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Le centrali nucleari. L'energia che scaturisce dal bombardamento dell'uranio con neutroni. Il processo di 'fissione/fusione nucleare'. Il problema della radioattività e delle scorie.

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La sicurezza negli impianti nucleari - Felice De Rosa, Erio Piana, Fabiana Rossi

Lo scopo della sicurezza nucleare è di attivare le migliori procedure in termini di condizioni di localizzazione del sito, di funzionamento d’impianto e di radioprotezione alle persone e all’ambiente esterno, in linea con i principi riconosciuti a livello internazionale. L’organismo ONU addetto alla sicurezza nucleare è la IAEA (International Atomic Energy Agency), agenzia che nasce nel 1957 e il cui lavoro si basa su tre concetti fondamentali: security, safety e trasferimento tecnologico. Nel corso degli anni l’aspetto dell’IAEA è mutato ed in particolare, nel 1989 a Vienna, per quanto riguarda la gestione di incidenti nucleari severi, ci fu il passaggio dall’approccio “probabilistico” (la FREQUENZA di accadimento dell’evento doveva essere dell’ordine delle migliaia di anni) a quello “deterministico” (per qualsiasi incidente severo l’effetto deve rimanere confinato nell’isola nucleare). Comunque, il verificarsi o meno di un incidente nucleare, è legato anche al tipo di impianto in esame e alla sua usura. Il rischio di incidente è tanto più elevato quanto più l’impianto è obsoleto e/o mal controllato. È perciò importante che i nuovi impianti non solo abbiano sistemi di sicurezza tali da limitare i danni a seguito di un incidente severo (1), ma che questi sistemi siano controllati in funzione del loro invecchiamento.
Per quanto riguarda la sicurezza nelle centrali, sono previste diverse barriere atte a schermare la radiazione verso l’esterno. Va però fatta una premessa: non tutte le radiazioni sono uguali (alcune si comportano come corpuscoli, altre come onde) e, quindi, diversi tipi di barriere devono essere utilizzate (figura 1).



Figura 1: esempi di barriere. Fonte: INSAG

Il principio base della safety, per evitare passaggio di radiazione all’esterno, nel progetto degli impianti nucleari è quello della “Difesa in Profondità”, concetto che è stato sviluppato per la prima volta nei reattori di II generazione (2). In particolare sono previste quattro barriere sequenziali (figura 2).

Figura 2: Schema concettuale della Difesa di Profondità. Fonte: INSAG-IAEA

Partendo dall’esterno, si hanno: il contenimento (le cui caratteristiche possono svolgere soddisfacentemente anche a compiti di security), il VESSEL in pressione (Reactor Pressure Vessel, RPV (3)) e il circuito refrigerante, la guaina degli elementi di combustibile e la matrice ceramica delle pastiglie di combustibile (figura 3).

      

  

Figura 3: Concetto di difesa in profondità: 4 barriere successive che impediscono il rilascio all’esterno dei prodotti radioattivi.
Fonti: INSAG - IAEA.

Il contenimento esterno serve sia per proteggere l’ambiente dall’impianto in caso di incidente con rilascio di prodotti radioattivi, sia l’impianto dall’ambiente esterno in caso di azioni legate al malevolo comportamento umano e ad eventi naturali esterni.
L’edificio di contenimento tipico della tecnologia occidentale di questi ultimi anni, è di forma cilindrica con cupola emisferica (tipo misto - figura 4).



Figura 4: Contenimento di tipo cilindrico, sferico e misto
Fonte: ENEA.

L’atmosfera del contenimento è mantenuta in depressione rispetto all’esterno, durante il funzionamento dell’impianto, per minimizzare le perdite ed ha un diametro interno di circa 44m, uno spessore di 1.20m, un’altezza di circa 60m e, quindi, un volume interno di circa 80000m3 (figura 5). L’edificio può sopportare pressioni interne dell’ordine di 7Bar che sono confrontabili al primo picco di pressione a seguito di un LOCA4.

  

Figura 5: edificio di contenimento.
Fonte: AREVA.

Per quanto riguarda gli eventi incidentali antropogenici, l’edificio è progettato per resistere all’impatto di un aereo di linea, come hanno dimostrato i test effettuati presso il Sandia National Laboratory, condotto nel 1988, utilizzando un F-4 Phantom lanciato a circa 800km/h contro una parete che doveva simulare la parete esterna dell’edificio di contenimento di un impianto nucleare (figura 6).



Figura 6: crash test al Sandia National Laboratory, 1988.
Fonte: SNL (Sandia National Laboratory).

Per quanto riguarda la resistenza della barriera “contenimento” agli eventi  incidentali esterni naturali, le parti più critiche della struttura sono progettate in modo da risultare anti-sismiche. In particolare, in sismologia, si fa riferimento alla legge di Gutenberg–Richter che esprime la relazione fra la magnitudo e il numero totale dei terremoti (figura 7) e non varia significativamente da regione a regione o oltre il tempo fissato.


Figura 7: legge di Gutenberg-Richter.
Fonte: WIKIPEDIA

 Il contenitore di alcuni impianti di nuova generazione poggia su un basamento di calcestruzzo di 6m di spessore in grado di far fronte anche ai peggiori scenari sismici. L’incidente di riferimento per un impianto nucleare è costituito dal massimo evento sismico assunto per quella zona.
Le dimensioni del contenimento, se confrontate con quelle di obiettivi terroristici già colpiti (Pentagono o World Trade Center), lasciano notare (figura 8) che esse sono considerevolmente più piccole e, pertanto, l’edificio si presenta come bersaglio estremamente difficile da colpire; inoltre, è presente anche uno scudo di cemento che protegge la conduttura di aspirazione da un eventuale attacco missilistico (figura 9). Entrambe le misure adottate rientrano nel concetto di difesa del sistema.

 


Figura 8: confronto tra le dimensioni del WTC, del Pentagono e dell’edificio di contenimento di un impianto nucleare.
Fonte: Università di Pisa

 

Figura 9: scudo missilistico per la conduttura di aspirazione.
Fonte: Università di Pisa

Per quanto riguarda più in particolare la security, sono previste misure di sorveglianza armata 24ore su 24, di regolamentazione degli accessi, utilizzo di impronta biometrica ed altre procedure di controllo legate alla mobilitazione di personale e materiali.
La seconda barriera della difesa in profondità è costituita dal VESSEL in pressione e dal circuito di refrigerazione. Il VESSEL costituisce una barriera passiva che si oppone alla fuoriuscita dal nocciolo di materiale, anche in caso di fusione; il circuito refrigerante è progettato rimanere in funzione anche dopo lo spegnimento del reattore per asportare il calore residuo prodotto dal decadimento radioattivo. Questa seconda barriera, fisica, impedisce il rilascio dei prodotti di fissione radioattivi verso l’edificio di contenimento.
La terza barriera è rappresentata dagli elementi di combustibile e dalle barrette di combustibile con la loro incamiciatura (cladding). Normalmente il cladding è realizzato in lega di Zirconio (Zircaloy-4), estremamente resistente a vari tipi di sollecitazioni.
La quarta barriera, la più interna, è la matrice ceramica che nella pastiglia (pellet) incapsula il combustibile nucleare (5).
Oltre a queste barriere fisiche bisogna considerare anche le salvaguardie ingegneristiche. Queste, a seconda del sistema in esame, possono essere di tipo attivo6 o passivo7. Nei reattori di generazione III, si fa abbondante uso di queste salvaguardie ingegneristiche.
Viene denominato reattore nucleare di III generazione un reattore nucleare di potenza che incorpori e sviluppi delle tecnologie della II generazione (che sono la maggioranza di quelli attualmente in funzione), con miglioramenti evolutivi nel disegno ma senza innovazioni sostanziali sui principi di funzionamento. La IV generazione si riferisce, invece, ai sistemi nucleari attualmente nello stadio di sviluppo concettuale e che richiedono ancora alcune decine di anni per la loro realizzazione e penetrazione a livello industriale. La III generazione usa come combustibile nucleare l’ossido di URANIO arricchito al 4-6% oppure miscele di ossidi misti di uranio-plutonio denominati MOX. Le tecnologie attuali (II Generazione) sono in gran parte del tipo ad acqua leggera (LWR) e appartengono a due filiere principali: i reattori pressurizzati (PWR) e i reattori bollenti (BWR)8.

I progetti più innovativi di questa categoria sono definiti di generazione III+, e ne fanno parte i reattori EPR (European Pressurized Reactor - AREVA), AP-1000 (Advanced Passive reactor – Toshiba/Westinghouse), entrambi di tipo PWR (Pressurized Water Reactor), e il reattore IRIS (International Reactor Innovative and Secure), definito Safety by Design9.
Due diverse filosofie, atte a prevenire o gestire le più svariate situazioni incidentali, vengono attuate: i sistemi di sicurezza Attivi, utilizzati nell’EPR, e Passivi, usati nell’AP-1000.
Nell’EPR, la strategia di sicurezza interiorizza l’esperienza di circa 1500anni-reattore di esercizio di reattori franco-tedeschi e si basa sulla ridondanza (quadrupla) dei sistemi di intervento attivi e sul miglioramento del sistema di contenimento realizzato in cemento armato a doppia parete di circa 1.2m di spessore, con liner interno di rivestimento in acciaio. In tal modo non solo è possibile ridurre la probabilità d’incidente severo a valori minori di 10-5 eventi/reattore-anno, ma anche ridurre e confinare le conseguenze di questi incidenti. Sebbene i sistemi attivi richiedano l’attuazione di dispositivi alimentati elettricamente, alcuni componenti (es. valvole di abbattimento della pressione), sono in grado di operare passivamente. L’affidabilità del sistema è data dalla ridondanza dei componenti come il circuito di refrigerazione del nocciolo che è suddiviso in quattro parti completamente indipendenti e geograficamente separate le une dalle altre in modo da minimizzare potenziali malfunzionamenti interni o sabotaggi (figura 10).

  

Figura 10: sistemi di sicurezza dell’EPR con ridondanza quadrupla.
Fonte: AREVA

Il Reattore AP-1000, invece, si avvale di una notevole semplificazione impiantistica che riguarda i sistemi di sicurezza, la sala controllo, la strumentazione, le tecniche di costruzione, il numero di componenti, i volumi degli edifici in classe sismica. La caratteristica peculiare è l’uso di sistemi a sicurezza passiva, già sviluppati e licenziati per AP-600 grazie a prove sperimentali effettuate in Italia presso la SIET (Piacenza), i quali sono azionati da fenomeni fisici (gravità, convezione naturale) che si innescano spontaneamente in presenza di determinate condizioni (es. raffreddamento a circolazione naturale) anche in caso di malfunzionamento garantendone l’arresto in sicurezza. Nell’AP-1000 tali sicurezze sono: il sistema di raffreddamento del nocciolo (Passive Core Cooling System) che, in cima all’edificio di contenimento, per variazione di pressione e temperatura del circuito primario, si attiva agendo per gravità; il sistema di isolamento (Containment Isolation); il sistema di refrigerazione del contenimento (Containment Cooling System) che opera per convezione naturale rafforzata da evaporazione dell’acqua in un serbatoio posto in testa all’edificio reattore al fine di mantenere la pressione nel contenitore al di sotto del limite di progetto (figura 11). Tali sistemi possono contenere ed estinguere eventi iniziatori di catene incidentali senza interventi attivi. L’AP-1000 rispetta con ampi margini i criteri di sicurezza U.S.NRC (United States Nuclear Regulatory Commission).



Figura 11: sistemi di sicurezza passivi dell’AP-1000.
Fonte: TOSHIBA/WESTINGHOUSE.

Il concetto di sicurezza nucleare può essere esteso anche a quei sistemi che, sebbene legati agli impianti per la produzione di energia, non sono direttamente finalizzati ad essa.
Classificando ed indicizzando tutti gli eventi in cui si è registrato il fallimento della sicurezza nucleare è possibile imparare il perché di questo fallimento e graduare gli interventi di mitigazione dell’incidente e di recupero dei sistemi e dei suoli sottoposti ad irraggiamento e contaminazione non standard.
Con questo proposito è stata realizzata la scala INES (International Nuclear Event Scale), che ha rappresentato il primo significativo strumento per comunicare, in modo coerente e rapido, la gravità degli eventi che interessano gli impianti nucleari e i sistemi, diretti o indiretti, ad essi connessi.
INES classifica gli incidenti (accidents and incidents) nucleari e radiologici considerando le tre seguenti aree di impatto:
- Popolazione ed ambiente, con cui si tiene conto delle dosi alle persone nelle vicinanze dell’incidente e del rilascio non pianificato di materiale radioattivo da un impianto.
- Barriere radiologiche e controlli, che copre eventi senza impatto diretto sulla popolazione o l’ambiente. Si applica soltanto agli impianti. Tale area copre elevati livelli di radiazioni e DISTRIBUZIONE di significative quantità di materiali radioattivi confinati dentro l’impianto.
- Difesa in profondità, che copre eventi senza alcun impatto diretto sulla popolazione o l’ambiente, ma per i quali le misure messe in campo per prevenire incidenti non funzionano a dovere.
La classe degli incidenti (accidents) comprende gli eventi che producono danni significativi a persone e cose. Al massimo livello di gravità (7) si può associare l’incidente di Chernobyl, mentre al più basso (4) appartengono gli incidenti che non provocano rilascio esterno. La classe dei “guasti” riguarda danni di poco conto a persone e cose (incidents). Dal terzo livello , dove non si hanno conseguenze per l’esterno, si giunge al primo, dove vengono raccolte le varie anomalie di esercizio. A livello zero trovano posto gli eventi che non influiscono in alcun modo sulla sicurezza dell’impianto (figura 12).



Figura 12: Scala INES, descrizione generale dei livelli.
Fonte: IAEA.

Note:
1. Per severo si intende l’incidente in cui, a seguito di mancanza di adeguato raffreddamento del nocciolo, ha inizio il processo di fusione strutturale.
2. Si classificano reattori di II generazione quelli progettati dalla fine degli anni ’60 alla fine degli anni ’80 per produrre energia elettrica.
3. Contenitore in pressione all’interno del quale è contenuto il nocciolo del reattore.
4. LOCA = Loss Of Coolant Accident, incidente in cui si verifica perdita di refrigerante.
5. Alcuni tendono a non considerare questa barriera per la Difesa in Profondità, anche se considerata tale dalla maggior parte degli esperti.
6. Si definiscono sistemi attivi, quelli che richiedono l’attuazione di dispositivi specifici alimentati elettricamente.
7. Si definiscono sistemi passivi, quelli che sono azionati da fenomeni fisici che si innescano spontaneamente in presenza di determinate condizioni.
8. Oltre a questi tipi di reattori, va citata anche la filiera CANDU (CANadian Deuterium Uranium), operante ad URANIO naturale e con moderatore acqua pesante (D2O).
9. Safety by Design = capacità intrinseca del progetto integrato del reattore di eliminare le possibili situazioni incidentali.

-“History of the International Atomic Energy Agency: the First Forty Years” – David Fischer – Settembre 1997
-http://www.world-nuclear.org
-“Assessment of Defence in Depth for Nuclear Power Plants” – Safety Reports Series No. 46 – IAEA – Febbraio 2005
-Fonte “Ente Nuove tecnologie Energia e Ambiente” (ENEA): “Energia, Ambiente e Innovazione”, Bimestrale dell’ENEA, Novembre-Dicembre 2009
-“Note sulla Sicurezza Nucleare” – Romanello, Lomonaco, Bomboni, Cerullo – Università degli studi di Pisa – Marzo 2007
-http://www.sandia.gov/index.html
-http://en.wikipedia.org/wiki/Gutenberg–Richter_law
-“EPR”, AREVA
-“AP1000, Simple Safe Innovative”, Westinghouse
-“INES the International Nuclear and radiological Event Scale”, IAEA