Il recente disastro di Fukushima, in seguito al terremoto ed al poderoso tsunami da esso provocato, ha riaperto la profonda ferita lasciata nella coscienza di ognuno di noi dall’ombra della centrale Ucraina di Chernobyl. Ancora una volta, come 24 anni fa nel 1987, anno del referendum abrogativo, ci troviamo di fronte alla scelta sul nucleare.
Il 12 Giugno 2011 saremo chiamati a votare. A fronte di ciò, dobbiamo renderci conto di una cosa: questa scelta è solo un piccolo tassello di una ben più grande fase che il mondo sta attraversando in ambito energetico. Ci troviamo in una fase transitoria che vede ai due angoli due scelte: il vecchio paradigma energetico, fondato sulla produzione quantitativa e non-sostenibile; e l’elaborazione di uno nuovo, che avrà come protagonista le energie rinnovabili ed eco-sostenibili ed una maggiore efficienza energetica. Di fronte a questa presa di coscienza, che dovrebbe appartenere ad ogni cittadino, senza limitazione di nazionalità di fronte ad un problema globale e così presente come la questione energetica, questo articolo vorrebbe essere fonte di riflessione personale su questo tema senza mediazione di interessi egoistici e manipolatori che molto spesso i media convenzionali ci presentano: una società che vive di petrolio, dirà sempre che le rinnovabili sono inaccessibili.
Innanzitutto, analizziamo la situazione globale del problema energetico, presente e futura alla luce dell’attuale paradigma energetico. È noto a tutti il problema del surriscaldamento globale: lo sentiamo ogni anno sulla nostra pelle durante le torride estati di questi ultimi anni o da semplici considerazioni inconsapevoli ma vere, del tipo: “non esistono più le mezze stagioni.” Da Bruxelles arriva l’allarme sulle conseguenze di questa destabilizzazione climatica provocata dall’uso degli onnipresenti combustibili fossili ed ampliati dalla deforestazione non-sostenibile. Risulta che per la fine del secolo la temperatura subirà un aumento compreso tra 1,1 e 6,4 gradi Celsius. Il risultato di questo aumento sarà la completa trasformazione del mondo come lo conosciamo: scioglimento dei ghiacciai, con conseguente innalzamento del livello del mare, la distruzione o la destabilizzazione di ogni ecosistema e la conseguente estinzione di molte specie di flora e fauna, la destabilizzazione del clima e degli agenti atmosferici in modo non indifferente. Si prevede inoltre un aumento considerevole della mortalità tra l'1% ed il 4% per ogni grado di aumento della temperatura oltre una certa soglia, senza contare la conseguente scarsità d’acqua, problematica già al giorno d’oggi.
Dobbiamo buttarci alle spalle la falsa idea di invulnerabilità di fronte alla natura, l’idea che tutto si risolverà e cercare per una volta di mettere da parte il concetto cieco e puerile di “progresso economico” fondato sul dogma-cardine dello sfruttamento ciclico infinito di risorse finite: vi renderete conto da soli di questo ossimoro. La necessità di un paradigma energetico eco-sostenibile è quindi fondamentale e non “conveniente”.
Il problema di fondo è di carattere economico. Le energie rinnovabili costano troppo e producono poco. Per rispondere a questo problema, innanzitutto è abitudine errata calcolare il prezzo secondo 2 soli fattori: costo di produzione e rapporto prezzo/produzione. I fattori sono anche altri e va analizzata l’intera filiera produttiva. Mettiamo a confronto per esempio l’energia nucleare e quella fotovoltaica. Innanzitutto possiamo dire che sono molte le piccole aziende in grado di distribuire pannelli fotovoltaici, molte di meno sono naturalmente le aziende in grado di sostenere il costo e che possiedono le competenze tecniche per la costruzione di una centrale nucleare. Se nel fotovoltaico il costo effettivo è rappresentato dalla costruzione dell’impianto, dall’installazione (semplicissima, rapida e poco costosa) e dalla sostituzione una volta finito il suo ciclo vitale. Nel nucleare dobbiamo considerare molti più fattori: oltre alla costruzione della centrale (circa 4,5 miliardi per una centrale a medio-alto rendimento) si aggiunge il costo dell’estrazione e del trasporto dell’uranio, lo stipendio dei tecnici (ben 300 nelle centrali a medio-alto rendimento), le spese della messa in sicurezza, dello smaltimento dei rifiuti radioattivi (con costi così alti che si è deciso globalmente di stoccarli senza trattarli) ed il “decommissioning”, cioè dello smantellamento della centrale una volta terminato il suo ciclo vitale, che è sempre ben oltre quello reale, in quanto la centrale dovrà coprire i costi di tutti questi processi e di conseguenza garantire un guadagno all’azienda costruttrice. La centrale di Fukushima aveva esaurito da tempo il suo reale ciclo vitale, che è stato “ritardato” di ben 10 anni, ed il risultato lo conosciamo tutti. Nonostante queste considerazioni, il solare resta sempre più costoso del nucleare. Ma non si conta il fattore tecnologico e di ricerca: il solare è pressoché nuova come tecnologia ed ultimamente si stanno facendo passi da gigante per migliorarne le prestazioni ed allo stesso tempo ridurne i costi. Oltre al solare, parlando di ricerca esistono molte alternative oltre al rinnovabile “tradizionale” rappresentato da eolico, idroelettrico e le biomasse, esistono ricerche attuabili e promettenti, se non addirittura gia collaudate come la fusione fredda, realtà tutta italiana, ma rimasta totalmente in ombra, o quella dell’idrogeno.
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