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"La fisica della sobrietà - Ne basta la metà o ancora meno" di Giovanni Vittorio Pallottino

Prefazione
di Carlo Bernardini

Grazie, amico Pallottino: un libro così, razionale, non aggressivo o integralista, istruttivo e convincente, ci voleva. Per un motivo tanto semplice da essere ignorato come un’ovvietà a cui non abbiamo dato alcuna rispettosa  considerazione per secoli, senza subirne conseguenze. «Sino ad oggi»: questo è il punto.
Og gi, al mondo, c’è chi ha più benessere di quello che gli serve e c’è chi non ne ha affatto. Perciò, se qualcuno ne parla con competenza, bisogna sostenerlo in ogni modo: questo libro è uno strumento indispensabile della cultura contemporanea. E non mi lascerò scappare la possibilità di chiederne l’obbligatorietà nelle scuole.
Forse, addirittura iniziando dalla scuola primaria.
Noi, tecnologicamente obesi, abbiamo avuto occasioni di essere sobri, ma non le abbiamo prese sul serio come necessario. Pallottino ricorda giustamente il Club di Roma che aveva incominciato a fare i «conti in casa» e a mettere gli sprechi a carico delle famiglie evolute. Oggi li riprendiamo quando gli sprechi sono ormai immani e il Decalogo di Lussino non fa parte del patrimonio pedagogico di avanguardia. Bene, smettiamola di arricciare il naso di snob pieni di arzigogolati comfort e impariamo un po’ di regole di vita tecnologicamente sviluppata da tramandare a figli e nipoti con il loro esatto motivo e significato. Se la caloria ha avuto la sua apoteosi nella linea delle signore, cerchiamo quale è stato il suo significato nell’espansione degli obesi. C’è un Pallottino bravo e competente che ci spiega come fare e, grazie a Dio, sappiamo ancora leggere.
Abbiamo già in casa ciò che serve: finestre, termosifoni, caldaie, cucine, forni a microonde, acqua calda e fredda, condizionatori, televisori, ecc.: guardatevi intorno; sapete forse qualcosa delle «efficienze» dei vostri acquisti, qualche numero significativo, quanto vi basterebbe e quanto ne sprecate? Se non lo sapete, siete spreconi imperdonabili, anche se lo spreco per ignoranza non è punito come il non sapere quanti erano i re di Roma o chi era Dante Alighieri. La punizione per queste ultime deficienze scolastiche è l’accusa di analfabetismo, mentre per quelle deficienze che chiameremo «umane» vista la loro diffusione, non c’è punizione, se non contiamo l’obesità e l’alleggerimento del portafoglio. Eppure, non è difficile acquisire tutti gli elementi tecnico-scientifici adatti a valutare il «rango» delle tecnologie di comune interesse. Ovviamente, l’elemento più ostico di queste conoscenze, tra i lettori comuni, saranno le unità di misura e i loro fattori di conversione: ricordo innumerevoli casi, anche in occasioni pubbliche, di «responsabili» che non riuscivano a distinguere il kilowatt dal kilowattora; e mi sono vergognato per loro...
Ciò che Pallottino scrive può e deve diventare il nuovo decalogo della nonna; la mia amata nonna che imponeva di risparmiare l’olio, di spegnere le luci inutili e di coprirsi bene; e al più offriva borse dell’acqua calda agli anziani, recuperava la parte buona delle pere e dava gli avanzi al cane o al gatto. I suoi figli andavano a piedi e a piedi facevano i due piani di scale per pranzare con lei; ma ho tirato in ballo la nonna non per solleticare gli affetti di chi spocchiosamene si mostra intollerante (ignorante!) verso la sobrietà; ma perché, con un riferimento popolare, voglio trasformare il problema in un fatto costituzionale. E ora mi dedico a questo, qui di seguito, perché è il momento di farlo esplicitamente, visti anche i rapporti che abbiamo con il resto del mondo, specie con chi non ha nulla, vive in media molto meno di noi e soffre molto di più. Chi nasce in una democrazia evoluta, come noi, ha molti diritti e molti doveri. Un bravo cittadino, dicono gli inglesi, è un civil servant, un servitore dello Stato. Che cosa fa un servitore dello Stato? Gode dei beni pubblici a lui «affidati», che si è assicurato facendo valere i suoi diritti. I beni pubblici sono anche chiamati «servizi», perché sopperiscono alle nostre necessità ricorrendo a tecnologie adeguate messe a disposizione dall’impiego dei soldi che paghiamo con le tasse. Secondo una diffusa immagine pubblicitaria televisiva che appare su richiesta del governo, chi non paga le tasse è un parassita della democrazia e, come altri parassiti mostrati nelle immagini, è un essere repellente. Insomma, dobbiamo avere cura dei beni pubblici, specie se riguardano i consumi: se consumiamo troppo, stiamo privando qualcun altro di un bene che, essendo comune, è anche un po’ suo. Dunque, per essere cittadini che non hanno colpe pendenti, dobbiamo sapere cosa facciamo quando usiamo correttamente i beni pubblici. Quanti cittadini sono in regola con questa «cultura del bene pubblico»? Pochi, temo. Per questo, mi sembrerebbe necessario e ovvio che l’istruzione che si compie prima della maggiore età avesse un insegnamento e un esame obbligatorio in cui si appuri la conoscenza che i ragazzi hanno (e, speriamo, anche gli insegnanti) dei problemi d’uso dei beni pubblici. Mi è stato detto che i ragazzi, i bambini, imparano volentieri a differenziare la raccolta dei rifiuti. Bene. Ma andiamo avanti! Da questo punto di vista, il libro di Pallottino, senza essere estremista, è per me un libro che non esito a definire  «rivoluzionario» (e mi scuso con lui degli involontari connotati eversivi che questa aggettivazione potrebbe avere nella nomenclatura giornalistica contemporanea). E ringrazio l’autore che ha avuto la sensibilità di scriverlo come un vero democratico altruista. Ma ora, usiamolo!

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08/01/2015

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