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Spazio alle idee! I.I.S. "Gaetano De Sanctis" - sezione testi -

Francesca Patrizi, V C
LA SOLIDARIETA’ DELL’ACQUA

Introduzione
L'acqua è la matrice della vita, come affermò il primo filosofo naturalista, Talete, definendola “Arché della Physis” (principio dell'essere). L'acqua, è l'elemento che permette all'uomo di soddisfare uno dei suoi bisogni primari, la sete appunto. Questo aspetto è stato ormai dimenticato nei paesi ricchi e industrializzati del Mondo dove non esiste il problema della sete e la disponibilità di acqua potabile. Invece per una donna che vive in Guinea l'acqua rappresenta il lungo e faticoso percorso che è costretta a fare a piedi , ogni giorno, per raggiungere un lontanissimo pozzo, unica fonte dalla quale è possibile ricavare una misera quantità d'acqua, che servirà a malapena a dissetare lei e il suo bambino.

In Africa manca l'acqua
A differenza di quello che accade negli altri paesi del mondo, in Africa trovare acqua pulita è davvero molto complicato. La mancata pulizia dell’acqua, è causa di gravi malattie che ogni anni provocano la morte di milioni di bambini. Quel che è peggio è che molto spesso la poca acqua a disposizione degli africani è utilizzata in maniera iniqua. Gli esperti affermano che un uomo avrebbe bisogno di circa 30-50 litri d'acqua al giorno (per bere, cucinare, lavarsi ecc.) ebbene:                                                                      
- un canadese consuma ben 326 litri di acqua al giorno
- un africano ne consuma 10!!!!!!!!!!!

 
L'Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il 19 % dei morti per malattie nei paesi del Sud del Mondo è dovuto ad una cronica mancanza d'acqua....L'ONU si è posta come obbiettivo il dimezzamento della percentuale di popolazione mondiale che non ha accesso all'acqua potabile. Da tutti questi dati dobbiamo capire che l'acqua vale molto più dell'oro in quanto è essa che rende possibile la vita. Il 70% dell'acqua disponibile è usato in agricoltura.

 
Al giorno d'oggi la desertificazione minaccia circa un sesto della popolazione mondiale, infatti questo fenomeno si sta ingrandendo e accelerando la sua azione a causa del cambiamento climatico, ma soprattutto dell'intervento umano, dell'uso di sostanze chimiche, della deforestazione. In questo scenario appena descritto sembra che il mondo abbia preso la strada del non ritorno ma ci sono determinati scenari che fanno vedere che forse qualcosa si può fare: numerosi sono i programmi avviati per salvaguardare le popolazioni più penalizzate sul fronte idrico.

  

                   
L’Africa ha sete, ma i pozzi costati milioni di dollari sono abbandonati
Secondo un rapporto dell’International Institute for Environment and Development, centinaia di milioni di dollari sono andati sprecati in progetti destinati all’approvvigionamento idrico di zone rurali in Africa, un fallimento che ora minaccia diversi milioni di persone tra le più vulnerabili del pianeta. 


Questo disastro si spiega con il fatto che donatori, dopo aver realizzato le infrastrutture non si sono poste il problema né della loro manutenzione, né di formare personale locale capace di intervenire in caso di guasti o difficoltà. L’autore del rapporto, Jamie Skinner, spiega che questo fatto obbliga le donne ed i bambini a portare l’acqua lungo grandi distanze. Ogni anno in Africa si costruiscono decine di nuovi pozzi, una gran parte di quelli realizzati negli anni passati sono ormai abbandonati ed in rovina. Skinner sottolinea che: c’è poco senso a perforare pozzi, se non c’è un sistema per mantenerli. Ogni giorno che un pozzo non fornisce acqua potabile, le persone sono obbligate a bere da stagni e fiumi sporchi, esponendosi alle malattie dell’acqua».

Le conseguenze sui bambini
Le malattie trasmesse da un’inadeguata fornitura d’acqua e servizi determinano la copertura della metà dei posti ospedalieri nei paesi “in via di sviluppo”.
Infezioni durante l’infanzia si collegano direttamente con una situazione di svantaggio, bassi guadagni e povertà in età adulta.
Come già accennato precedentemente, sono generalmente le bambine e le donne che si occupano della raccolta dell’acqua. Questo lavoro, oltre ad essere molto faticoso, “ruba” tempo all’educazione.
Inoltre la mancanza di servizi igienici separati nelle scuole fanno sì che i genitori delle bambine che hanno già superato la pubertà, per paura o mancanza di privacy, non mandino le loro figlie a scuola. La carenza di acqua rende impossibile alle persone lavarsi e lavare i propri vestiti per lunghi periodi.
Intervenire con opere pubbliche per migliorare il sistema idrico e igienico significa limitare la diffusione di malattie.

  

      
Attualità
Il tema dell'acqua sarà al centro del sesto Forum Mondiale dell'Acqua di Marsiglia (12-17 marzo 2012) organizzato dal Consiglio Mondiale dell'Acqua, che comprende le multinazionali dell'acqua la Banca Mondiale. Ogni tre anni questo organismo privato impiega questi Forum per presentare agli stati ed imporre ai mercati, l'acqua come bene economico. Per affermare invece il concetto di acqua come bene comune e diritto fondamentale dal 14 al 17 marzo, sempre a Marsiglia, si svolgerà il Forum Mondiale Alternativo dell'Acqua (FAME). Questo contro Forum è organizzato dai movimenti internazionali che si oppongono alla definizione dell'acqua come merce e difendono invece la sua sacralità ed il diritto inalienabile di tutti di potervi accedere.

Fonti:
Etnica 2005
www.wwf.it
www.greenpeace.it
www.greenreport.it
www.solidaritainternazionale.it

 

Contributo del Prof. Michele Colonna e delle sue classi II e I C
Gli alunni del II C: Battistoni Valeria, Bazzicalupo Edoardo, Benussi Agnese, Bertozzi Serena, Dileo Lara, Dosljak Adna, Durazzo Valerio, Eccher Alessandro, Forti Giorgio, Fortuni Viola, Gargallo Francesco, Luchetti Valentina, Malta Ilaria, Mattioli Chiara, Nicoletti Jacopo, Stefanucci Leonardo, Zardoshtian Gabriele.
Gli alunni del I C: Maggi Federico, Roncone Matteo, Simioli Camilla

“Chi vorrà considerare con attenzione la quantità delle acque di uso pubblico per le terme, le piscine, le fontane, le case, i giardini suburbani, le ville; la distanza da cui l’acqua viene, i condotti che sono stati costruiti, i monti che sono stati perforati, le valli che sono state superate, dovrà riconoscere che nulla in tutto il mondo è mai esistito di più meraviglioso” (Plinio il Vecchio)

“L’acqua è comunque la cosa più grande [...] l’acqua è il più prezioso di tutti gli elementi, come l’oro ha più valore di ogni altro bene, come il sole splende più brillante di ogni altra stella…” (Pindaro Olimpica I)

“L’acqua è l’origine di tutto, un’entità da cui tutto proviene” (Talete)

DE AQUA
“Un giorno le fiammeggianti mura del mondo crolleranno” - scrive Lucrezio nel suo poema immortale. E veramente oggi la frase sembra vera. L’utilizzo di mezzi mai visti i clamori che ogni tanto si levano in ordine a questo o a questo altro pericolo per la vita della natura degli uomini sul nostro pianeta scandiscono il nostro tempo. Una nuova coscienza di tutti che si orienti verso l’uso di energie sicure sembra essere tra le conquiste più rivelanti. Acqua: celebrata dagli antichi, che vedevano ogni fiume, ogni specchio protetto da un nume sembra invero la possibilità più vicina a noi. Ed è giusto: nell’acqua infatti nasciamo, di acqua siamo fatti; quest’acqua che i poeti, nel descrivere i loro “loci amoeni” non hanno mai dimenticato. L’acqua, bella e terribile, l’acqua che affoga come nel famoso verso di Eschilo “vedevamo il mare Egeo fiorire di cadaveri” e nelle recenti sciagure d’Italia ma che calmo è detto dai greci “galene”.

Facile per i greci ricercare la grazia poetica ma difficilmente come in Eschilo quando descrive la fatale bellezza di Elena: “sorriso di mare non turbato dal vento”. E che aggiungere alle parole alate di Lucrezio quando dell’acqua descrive la forza tempestosa?

“Aliquando ruentur magna moenia mundi” – ait immortalibus versibus Lucretius. Et verum dicit, veluti hodierno dire omnibus constat. Dum novissimis opibus utimur, clamores in diversa et varia pericula tolluntur, letalia in naturae hominumque vitam, quae per terras tempora nostra scandiunt. Ratione nova opus est, quae securis opibus utatur, cuius germina prima nuper his temporibus concepta sunt. Aqua, quam antiqui scriptores celebrant, dum flumen omne liquidumque speculum dicunt alicui numini sacrum, aqua ops proxima nobis! Et iusto de iure. In aqua nascimur, ex aqua facti sumus. In primis ad litterarum locos amoenos inice mentem: semper in hac rhetorica figura flumina lacus specula aquarum videmus pulchra et temibilis una aqua videtur, in qua aliquando mortales submerguntur veluti ad Aeschylum pelagus e cadaveribus florens videbamus, vel recentioribus Italicis factis. Sed Graeco sermone, dum mare iacet ‘galene’ dicitur. Gratia in versibus ad Graecas litteras facile reperitur, veluti ad Eleusinum, dum fatale Helenae formam canit: aequagris risus, quem nullus ventus commovit. Ad Lucretii volucres versus quoque inice mentem, dum de aquae vi canit.

I ROMANI E L’ACQUA
Vastissimo fu l’uso che i romani fecero dell’acqua; diedero all’acqua una grandissima importanza, tale che è impossibile non ammirare le imponenti opere, sia di ingegneria idraulica sia a scopi ludici o igienici.

Frontino, scrittore romano, riporta nel suo “De aquis urbis Romae”, che solo nel 312 a.C., 441 anni dopo la fondazione della città si ebbe la necessità di ampliare la portata d’acqua destinata alla città, che prima derivava solo dal Tevere, dai pozzi e dalle sorgenti limitrofe, a causa dell’incremento demografico e dello sviluppo della città. Ben 11 enormi acquedotti costruiti tra il 312 a.C. e il 226 d.C. riuscirono quindi a portare a Roma la quantità d’acqua necessaria per distribuire l’acqua tra le case private, bagni pubblici, fontane e terme. Tra gli acquedotti principali troviamo quello dell’Acqua Marcia,la cui acqua proveniva dall’Aniene ed era considerata da Plinio il Vecchio “carissima aquarium omnia”, l’acquedotto dell’Acqua Virgo, o Vergine, chiamato così o per la purezza delle acque o per la leggenda secondo la quale fu una fanciulla a indicare il luogo della sorgente; l’acquedotto Claudio, che forniva acqua al Celio e successivamente al Palatino, e quello Appio, costruito in contemporanea alla via Appia. Gli acquedotti erano imponenti costruzioni che necessitavano di una sorgente che assicurasse un flusso d’acqua continuo e regolare, una propulsione basata sulla sola forza di gravità. I canali degli acquedotti, prima di giungere in città, sboccavano nelle piscine limariae, vasche di decantazione nelle quali veniva eliminato il limo e le altre impurità. Da qui diverse condutture, spesso in piombo, portavano l’acqua alle varie utenze. Essendo gli acquedotti di vitale importanza per la vita della città, il Senato rivolgeva loro una particolare attenzione; a chi inquinava l’acqua erano destinate pesanti contravvenzioni, disposte dal Curator, che gestiva l’amministrazione e la manutenzione degli acquedotti. L’acqua che gli acquedotti portavano era destinata a circa 1350 fontane, di cui certamente 15 monumentali; la fontana Meta Sudans, posta vicino al Colosseo, alta più di 17 metri, chiamata così perché l’acqua invece di zampillare stillava, quasi come se sudasse; la Fons Iuturnae, una sorgente situata nel Foro Romano. Tra le fontane monumentali presenti a Roma troviamo lo Septizodium, edificato da Settimio Severo ai piedi del Palatino; era lunga più di 90 metri e si articolava in tre piani colonnati. Altre fontane di uso più quotidiano sono quella del Ludus Magnus, quella del Lacus Curtius. L’abilità degli ingegneri idraulici romani si può riscontrare anche nella costruzione delle imponenti opere di smaltimento delle acque reflue; l’opera più importante è la Cloaca Massima. Questa era composta da un grande canale sotterraneo, alto 3 metri e situato 6 metri sotto la superficie stradale. A questo canale affluivano, tramite un sistema di condutture, vari scoli di fogne minori. La Cloaca Massima si riversava poi nel Tevere, dopo un percorso di circa alcuni chilometri, e che copriva una vasta area di Roma, dalla Via Sacra alle costruzioni del Palatino, dal Foro Boario oltre la Basilica Emilia e fino al Tevere. Collegata all’igiene pubblica è la diffusissima usanza delle terme. I Romani non consideravano le terme solo dei luoghi igienici, ma anche luoghi di socializzazione e divertimento. Erano solitamente formate da una successione di diversi ambienti, ognuno con la sua caratteristica: l’apodyterium, adibito a spogliatoio; sale di pulizie personale e palestre. Nelle più suntuose non era raro trovare addirittura piccole ciclioteche, sale dove dedicarsi allo studio o teatri. Il corpo centrale dell’edificio delle terme era costituito propriamente da tre ambienti: frigidario, tepidario e calidario. Nel primo era possibile immergersi in vasche di acqua fredda; erano per questo rivolte a nord e spesso aveva delle aperture verso l’esterno. Il tepidario era un ambiente intermedio, con vasche di acqua tiepide, riscaldate da una corrente di aria calda sotto il pavimento. Nell’ultimo ambiente le vasche erano di acqua calda; veniva riscaldata prima attraverso dei bracieri, successivamente grazie a correnti di aria calda nella suspensura, uno spazio vuoto sotto il pavimento. Era inoltre rivolto verso sud per sfruttare il calore naturale del sole. Un altro aspetto dell’acqua ancora da considerare nel mondo latino, è quella delle naumachie, spettacoli che rappresentavano battaglie navali. Venivano spesso scavati degli ampi bacini, come quelli costruiti per volere di Giulio Cesare e Augusto. Quello voluto da Augusto è il più conosciuto. Plinio afferma che era di forma rettangolare, e che nel mezzo si trovava un’isola collegata con un ponte all’esterno; aveva un canale di collegamento diretto con il Tevere. Nel bacino potevano trovarsi più di trenta trireme contemporaneamente, con più di 170 rematori a bordo. Oltre quindi agli aspetti strettamente pratici e ludici, possiamo individuare nei romani un sentimento di amore verso l’acqua, e soprattutto verso il Tevere.

Virgilio, narrando l’arrivo di Elena nel Lazio, dopo varie peregrinazioni per mare, lo definisce “Tiberinus ameno verticibus rapidi set multa flavus harena”.

Anima della città di Roma, fu essenziale per la nascita e lo sviluppo dell’Urbe, si può riscontrare già dalla leggenda della fondazione della città, per cui Romolo e Remo furono abbandonati, perché figli illeciti di una sacerdotessa Vestale, in una cesta presso il fiume che li trasportò fino alla palude del Velabro, tra Palatino e Campidoglio. Lo stesso fiume fu poi divinizzato dai Romani, come Dio Tiberino figlio di Giano e Diuturna, signora delle acque. A lui erano dedicate le Tibernalia, feste che si svolgevano annualmente il giorno della fondazione del suo tempio sull’isola Tiberina. Fu lui inoltre a suggerire ad Enea, in sogno, di risalire il fiume per arrivare fino al Palatino.

De Romae aqua
Amplissime aqua maiores nostri usi sunt; maxime eam coluerunt,veluti videre licet e magnis Romae operibus ad ludos ac valetudinis tuendae scientiam.
Ad Frontinum invenimus (De aquae urbis Romae) anno quadrigentesimo quadragesimo primo ab Urbe condita visum esse aquae defluxi vim augere. Antea modo e Flumine ac puteolis fontibusque finitimis aqua defluebat: ub gentis incremento sufficere ea non posset, vis aucta est.
Complures aquae ductus structi sunt ab Romae necessitates; inter eos clarissimus Aquae Marciae. Eius aqua ab Anione emanabat, dicta a Plinio Seniore “carissima aquarum omnium” est. Mentione dignus videtur quoque Aquae Virginis ductus qui nome cepit ab aquarum vitro vel ab illa fabula in qua de virgine aliqua narratur quae fontem prima indicavit. Claudii ductus quoque memoria dignus est: Celio monti postea Palatino liquorem dabat, et Appii.
Opus erat semper fonte aliquo qui acquae fluxum continuum provideret.Porta prima aquarum “piscinae limariae” erant ubi limus amovebatur.Materia prima plumbum erat.
Monumentales fontes erant qualis Meta Sudans ad Flavium Ampitheatrum: nomen cepit e “sudare”, et Fons Iuturnae in Foro.
Digni mentione videntur fontes alii qualis Septizonium quem S.Severus fecit ad Palatinum, Ludusque Magnus et Lacus Curtius.
Validi fuerunt Romani architectones a magni operibus in aquis sordidarum decursum dando: opus fuit maximum illa Cloaca Maxima. Erat ingens subterraneus alveus in quem diversa receptacula fluebant. Cloaca Maxima deinde in Tiberim, a via Sacra currens usque  ad Palatinum ,a Boario foro usque ad Aemiliam basylica, postremo usque ad Flumen deiciebat. Totae Romanae sunt thermae, ubi gens conveniebat.Videre licebat quod Graeco Sermone apodyterium dicitur,palaestrae quoque. Uti licebat quoque bibliothecis et theatris: tribus atris aedificium constabat: frigidarium,tepidarium et calidarium.
Ad Notum vorsum frigidarium erat, aperto loco.In tepidario percipere licebat teporem a pavimento tepido aere ductum, In medio tepidarium positum erat. In calidario aqarum calidarium lacus erant.Foculi eas califaciebant. Deinde calidus aer submittebatur in canale qui “suspensura” dicitur.
Ad Austrum vorsum calidarium erat.
Mentione dignae naumachiae  quoque videntur: Graecum vocabolum erat pro navalibus pugnis. Amplissimi lacus defodere  Romani solebant qualis I.Caesaris lacus et Octaviani de quo Plinius narrat rectiangulus esse: in medio insula erat quam pons externis spatiis colligabat: triginta triremes continere posse constat.
Denique versus illus Virgilii memoria maxime digni sunt ubi,dum Aeneam in Latium pervenientem pingit, canit “ Tiberinus ameno verticibus rapidis e multa flavus harena”.
Digni quoque gemini antiquissimi Romulus et Remus memoria sunt,cum ad Flumen ,incerto patre nati, relicti essent.
Quid, postremo, de nomine Tiberino dicam?


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