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Bongiorno, F., Damiani, A., Avrei voluto capire la matematica, Aracne, 2010

 

Prefazione

In questa libro gli autori hanno raccolto brani tratti da materiale da essi stessi pubblicato o diffuso negli spazi culturali della TV, oppure ricostruito dai loro appunti. Gli scritti prendono l'arco dell'ultimo trentennio. Questo per dire che il lavoro non e improvvisato, ma nasce da stati d'animo vissuti, ripercorsi e poi maturati giorno dopo giorno, nel confronto col sè e con gli altri, in un percorso di esperienze umane e professionali.

Che la matematica sia mediamente poco gradita dagli studenti si sa, se ne parla spesso, si sono scritti articoli sui giornali, libri. L'ultimo che gli autori hanno avuto sottomano, uscito nel febbraio di quest'anno, è Contro l'ora di matematica, Un manifesto per la liberazione di professori e studenti, titolo originale A mathematician's lament, di Paul Lockart, pubblicato in Italia da Rizzoli.

Gira da sempre dunque una sensibilità sul problema, una consonanza che nasce dal comune disagio di assistere a come la matematica venga bistrattata, fraintesa, osteggiata dagli umanisti i peggiori dei quali si vantano di non aver capito mai nulla di questa disciplina.

In questo libro la nascita del disagio viene documentata attraverso esperienze di vita vissuta, non solo, ma viene anche analizzata e attribuita di volta in volta, alla disattenzione del neofita (il rapporto con la misura, e cioè coi numeri, si presenta nella primissima infanzia), alla negligenza dello studente, alla scarsa preparazione di qualche insegnante, o all'esibizionismo di alcuni scienziati. Questi contenuti si trovano nei racconti della prima parte del libro, raccolti sotto il titolo «Con le parole», dove si espongono anche alcuni criteri utili per superare la difficoltà della comunicazione.

E però il libro ha anche una seconda parte, «Con i numeri», dove viene mostrata l'applicazione di quanto si è detto con le parole.


Antonio d'Augenti
Professore di Filosofia della Scienza, Losanna

 

Antefatto

Questo libro è scritto da noi due: Andrea e Fulvio. Uno è un giovane matematico, giornalista e animatore di trasmissioni radio e televisive. L'altro è il suo vecchio maestro. Il libro verrà scritto in prima persona, ma non diremo mai chi è che sta dicendo. Per creare un minimo di suspence. A meno che a chi legge non gliene freghi niente di quello che diciamo. In quel caso va bene lo stesso, perchè quel genere di lettore abbandonerà presto la lettura, e tanto noi scriviamo per gli altri.

Ok. Fulvio e Andrea non si sono mai persi completamente di vista, perchè ognuno dei due ha sempre conservato una certa visibilità nel proprio ambito, ma certamente non si sono frequentati con regolarità per molto tempo: venti, venticinque anni? Ora hanno un progetto in comune, che non si esaurisce, speriamo, con questo libro. E’ bello potersi dire venticinque anni fa. In un'occasione Fulvio ha scritto nel suo romanzo Naufragi, che un giovane insegnante occasionale di matematica perde di vista tutti i suoi allievi, per il fatto che cambia lavoro, e questa cosa al momento gli da dispiacere; e Fulvio, come autore, riferisce che ne rivedrà solo uno, diversi anni dopo, aggiungendo quando non c'era più neanche nostalgia. Una situazione struggente. Per dire che gli eventi, i sentimenti pure, passano senza lasciare il segno, nemmeno di una amara nostalgia.

Nel caso di Andrea e Fulvio la situazione è diversa. Si sono ritrovati perchè si sono cercati, ritrovando intatto il patrimonio del loro rapporto e dei loro scambi, perchè non è mai vero che l'insegnante insegna e l'allievo apprende e basta: se il feeling è positivo imparano l'uno dall'altro, e sennò si ha un dialogo tra sordomuti.

«Allora dove devo venire?», chiede Fulvio. «A casa mia. Sai dove abito?»
«La via sì. Lagrange, mi sembra.»
«lnfatti.»
«Allora se mi dai il numero, è fatta ... »
«72» .
«72, cos'è? Per esempio 8 per 9, sì?»
«Sai è un modo per ricordarlo», aggiunse.
«Certo che hai proprio un indirizzo da matematico.» Continuò: «Lagrange, e va bene. 72 è 8 per 9, ovvero 2 alla terza per 3 alla seconda. L'esempio di un'operazione non commutativa: l'elevamento a potenza»

 

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