo della popolazione mondiale, ha portato l'uomo alla necessità di migliorare la resa delle coltivazioni. L'opulenta società occidentale, ormai affrancatasi dalla necessità di sopravvivenza, si inventa dei nuovi mostri, ricercandoli fra le scoperte della scienza e le conquiste della tecnologia, rifiutando il nuovo e bollando i ricercatori come gli untori della modernità cui attribuire tutte le colpe, rifugiandosi nell'ideale "bel tempo che fu".

Tempo che non è mai esistito più bello di ora: nel Medioevo ogni pianta di grano produceva in media quattro chicchi, di cui la metà serviva per la semina per l'anno successivo, la fame era sempre in agguato e le carestie causavano più morti delle guerre.

Tornando a oggi e a noi?

«La crescente attenzione verso i prodotti tipici italiani sta evidenziando un preoccupante problema: molti di essi sono a rischio di estinzione. Molte delle varietà, che desidereremmo salvare dalla globalizzazione della grande distribuzione, hanno difetti genetici che ne condizionano pesantemente la produttività. Frequentemente si tratta di sensibilità ad agenti patogeni: il pomodoro San Marzano, il riso Carnaroli, le viti Nero d'Avola e dell'Oltrepò Pavese sono messi a dura prova ognuno dal proprio flagello, sia esso virus, fungo o batterio».

Quale dovrebbe essere la regola da adottare, allora?

«Quella pragmatica: siccome tutti i rischi che sono paventati coi vegetali Ogm si applicano anche a quelli tradizionali, allora se un Ogm ha dimostrato di essere sicuro tanto quanto il corrispondente vegetale tradizionale, lo si usi senz'altro, senza inventarsi rischi immaginari e inediti».

Ettore Ruberti

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